Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12841 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12841 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
R.G.N. 30208/2019
C.C. 10/04/2024
APPALTO PRIVATO
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato materialmente allegato al ricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO;
–
ricorrente –
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato materialmente allegato al controricorso, dall’AVV_NOTAIO e con elezione di domicilio digitale con indicazione della seguente pec: EMAIL;
– controricorrenti – avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 1202/2019 (pubblicata il 16 luglio 2019);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 aprile 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
lette le memorie depositate da entrambe le parti.
RITENUTO IN FATTO
1. I sigg. COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella qualità di proprietari di distinte unità abitative appartenenti allo stesso complesso immobiliare, sito in Borgo San Dalmazzo (tra INDIRIZZO e INDIRIZZO), a seguito dell’avvenuto riscontro di alcune imperfezioni manifestatesi in dette unità abitative oltre che nelle parti comuni dell’edificio condominiale, con ricorso del 21 febbraio 2010, chiedevano apposita ATP, nel cui procedimento di costituivano la ditta costruttrice-esecutrice dei lavori RAGIONE_SOCIALE e il direttore dei lavori in persona dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME.
Dopo il deposito dell’accertamento tecnico peritale, con il quale erano stati accertati i vizi denunciati, il consulente tecnico predisponeva un verbale di conciliazione, che veniva sottoscritto da tutte le parti il 5 ottobre 2010. Con tale verbale la ditta RAGIONE_SOCIALE si assumeva l’impegno ad eseguire i lavori ritenuti necessari (peraltro, poi, non effettuati, con conseguente instaurazione della procedura di esecuzione forzata degli obblighi di fare) ed a versare la somma di euro 3.000,00 a titolo di risarcimento dei danni lamentati. Il citato direttore dei lavori, pur sottoscrivendo il verbale in discorso, non assumeva alcuna obbligazione al riguardo.
Con successivo ricorso presentato ai sensi dell’art. 702 -bis c.p.c., i suddetti proprietari chiedevano al Tribunale di Cuneo di accertare la sussistenza dei vizi lamentanti in sede di istruzione preventiva, verificare l’inesatta esecuzione dei relativi lavori che li avevano determinati e condannare la ditta esecutrice e il direttore dei lavori al risarcimento dei corrispondenti danni.
Con ordinanza decisoria del 7 luglio 2017, il predetto Tribunale -preso atto che con il verbale di conciliazione la ditta costruttrice-esecutrice aveva assunto specifici obblighi il cui inadempimento aveva legittimato la conseguente azione esecutiva nei suoi confronti -condannava il COGNOME NOME al risarcimento dei danni in favore di COGNOME NOME nella misura di euro 7.439,60, di COGNOME NOME e COGNOME NOME
nell’ammontare di euro 12.615,59, di COGNOME NOME nella misura di euro 17.159,10 e, infine, di COGNOME NOME per la somma di euro 18.048,82, oltre interessi dal giorno successivo rispetto alla stessa ordinanza.
Decidendo sull’appello formulato dal COGNOME NOME e nella costituzione, con un’unica comparsa di costituzione e risposta, dei suddetti proprietari, la Corte di appello di Torino, con sentenza n. 1202/2019 (pubblicata il 16 luglio 2019), rigettava integralmente l’appello, condannando il COGNOME al pagamento delle spese del grado.
A sostegno dell’adottata decisione la Corte piemontese rilevava, innanzitutto, l’insussistenza dell’eccepita valenza decisiva e conclusiva della peculiare conciliazione conclusa in sede di ATP (il cui verbale era stato sottoscritto dallo stesso appellante ma senza assumersi alcun obbligo al riguardo) da considerarsi immutabilmente valida ed efficace e, quindi, come tale estintiva del giudizio, oltre ad essere idonea a provocare la ‘cessazione della materia del contendere’ (addirittura in via anticipata rispetto ad un ipotetico successivo contenzioso giudiziario), ragion per cui le pretese creditorie e risarcitorie degli originari ricorrenti (poi appellati) si sarebbero dovute considerare persistenti anche nei confronti del NOME.
La Corte di appello respingeva, poi, il gravame di quest’ultimo in ordine all’asserita intervenuta decadenza dalla garanzia per vizi o alla sopravvenuta estinzione del diritto vantato dagli appellati per difetto di idonea allegazione di tali circostanze ad opera del COGNOME, il quale aveva posto riferimento, nelle sue difese, all’operatività degli artt. 1495, 1667 e 2226 c.c., attinenti a rapporti estranei alla causa in questione, modalità questa inidonea anche ai fini dell’applicazione del generale principio ‘iura novit curia’.
