Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11218 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11218 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1196/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZOC/O AVV. NOME COGNOME), presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI LECCE -intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 35/2021 depositata il 06/12/2021:
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 20.1.2021 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce sollecitò gli organi fallimentari delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a promuovere l’estensione del fallimento ad altre società, tra le quali RAGIONE_SOCIALE (di seguito GPS), ai sensi dell’art. 147 l.fall. (cd. supersocietà di fatto). Il giudice delegato non diede corso alla richiesta ma segnalò la possibilità di proporre autonoma istanza di fallimento di dette società, in quanto in stato di insolvenza. Pertanto, in data 2.3.2021 il pubblico ministero depositò autonome e distinte istanze di fallimento di GPS e delle altre società, per la cui istruttoria vene designato il medesimo giudice delegato che convocò le parti all’udienza del 20.4.2021.
In data 7.4.2021 GPS venne messa in stato di liquidazione e il 19.4.2021 presentò domanda ex art. 161 comma 6 l.fall., depositando altresì memoria difensiva per l’udienza prefallimentare.
Con decreto del 22.4.2021 il procedimento prefallimentare venne riunito a quello di concordato con riserva e, su richiesta di GPS, fu concesso termine di sessanta giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
Il 18.6.2021 GPS depositò ricorso ex art. 182-bis l.fall. e chiese l’omologazione degli accordi di ristrutturazione.
Con provvedimento del 14.7.2021 il Tribunale di Lecce, rilevata la mancata pubblicazione del ricorso e dell’allegato ‘accordo’ nel registro delle imprese, convocò le parti all’udienza del 20.7.2021 ‘ per i provvedimenti ex art. 162 L.Fall. ed eventualmente per l’esame delle istanze di fallimento ‘.
In data 19.7.2021 GPS pubblicò l’accordo ex art. 182 -bis l.fall. nel registro delle imprese.
Il tribunale adito, optando per la trattazione unitaria dei procedimenti promossi da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (motivata dalla necessità di fornire una rappresentazione ‘unitaria’
che esprimesse il modo in cui i piani delle singole società interagivano tra loro in virtù delle forti interrelazioni tra le medesime esistenti), pur adottando tre distinti provvedimenti, dichiarò quanto a GPS, « inammissibile il ricorso per accordo di ristrutturazione » e con sentenza del 29.7.2021 ne dichiarò il fallimento.
La sentenza di fallimento è stata confermata dalla Corte d’appello di Lecce, che ha respinto il reclamo di GPS.
Avverso detta sentenza GPS propone ricorso per cassazione in dieci motivi, illustrato da memoria. Il Fallimento GPS resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il primo motivo lamenta violazione degli artt. 161 e 182bis l.fall., per avere la corte di a ppello confermato l’inammissibilità del ricorso ex art. 182-bis l.fall. sul presupposto della mancata pubblicazione del ricorso e dell’accordo di ristrutturazione presso il registro delle imprese nel termine concesso dal tribunale.
1.1. -Il motivo è infondato.
In base al combinato disposto dell’ultimo comma e dei commi secondo e terzo dell’art. 182 -bis l.fall., è dalla data di pubblicazione del l’accordo nel registro delle imprese che: a) l’accordo acquista efficacia; b) opera il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore nonché di acquisire titoli di prelazione (se non concordati); c) decorre il termine per proporre opposizione da parte dei creditori.
Dunque, l’iscrizione nel registro delle imprese deve precedere o quanto meno essere contestuale al deposito del ricorso in tribunale e, comunque, tale formalità deve essere effettuata anch’essa, al più tardi, nel termine di cui all’art. 161 , comma 6, l.fall.
Invero, consentire al debitore di procedere alla pubblicazione dell’accordo secondo tempistiche discrezionali, e quindi, anche oltre il termine concesso dal t ribunale per il deposito dell’accordo ai sensi dell’art 161 , comma 6, l.fall., non solo produrrebbe effetti negativi per lo stesso debitore, ma impedirebbe a terzi e creditori di poter acquisire contezza di come si sia evoluta la proposta di regolazione
della crisi e, quindi, di conoscere quale delle due opzioni alternative previste dalla legge abbia scelto il debitore nel termine perentorio assegnatogli, esponendo quindi i creditori non aderenti ad una situazione di incertezza sine die .
