Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30395 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30395 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20310/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 866/2020 depositata il 03/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- La società RAGIONE_SOCIALE, nonché i signori NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME chiedevano con citazione notificata il 17.2.2005 al Tribunale di Bologna – previo accertamento della nullità delle clausole relative a contabilizzazione trimestrale degli interessi passivi, tassi ultra legali, commissioni di massimo scoperto – la rideterminazione del saldo di due conti correnti bancari intrattenuti con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (il n. 2070 aperto nel 1997 ed estinto nel 1999 ed il n. 481, poi n. 611952, aperto nel 1985 e chiuso dalla banca nel 1994 con un saldo debitore pari ad euro 81.392,55) e la restituzione delle somme indebitamente pagate oltre al risarcimento dei danni. La sig. NOME COGNOME interveniva in giudizio quale fideiussore della società per aderire alla domanda.
RAGIONE_SOCIALE eccepiva il difetto di legittimazione passiva quanto al conto n. 2070 (conferito nel 2002 a RAGIONE_SOCIALE), la prescrizione del credito vantato e, comunque, l’infondatezza delle pretese avversarie; in via riconvenzionale chiedeva il pagamento del saldo passivo dell’altro conto corrente, il n. 611952.
A seguito della dichiarazione di fallimento in data 2.12.2005 della società il giudizio veniva dichiarato interrotto all’udienza del 18.5.2006. Il 5.4.2006 veniva dichiarato il fallimento anche dei soci illimitatamente responsabili NOME COGNOME e NOME COGNOME, il quale riassumeva il giudizio interrotto nel quale si
costituivano RAGIONE_SOCIALE e la intervenuta sig. COGNOME. Chiuso il fallimento della società, quest’ultima, ritornata in bonis , si costituiva anch’essa in giudizio.
2.All’esito dell’istruttoria e della esperita CTU, il Tribunale di Bologna dichiarava prescritte le pretese restitutorie degli attori per il periodo anteriore al decennio dalla citazione introduttiva del 17.2.2005 non essendo stata neppure allegata la presenza di apertura di credito sul conto corrente (dunque la natura ripristinatoria e non solutoria delle rimesse); pertanto, esclusa la capitalizzazione degli interessi passivi ed eliminate le competenze debitorie per superamento del tasso soglia di usura, rideterminava il saldo passivo finale relativamente al conto corrente n.611952, al giorno 11.3.2005, in 16.894,64 euro. Rigettava per il resto le domande degli attori e la domanda riconvenzionale proposta da RAGIONE_SOCIALE anche quanto al residuo credito accertato, poiché la garante NOME COGNOME aveva già corrisposto alla banca una somma (60.000,00 euro) ben superiore; respingeva, inoltre, anche la domanda di quest’ultima volta alla restituzione della differenza tra quanto pagato e il debito infine accertato per saldo passivo del conto, in quanto il pagamento era avvenuto in ragione di una transazione con la banca rispetto alla quale riteneva infondata l’eccezione di nullità sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE.