Ad ogni modo la Corte territoriale riteneva che non era maturato, rispetto all’inquadramento dell’azione ricondotta all’art. 1669 c.c., il termine annuale decadenziale previsto dal secondo comma di detta norma, avuto riguardo alla sequenza delle iniziative giudiziarie
intraprese dagli appellanti prima con l’ATP e poi con la proposizione del giudizio di cognizione sommaria, tenendo, altresì, conto che, rispetto alla data (16 novembre 2011) del deposito in cancelleria del processo verbale di conciliazione, era intervenuta entro l’anno dal perfezionamento di un atto interruttivo intermedio (ovvero della notifica, anche nei confronti dello stesso COGNOME, di un’intimazione di precetto notificato in forza dello stesso verbale in data 28 dicembre 2012) la notificazione dell’atto introduttivo del ricorso formulato ai sensi dell’art. 702 -bis c.p.c.
La Corte torinese rigettava, altresì, le doglianze dell’appellante circa la contestazione della ricollegabilità della sua responsabilità all’ipotesi contemplata dall’art. 1669 c.c. e con riferimento alla prospettata possibilità della configurazione di un concorso di colpa dei danneggiati ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c.
Contro la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il COGNOME NOME, resistito con un congiunto controricorso dai su citati proprietari delle unità immobiliari danneggiate.
Le difese di entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. -la violazione o falsa applicazione degli artt. 1965, 1300 e 1304 c.c., sostenendo l’illegittimità, con la sentenza impugnata, dell’applicazione della disciplina in materia di transazione con riferimento alla negata possibilità per il terzo di volerne profittare, oltre che con riguardo alla ravvisata riviviscenza dell’obbligazione originaria in difetto di risoluzione della transazione.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce – in via subordinata ed ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione o falsa applicazione degli artt. 2934 e 2964 c.c., in relazione alla supposta illegittimità dell’applicazione della disciplina concernente l’eccezione di
decadenza e prescrizione e dell’individuazione della data di decorrenza dei relativi termini.
In primo luogo, va rigettata l’eccezione -formulata dai controricorrenti -di inammissibilità del ricorso sul presupposto dell’applicabilità dell’art. 360 -bis n. 1) c.p.c., non ricorrendone le condizioni ed anzi ritenendosi, per quanto si dirà appresso, che il giudice di appello non ha -con la sentenza impugnata – deciso le questioni esaminate in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte.
Ciò detto, è opportuno, in premessa, chiarire che il ricorso ex art. 702bis c.p.c. era stato proposto solo contro l’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (per sentirne affermare la responsabilità civile in merito alla non corretta esecuzione dei lavori da parte della RAGIONE_SOCIALE, con la sua conseguente condanna, quale direttore dei lavori e progettista, al risarcimento dei danni lamentati: cfr. controricorso, pagg. 5-6), odierno ricorrente, e che la società costruttrice-esecutrice non era stata anch’essa evocata in giudizio.
Partendo da tale presupposto, il collegio rileva che il primo motivo è fondato.
Con esso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe errata: – nella parte in cui lo avrebbe ritenuto, pur non avendo con esso fatto alcuna concessione, parte dell’accordo conciliativo -transattivo;
nella parte in cui, (pur) considerando la natura non novativa del relativo verbale conciliativo del 5 ottobre 2011 e l’inadempimento dell’obbligazione assunta in quella sede da parte della ditta costruttriceesecutrice, ha dichiarato la reviviscenza dell’obbligazione originaria senza che fosse intervenuta alcuna risoluzione.
Dallo svolgimento fattuale riportato nel motivo si evince sufficientemente quale fosse il contenuto del citato verbale avente finalità transattiva.
Dal suo esame -richiamato specificamente anche nell’iter motivazionale della sentenza di appello – si desume che la ditta costruttrice si era obbligata ad effettuare tutta una serie di interventi riparatori (analiticamente dettagliati con riguardo a ciascuna unità immobiliare) e a riparazioni ultimate (con la previsione di apposito termine entro il mese di maggio 2012) a corrispondere una somma di euro 3.000,00 a titolo risarcitorio ripartita tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi. Si continuava nel verbale in esame che ‘con il ricevimento della somma sopra convenuta e l’adempimento degli altri oneri assunti…’ i ricorrenti si ‘dichiaravano in anteprima’, e cioè sin da allora ‘soddisfatti della transazione per ogni loro pretesa o domanda anche per danni e spese comunque dipendenti e/o inerenti introdotte con la …procedura, con conseguente espressa rinuncia a qualsivoglia altra richiesta’ ‘pure nei confronti dell’AVV_NOTAIO‘.