-Il secondo motivo prospetta la nullità della sentenza per motivazione apparente sulla inattendibilità dei bilanci (violazione art. 132 n. 4 c.p.c.) e per violazione dell’art. 112 c.p.c. , stante la asserita novità del thema decidendum della inidoneità dell’attestazione sulla veridicità dei dati aziendali.
2.1. -Il motivo è infondato.
2.2. -Quanto all’asserito vizio motivazionale, la corte distrettuale ha spiegato, sia pur in modo stringato, le ragioni della ‘inattendibilità dei bilanci’ presentati dalla società ricorrente, valorizzando il fatto che GPS era ‘rimasta inattiva per molti anni’ e, solo dopo la notifica dell’istanza di fallimento del pubblico ministero, aveva provveduto a redigere e approvare i bilanci di esercizio degli ultimi tre anni (2018, 2019 e 2020).
La motivazione si pone dunque ben al sopra del minimo costituzionale.
2.3. -Con riferimento alla dedotta violazione tra chiesto e pronunciato, va rilevato che – per costante giurisprudenza – in considerazione dell’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo ex art. 18 l.fall., la corte d’appello è chiamata a verificare comunque la sussistenza di tutti i presupposti di legge, soggettivi e oggettivi, giustificanti la declaratoria di fallimento, anche a prescindere da quanto è stato oggetto della valutazione compiuta dal tribunale (cfr. Cass. 15645/2020, 24424/2019 e 4893/2019).
Ad ogni buon conto, il tema di indagine della valutazione dell’attestazione è stato sollecitato dalla stessa ricorrente , che in sede di reclamo ebbe a lamentarsi della mancata considerazione da parte del tribunale, ai fini della valutazione della asserita attendibilità dei dati aziendali, della relazione del professionista indipendente; si legge, infatti, in sentenza che la reclamante aveva censurato il decreto del Tribunale di Lecce di inammissibilità del ricorso ex art. 182-bis l.fall. in quanto « avrebbe ignorato le risultanze della
relazione di asseverazione redatta dal professionista attestatore e valutato scorrettamente come inattendibili le appostazioni contabili annotate nei bilanci degli ultimi tre esercizi (2018, 2019, 2020) e nello stato patrimoniale aggiornato al febbraio 2021 »).
-Con il terzo motivo GPS censura la sentenza impugnata nella parte in cui la corte di appello ha respinto le doglianze mosse con il reclamo in relazione all” improprio sindacato ‘ che il tribunale avrebbe espresso sulla delibera societaria di messa in liquidazione, sub specie di violazione dell’art. 112 c.p.c., « in quanto nessuno aveva chiesto né al Tribunale né alla Corte d’appello di giudicare della correttezza o meno della decisione della società di mettersi in liquidazione » e perché « quel tema è e resta totalmente estraneo all’ambito della cognizione spettante agli organi giudiziar i».
3.1. -Il motivo è inammissibile.
Le perplessità nutrite dal collegio decidente in ordine ai tempi e alle modalità con cui la società poi fallita è stata messa in liquidazione, solo dopo la presentazione dell’istanza di fallimento , non costituiscono una autonoma ragione del decidere. In ogni caso non vi è stato alcun sindacato sulla legittimità della scelta adottata dalla società, essendosi i giudici di merito limitati a valutare tale scelta nel complessivo quadro in cui la stessa si inseriva.
-Con il quarto motivo si denunzia violazione degli artt. 161 e 182bis l.fall. per la mancata concessione del termine di cui all’art. 162, comma 1, l.fall. che « mira proprio a prevenire un esito infausto della procedura e che quindi costituisce vera e propria inversione logica vagliare la accoglibilità della richiesta alla luce di già raggiunte conclusioni circa la inammissibilità del ricorso ‘ ».