3.- La Corte d’appello di Bologna, su gravame proposto da NOME COGNOME ha confermato la sentenza di primo grado, respingendo le eccezioni preliminari di tardività e inammissibilità dell’appello e per il resto osservando:
(a) quanto alla carenza di legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), che quest’ultima si era costituita dando atto della sua posizione di mandataria di RAGIONE_SOCIALE ed enunciando più volte che la convenuta in primo grado era RAGIONE_SOCIALE poi divenuta RAGIONE_SOCIALE oggi RAGIONE_SOCIALE; quanto alle eccezioni da questa riproposte, che, non
avendo doRAGIONE_SOCIALE proposto appello incidentale sui relativi punti della sentenza di primo grado, le questioni oggetto delle stesse dovevano ormai ritenersi coperte da giudicato;
(b) nel merito dell’appello proposto dalla sig. COGNOME, che il primo motivo di gravame era infondato poiché il contratto concluso il 1.6.2000 doveva considerarsi valido pur riportando la solo la firma della correntista;
(c) che il secondo motivo d’appello era infondato poiché la pattuizione della CMS non può ritenersi nulla per assenza di causa, costituendo la remunerazione per la tenuta a disposizione delle somme concesse in apertura di credito ovvero in ragione degli sconfinamenti o scoperti tollerati; quanto alla determinatezza della clausola, che il motivo era altrettanto infondato poiché il CTU aveva agevolmente potuto individuare i criteri della sua applicazione dagli estratti conto avendo potuto, anzi, eseguire calcoli alternativi in tema di anatocismo e usura includendo ed escludendo o rideterminando la relativa voce, da ritenersi, quindi, perlomeno determinabile;
(d) che il terzo motivo era infondato poiché l’eccezione di prescrizione della banca, convenuta con azione di ripetizione di indebito, può essere formulata anche genericamente, come statuito dalla giurisprudenza di legittimità, non essendo necessario che la stessa indichi specificamente le rimesse prescritte né il relativo dies a quo, emergendo la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti dagli estratti conto, della cui produzione in giudizio è onerato il cliente attore in ripetizione, il quale è onerato, altresì, della prova dell’esistenza di un contratto di apertura di credito idoneo a qualificare il pagamento come ripristinatorio e a spostare, perciò, l’inizio del decorso della prescrizione al momento della chiusura del conto; né sotto quest’ultimo profilo – ovvero della prova di un’apertura di credito -l’appellante poteva invocare la mera generica enunciazione della banca (« ..le linee di credito
operanti sui suddetti conti erano garantiti dalla fideiussione omnibus »), in quanto, oltre che generica, la stessa non era riferita ai periodi controversi anteriori al decennio; né rilevava invocare il fatto che dagli estratti conto emergessero l’applicazione di CMS (la quale è applicabile anche su semplici scoperti) o la presenza di saldi passivi, possibile effetto di mera tolleranza in assenza di specifiche argomentazioni su, periodi, continuità, e importanza dei saldi passivi stessi;
(e) con riguardo al quarto motivo – con cui l’appellante negava « fosse intervenuta una transazione con RAGIONE_SOCIALE o che l’appellante avesse rinunciato ad azioni contro la banca » affermando « di aver pagato tutto quanto preteso ex adverso (quindi senza le reciproche concessioni) solo per liberare un proprio immobile dall’ipoteca giudiziale iscritta da RAGIONE_SOCIALE » – che, dai documenti prodotti dall’appellante, risultava che il 26.1.2006 RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto dal Tribunale di Venezia – dopo l’avvio della presente causa avanti al Tribunale di Bologna e dopo che in questa era intervenuta l’appellante COGNOME – un decreto ingiuntivo per il saldo del conto corrente qui in discussione pari ad oltre 73.000,00 euro, il quale decreto non era stato opposto da alcuno; che – secondo quanto riferito dalla stessa appellante – tra la RAGIONE_SOCIALE e la sig. COGNOME, quale fideiussore, era stato raggiunto un accordo transattivo « con cui la banca rinunciava a una parte del suo credito e assentiva a cancellare l’ipoteca giudiziale iscritta quando erano già note le domande e le eccezioni della RAGIONE_SOCIALE nella presente causa che, quindi, dovevano essere state considerate dalle parti »; il quale accordo prevedeva – alla luce dei documenti prodotti in causa – che con il pagamento di 60.000,00 la banca non aveva più nulla a pretendere (coma da lettera della banca del 28.9.2006, doc.15); pertanto se, da un lato, il credito iniziale della banca per oltre 73.000,00 euro doveva ritenersi accertato in sede giudiziale e, quindi, non più discutibile nella presente causa (argomento non
affrontato dalla sentenza di primo grado), dall’altro, tra le parti era intervenuto un accordo transattivo (dimostrato dalle missive in atti, dalle copie contabili firmate e dagli assegni) in ragione del quale la banca aveva rinunciato ad una parte del suo credito e assentito a cancellare l’ipoteca giudiziale iscritta sull’immobile della sig. COGNOME; poiché detta transazione teneva conto anche del contenzioso ordinario in atto e delle domande e delle eccezioni ivi formulate dalla fideiubente RAGIONE_SOCIALE (come si deduceva dal doc. 8 in atti), anche il quarto motivo d’appello doveva ritenersi infondato, con conseguente rigetto della pretesa di restituzione delle somme pagate alla banca dalla RAGIONE_SOCIALE quale fideiussore della società oltre il saldo debitorio accertato: invero, come rilevato dal primo giudice, la transazione avrebbe dovuto essere impugnata ex art. 1972 c.c., e che essa riguardava solo alcune clausole «nulle», relative ad interessi e commissioni, del contratto di c/c a monte del credito, «in assenza di prova dell’essenzialità (casomai per la banca non per la correntista delle clausole medesime)» ;
(f) che era infondato, infine, anche il quinto motivo relativo alla decisa compensazione delle spese stante la reciproca soccombenza.