A tal proposito, la Corte di appello (v. pag. 9 della sentenza) conclude che lo ‘scambio’ che connotava il contratto, e cioè il nesso commutativo caratteristico di quest’ultimo, si incentrava, da un lato, nelle obbligazioni di ‘facere’ e di ‘dare’ (in precedenza specificate), e, dall’altro (si noti), in una rinuncia abdicativa da parte dei proprietari delle unità immobiliari alle loro pretese nei riguardi del COGNOME.
Stante l’inequivocabile contenuto dell’accordo conciliativo -transattivo, non è affatto condivisibile la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che ‘lo sgravio del COGNOME da ogni impegno, e per converso le obbligazioni (di ‘facere’ e di ‘dare’) assunte soltanto dalla società, hanno costituito null’altro che ‘puri purissimi accidenti’, che non hanno inciso in alcun modo sul nesso commutativo che connotava l’accordo conciliativo, da riferire ad una definizione dei contrapposti interessi intervenuta tra tutti i soggetti interessati’.
Appare, invece, evidente a questo collegio che – sulla base di tale inequivoca rinuncia preventiva ad ogni loro pretesa nei riguardi dell’AVV_NOTAIO COGNOME (con l’assunzione va sottolineato – del relativo
rischio, da parte dei proprietari degli immobili, riconducibile all’eventuale inadempimento da parte della ditta costruttrice rispetto agli obblighi che si era accollata, nei cui confronti avrebbero dovuto -in caso di suo mancato adempimento -far valere i loro diritti risarcitori) e della mancata assunzione, nel verbale dell’accordo conciliativotransattivo (in effetti concluso ‘inter alios’, ancorché sottoscritto anche dallo stesso professionista, con implicita sua manifestazione della volontà di voler profittare di tale accordo tra i committenti e l’impresa esecutrice), di alcun obbligo riparatorio o risarcitorio a suo carico e, ancor prima, del riconoscimento di una sua responsabilità, anche solo concorrente, nella determinazione dell’evento dannoso – la censura del ricorrente è da ritenere meritevole di accoglimento.
Nel caso di specie, quindi, sussistono le condizioni per l’avvenuta configurazione dell’ipotesi di cui all’art. 1304 c.c. (cfr. Cass. n. 23418/2016, Cass. n. 16323/2018 e Cass. n. 13877/2020), sul presupposto che la transazione -vertente sull’intero debito – era intervenuta tra società costruttrice-esecutrice e proprietari degli immobili danneggiati e che dette parti avevano in ogni caso rinunciato ad ogni pretesa nei riguardi dell’AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ne aveva preso atto con la sottoscrizione del relativo verbale di conciliazione denotante l’esplicazione della sua intenzione di voler profittare dell’altrui volontà di definizione ‘in via transattiva’ della vicenda (diritto potestativo, oltretutto, esercitabile anche nel corso del processo: cfr. Cass. n. 20250/2014), costituente, perciò, un atto concretante un accordo munito di efficacia novativa.
A tale principio di diritto dovrà uniformarsi il giudice di rinvio.
Quand’anche in difetto della produzione di quest’ultima efficacia (che, tuttavia, si ritiene che si sia attuata) – tale accordo transattivo fosse qualificabile di tipo conservativo, l’esito non muterebbe, posto che -ai fini della ‘reviviscenza’ delle possibili distinte posizioni di responsabilità risarcitoria tra la ditta costruttrice degli immobili e il
direttore dei lavori -sarebbe stata necessaria una risoluzione consensuale o giudiziale dello stesso accordo contrattuale ai sensi degli artt. 1976 e 1453 c.c. (v., per opportuni riferimenti, Cass. n. 1690/2006 e, da ultimo, Cass. n. 645/2024), condizione che non è venuta a verificarsi nel caso di specie.
In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, va accolto il primo motivo del ricorso, con derivante assorbimento del secondo.
Da ciò consegue la cassazione della sentenza impugnata con il rinvio della causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, la quale, oltre ad uniformarsi al su riportato principio di diritto, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della