4.1. -Il motivo è inammissibile.
Lo stesso ricorrente riconosce che la concessione del termine per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti, previsto dall’art. 162, comma 1, l.fall. , integra l’ esercizio di un potere discrezionale del tribunale, relativamente al quale il debitore non è titolare di alcun diritto, avendo l’obbligo di corredare previamente la domanda di concordato di tutta la documentazione prescritta dall’art. 161 l.fall.
Di conseguenza, la censura si risolve in una critica ad un accertamento in fatto compiuto dal tribunale, rispetto alla quale la corte d’appello ha osservato che, « a fronte delle macroscopiche irregolarità rilevate dal primo giudice e delle già evidenziate ragioni di inammissibilità del ricorso, corretta deve ritenersi la decisione di rigetto della relativa istanza ».
Peraltro, è evidente che la disposizione di cui all’art. 162 l.fall. mira a consentire l’integrazione della documentazione prodotta dal ricorrente sul presupposto della regolarità e ammissibilità della procedura, circostanza che però difettava nel caso di specie, proprio a causa della mancata pubblicazione dell’accordo .
-Con il quinto motivo si censura la sentenza impugnata nella parte in cui si conferma l’inammissibilità del ricorso ex art. 182 -bis l.fall. senza considerare che all’udienza del 20.7.2021 il tribunale, « una volta constato che gli accordi erano stati in effetti pubblicati nel registro delle imprese, avrebbe dovuto rinviare puramente e semplicemente la decisione in ordine alla omologazione, in modo da rispettare il termine inderogabile di 30 giorni, che costituisce, come è noto, condizione di procedibilità ».
5.1. -Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Della omessa concessione del termine per proporre opposizione possono invero dolersi i creditori, e non il debitore, il quale difetta perciò di interesse a lamentarne l’inosservanza.
In ogni caso la corte di appello ha correttamente distinto tra i due piani: quello dell’omologa e quello dell’ammissibilità del ricorso, che costituisce un presupposto logico-giuridico del primo, sicché, una volta rilevata, l’inammissibilità preclude la prosecuzione della procedura ai fini dell’omologa.
-Con il sesto motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 158 c.p.c., in quanto la corte di appello non avrebbe accertato l’eccepito difetto di legittimazione attiva del pubblico m inistero, limitandosi a rilevare l’esistenza di alcuni procedimenti penali dai quali lo stesso organo avrebbe tratto la notitia decoctionis , senza valutare però se, in concreto, dagli atti di quei procedimenti penali emergesse lo stato di decozione di GPS.
6.1. -Il motivo è manifestamente infondato.
L a corte d’appello ha infatti accertato le fonti dalle quali il pubblico ministero ha tratto informazioni sullo stato di insolvenza e cioè i procedimenti dai quali era stata appresa la notitia decoctionis .
In ogni caso va ricordato che il pubblico ministero è legittimato a chiedere il fallimento dell’imprenditore, ai sensi dell’art. 7, n. 1, l. fall., in tutti i casi in cui abbia appreso istituzionalmente una notitia decoctionis e che il suo dovere di ‘ esplicitare ‘ la sua richiesta «non è null’altro se non il suo ‘onere’ di allegare i fatti idonei a giustificare la dichiarazione di fallimento», il cui assolvimento «resta circoscritto alla prospettazione del requisito soggettivo, recte , del perdurante (entro l’anno dalla eventuale cancellazione dal registro delle imprese) status di imprenditore commerciale (…) nonché alla prospettazione del requisito oggettivo, dello status decoctionis », senza che l’assenza di ulteriore ‘ disclosure ‘ possa arrecare un pregiudizio per l’efficace dispiegamento del diritto di difesa del fallendo (così da ultimo Cass. 25919/2024, 31999/2022).