3.- Avverso detta sentenza NOME COGNOME ha presentato ricorso, affidandolo a sei motivi di cassazione, illustrati anche con memoria . Ha resistito con controricorso DoRAGIONE_SOCIALE quale incorporante RAGIONE_SOCIALE Intesa s.p.a.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 39 c.p.c. e dell’art. 25 co.1 Cost. in relazione all’art. 360, comma 1, n.2, 3, 4 e 5 c.p.c. La ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte di merito ritenuto infondata la domanda di ripetizione di indebito e risarcimento danni alla luce della transazione intervenuta con la banca, in quanto il giudice di merito avrebbe omesso di considerare che il procedimento monitorio precedente all’accordo transattivo, era successivo sia
all’instaurazione della causa di ripetizione di indebito promossa dalla società correntista e dai suoi soci, sia all’intervento adesivo nel giudizio della signora RAGIONE_SOCIALE; sicché tra il giudizio di merito promosso innanzi al Tribunale di Bologna e il procedimento monitorio incardinato a Venezia esisteva un rapporto di litispendenza e/o continenza di cause ex articolo 39 c.p.c. che avrebbe impedito al giudice successivamente adito – ovvero a quello di Venezia – di pronunciarsi; donde la conseguente nullità del decreto ingiuntivo, rilevabile in qualunque stato e grado del processo, che qui la ricorrente eccepisce onde dolersi del contrasto tra l’esito dei due giudizi circa il saldo passivo finale del conto (pari ad euro 73.480,47 all’esito del procedimento monitorio, e ad euro 16.894,64 secondo la sentenza del Tribunale di Bologna definitiva sul punto in assenza di appello incidentale della banca). Conclude la ricorrente che la Corte d’Appello di Bologna, attesa l’incompetenza del Tribunale di Venezia ad emettere il decreto ingiuntivo e la conseguente nullità del provvedimento monitorio, avrebbe dovuto ritenere inefficace l’accertamento giudiziale portato dal medesimo, il quale, dunque, non poteva essere posto a fondamento di alcun accordo transattivo.
2.- Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 e 1972 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c. in quanto la Corte d’Appello avrebbe omesso di considerare che, per le ragioni illustrate nel primo motivo, la transazione conclusa tra le parti sulla base di un titolo nullo doveva ritenersi nulla, mentre irrilevante sarebbe stato considerare il titolo contrattuale e la nullità di alcune sue clausole; sicché il giudice di secondo grado avrebbe dovuto accertare d’ufficio la nullità della transazione con conseguente accoglimento del gravame proposto e delle domande restitutorie e risarcitorie svolte dalla ricorrente nei confronti della banca.
3.- Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1965 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c. in quanto la Corte d’appello ha ritenuto sussistente una transazione di cui, invece, sarebbero mancati i presupposti: secondo la ricorrente non sarebbe intervenuto alcun accordo tra le parti ai sensi dell’art. 1965 c.c., non avendo con il pagamento della somma di 60.000 euro mai espresso la volontà di rinunciare a proseguire azioni restitutorie o risarcitorie nei confronti dell’istituto di credito; detto pagamento lungi dall’essere inteso come una transazione tombale di tutto il contenzioso in essere tra le parti in relazione al conto corrente bancario oggetto di causa, sarebbe stato effettuato nell’ottica di eliminare gli effetti pregiudizievoli dell’iscrizione ipotecaria; in ogni caso anche a voler riconoscere un qualche effetto transattivo all’avvenuto pagamento, l’efficacia dello stesso andrebbe circoscritta al giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo non alla causa di merito di primo grado di cui non era stata fatta menzione.
4.- Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 117 T.U.B nonché degli artt. 1326, 1350 n. 13, 1418, 1421 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., con riguardo al capo della sentenza impugnata che ha ritenuto valido il contratto firmato dalla sola correntista in conformità alla giurisprudenza di legittimità sul punto, in quanto – sostiene la ricorrente – comunque, nella specie sarebbe mancata la consegna al cliente di una copia del contratto, « né la banca avrebbe mai offerto prova del contrario, essendosi limitata a produrre in giudizio la copia del contratto con la firma della correntista «che, tra l’altro, NON mai ha dichiarato di aver ricevuto copia del contratto »; in mancanza di detto riscontro sarebbero violati i principi in tema di perfezionamento dei contratti a distanza, per cui, tanto la proposta quanto l’accettazione, devono rivestire la forma scritta, essendo questo l’unico modo per raggiungere validamente un accordo tra le parti ex artt. 1325 e
1326 c.c.; mentre in questo caso -mancando la prova della consegna della copia sottoscritta dal cliente -sarebbe mancata la prova dell’accettazione conforme della banca, accettazione che non si sarebbe perciò perfezionata. In mancanza, dunque, del contratto sarebbero illegittime le condizioni economiche praticate dalla banca perché non risultanti da alcuna valida convenzione scritta.
5.- Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 117 T.U.B nonché degli artt. 1418 e 1346 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c. con riguardo al capo della sentenza che ritiene infondata l’eccezione di nullità per indeterminatezza dell’oggetto della clausola relativa alla CMS riportata nel contratto per l’adesione al programma ‘Imprendo Silver’ del 01/06/2000. Reputa la ricorrente che erroneamente la Corte abbia valorizzato l’indagine e le conclusioni sul punto del CTU poiché la clausola in commento deve essere determinata o determinabile ex ante , cosicché il correntista possa effettivamente comprendere il peso effettivo in termini di costi economici; invece la clausola presente nel documento contrattuale si limita a prevedere la misura percentuale della commissione e la periodicità di calcolo (‘trimestrale’), rendendo incerta e indeterminata la base di calcolo su cui verrà poi applicata la commissione. Sicché la Corte avrebbe dovuto rimettere la causa in istruttoria per accertare il saldo epurato dalle poste addebitate a detto titolo.
6.- Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2946, 2967 c.c. nonché dell’art. 115 comma 1 c.p.c. e 11 Cost. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c. per avere la Corte d’Appello ritenuto infondata l’eccezione di genericità della prescrizione formulata dalla banca; sostiene la ricorrente contestando, peraltro, un passaggio argomentativo diverso da quello relativo alla sufficiente allegazione della banca agli effetti della prescrizione, vale a dire quello in cui la Corte di merito tratta il tema della prova dell’apertura di credito – che la Corte
territoriale non abbia tenuto conto dei dati fattuali emergenti dall’esame degli estratti conto, che dimostrerebbero come il rapporto di conto n. 611952 – a prescindere dall’esistenza di contratti di affidamento redatti in forma scritta – sia sempre stato affidato, fin dalla sua apertura, con la conseguenza che dovrebbe ritenersi errata la decisione di considerare prescritta la pretesa di ripetizione dell’indebito anteriore al 17/02/1995, e ciò sulla base di indici quali – nel caso di specie – l’indicazione nei primissimi estratti conto della variazione dei tassi «entro» e «oltre» fido, che – secondo la ricorrente – costituirebbero una confessione circa l’esistenza dell’affidamento del conto; pertanto – conclude la ricorrente dopo una lunghissima argomentazione non sempre aderente al tema specifico trattato dal motivo di cassazione proposto – ciò dimostrerebbe l’erroneità dei risultati cui è pervenuto il CTU in punto prescrizione « non solo perché quest’ultimo è partito dal termine del periodo coperto da prescrizione dal saldo banca, ma anche perché non è stata effettuata alcuna distinzione tra oneri e/o interessi maturati entro fido, per il quale il termine di prescrizione decorre necessariamente dalla chiusura del rapporto di apertura di credito in conto, ed oneri ed interessi maturati sull’extra fido, gli unici, eventualmente, a potersi considerare prescritti» .
7.- I primi tre motivi, che attengono alla sussistenza e alla nullità della transazione, sono connessi e possono essere esaminati insieme.
7.1- Si tratta di motivi inammissibili sotto diversi profili.
Innanzitutto perché la ricorrente prospetta genericamente e cumulativamente vizi di natura eterogenea (censure motivazionali ed errores in iudicando ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per Cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di
isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure (cfr., ex plurimis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4979 e 26367 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022; Cass. n. 33348 del 2018; Cass. nn. 19761, 19040, 13336 e 6690 del 2016; Cass. n. 5964 del 2015; Cass. nn. 26018 e 22404 del 2014). In altri termini, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 2, 3, 4 e 5 (primo mezzo) o nn. 3 e 5 (secondo mezzo) c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una RAGIONE_SOCIALE questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (cfr. Cass. n. 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878 e 27505 del 2023; Cass. nn. 11222 e 2954 del 2018). È sicuramente vero, peraltro, che, l’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei, può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (cfr., sostanzialmente, in tal senso, Cass. n. 39169 del 2021. Si vedano pure Cass., SU, n. 9100 del 2015; Cass. n. 7009 del 2017; Cass. n. 26790 del 2018). Tanto, però, non si rinviene nel motivo di ricorso in esame, il quale, per come concretamente argomentato, non consente di individuare, con chiarezza, le doglianze riconducibili agli invocati vizi, rispettivamente, ex art. 360, comma 1, n. 2, 3, 4 e 5, cod. proc. civ., in modo tale da consentirne un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza
rimettere al giudice il compito di isolare quella teoricamente proponibili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse.
7.2- In ogni caso si tratta censura inammissibili anche sotto ulteriori e più specifici profilli. Invero:
(a) la ricorrente, nel dolersi del fatto che la Corte territoriale non abbia considerato che il decreto ingiuntivo alla base – a suo dire della transazione era nullo (primo mezzo), non indica neppure in quali atti abbia sottoposto alla Corte detta questione, dovendosi ribadire il principio consolidato per cui qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione d’inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche – in ossequio al principio di autosufficienza e, dunque, specificità del motivo – di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione, nonché riprodurne il contenuto che soregge la censura in via diretta oppure in via indiretta, con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (Cass., 09/04/2013, n. 8569, Cass., 15/07/2015, n. 14784, Cass., 27/07 /2017, n. 18679); al che si può aggiungere che la ricorrente propone in modo improprio (sia nel primo che nel secondo mezzo) con riguardo ad una questione di diritto (la nullità del decreto ingiuntivo), la violazione dell’ art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. che notoriamente concerne, invece, l’omesso esame di un «fatto storico», principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che, oltre ad avere carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia) abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, ;
(b) la ricorrente dolendosi del mancata considerazione della nullità del decreto ingiuntivo agli effetti della nullità della transazione che avrebbe potuto dovuto rilevare ex officio (secondo mezzo), non si confronta con la reale ratio decidendi della decisione gravata, che considera decisiva, agli effetti di respingere la pretesa restitutoria dell’odierna ricorrente, la transazione inter partes non in quanto avvenuta sulla base di un decreto ingiuntivo (stabile o meno che fosse), bensì sulla base delle pretese formulate dalla banca alla luce del saldo del contratto di c/c e delle contestazioni del fideiussore, ovvero per porre fine alla controversia sostanziale tra le parti (creditore garantito e garante); tanto che in essa la Corte territoriale precisa – convergendo con il giudice di primo grado – che l’appellante avrebbe dovuto dedurre la nullità della transazione in ragione della nullità del contratto di conto corrente dimostrando l’essenzialità (per la banca) delle clausole colpite da nullità: argomenti che la ricorrente censura con il secondo motivo affermando che sarebbero errati senza in alcun modo spiegare per quale motivo sarebbe ravvisabile nel ragionamento decisorio contestato la violazione delle norme di cui agli artt. 1418 c.c. e 1972 c.c.;
(c) parimenti inammissibile è il terzo mezzo, in quanto la ricorrente – anche qui invocando due vizi di legittimità il cui paradigma è incompatibile come sopra s’è detto – pretende, in realtà, di sottoporre a questa Corte un sindacato sulla valutazione compiuta dal giudice circa la sussistenza del negozio transattivo tra banca e fideiussore, ovvero un’attività interpretativa riservata al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo della corretta applicazione dei criteri ermeneutici di interpretazione del contratto, assente in questa sede, principio costantemente ribadito da questa Corte (v. da ultimo Cass. n. 4214/2024), oltretutto senza indicare specificamente il contenuto
del negozio transattivo in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione e le allegazioni svolte sul punto.
In conclusione si osserva che nel giudizio di merito promosso dalla società – e coltivato dopo la riassunzione da parte della società tornata in bonis – la Corte la ritenuto che la transazione raggiunta con il fideiussore così come impediva alla banca di pretendere il saldo passivo risultante all’esito dell’istruttoria ( decisum su cui si è formato il giudicato) impediva al fideiussore di avvalersi dell’accertamento relativo al minore ammontare del debito in assenza di una impugnazione della transazione raggiunta per nullità del contratto fonte della pretesa, ratio questa cui la ricorrente ha mosso censure – come detto – inammissibili sia sotto il profilo della ritenuta sussistenza di un negozio transattivo, sia sotto il profilo della nullità dello stesso prospettato con riguardo ad una ragione (la nullità del decreto ingiuntivo) inconferente con la pronuncia ed irrilevante in assenza di una contestazione idonea a privare di validità la fonte della pretesa creditoria oggetto di transazione nascente dal contratto di conto corrente.
8.- Il rigetto dei motivi fondati sulla ritenuta insussistenza di una valida transazione circa le contrapposte pretese oggetto della causa di merito – assorbe l’interesse all’esame degli ulteriori motivi di gravame che attengono tutti a temi decisori su aspetti del contenzioso (sussistenza e validità del contratto di conto corrente, validità della clausola di massimo scoperto, genericità della prescrizione eccepita dalla banca rispetto all’ actio indebiti esercitata e sussistenza del contratto di affidamento) che, quand’anche fondati non sarebbero idonei a mutare l’esito del giudizio (tant’è vero che la stessa Corte d’appello sottolinea come l’esame del quarto motivo d’appello – che atteneva alla sussistenza e validità della transazione – fosse « dirimente ed assorbente »). Invero è pacifico presso la giurisprudenza di questa Corte l’assunto secondo cui « ove una sentenza (o un capo di questa) si fondi su più ragioni,
tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario – per giungere all’annullamento della pronunzia – non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo stesso dell’impugnazione; questa, infatti, è intesa all’annullamento della sentenza in toto, o in un suo singolo capo, id est di tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano; è sufficiente, pertanto, che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette ragioni, perché il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre» ( Cass. n. 6685/2024 conforme tra le tante a Cass. n. 114932018)
9.- in definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la parte ricorrente NOME COGNOME al pagamento delle spese in favore di RAGIONE_SOCIALE liquidate nell’importo di euro 3.700,00 cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13.11.2024