-Il settimo mezzo denuncia la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 158 c.p.c. per non avere la corte di appello rilevato l’esistenza di un vizio relativo alla costituzione del collegio che ha dichiarato il fallimento, poiché dello stesso faceva parte un giudice che avrebbe dovuto astenersi obbligatoriamente ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 c.p.c. per essersi in precedenza espresso sullo stato di insolvenza della società.
7.1. -Il motivo non merita accoglimento.
7.1. -Per giurisprudenza costante, la violazione da parte del giudice dell’obbligo di astensione può essere fatta valere dalla parte unicamente con l’istanza di ricusazione , nei modi e nei termini di cui all’art. 52 c.p.c. , e non già -salva l’ipotesi di interesse diretto del giudice nella causa, nella specie non allegato -come motivo di nullità della sentenza ( ex plurimis , Cass. 7504/1999, 13433/2007, 23930/2009, 26976/2011, 24718/2015, 22835/2016, 18681/2017, 10492/2019, 29346/2019).
7.2. -Nella fattispecie concreta è pacifico che l ‘odierna ricorrente abbia avuto conoscenza della nomina del giudice
designato alla trattazione del procedimento prefallimentare in data 17.03.2021, in occasione della notifica dell’istanza di fallimento del pubblico ministero e del pedissequo decreto di fissazione della relativa udienza di discussione.
Ora, l ‘art. 52 , comma 2, c.p.c. dispone che l’istanza di ricusazione deve essere depositata in cancelleria due giorni prima dell’udienza , se al ricusante è noto il nome dei giudici che sono chiamati a trattare o decidere la causa.
Dunque, essendo l’udienza del 20.4.2021 già fissata per la discussione dell’istanza di fallimento, la società debitrice, che conosceva il nominativo del giudice designato sin dal marzo 2021, avrebbe potuto e dovuto depositare l’istanza di ricusazione due giorni prima di tale udienza, ovvero il 18.4.2021, a nulla rilevando che il giorno dopo (19.4.2021) avrebbe depositato il ricorso ex art. 161 comma 6 l.fall., poiché il procedimento prefallimentare non era stato cancellato o estinto, ma ne era stata solo differita la trattazione all’esito della definizione della procedura minore, cui era stato riunito. In ogni caso, la stessa avrebbe potuto quantomeno proporre istanza di ricusazione in vista dell’udienza del 20.7.2021, che era stata fissata «per i provvedimenti ex art. 162 l.fall. ed eventualmente per l’esame delle istanze di fallimento».
In ogni caso, si osserva che la mancata proposizione di detta istanza nei termini e con le modalità di legge preclude la possibilità di fare valere il vizio, quale motivo di nullità del provvedimento, in sede di impugnazione.
8. -Con l’ottavo motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dei principi del giusto processo e del contraddittorio, di cui all’art. 111 Cost., per avere la corte territoriale confermato la sussistenza dello stato di insolvenza: a) in difetto di qualsivoglia accertamento sul punto; b) tenendo conto esclusivamente dell’elaborato peritale tecnico -contabile prodotto dalla curatela, e non anche dei pareri tecnici pro-veritate prodotti dalla reclamante, che avevano escluso lo stato di insolvenza; c) operando una inammissibile inversione dell’onere della prova.
-Con il nono mezzo si deduce la violazione dell’art. 5 l.fall. nella parte in cui la corte di appello avrebbe: i) ritenuto sussistente lo stato di insolvenza « in difetto dei necessari indici dai quali desumere la manifestazione di tale condizione obiettiva del debitore ed anzi in presenza di indici che deponevano in senso contrario, quali la assoluta mancanza di istanze di fallimento da parte dei creditori »; ii) individuato, quale dato obiettivo sul quale basare la sussistenza dello stato di insolvenza « una enorme debitoria erariale, in effetti invece di modestissima entità e comunque inesigibile »; iii) ritenuto sussistente lo stato di insolvenza « ritenendo decisivi al riguardo debiti solo eventuali, quali quelli che, stando a quanto affermato dal P.M. ( peraltro non già nell’istanza ex art. 7 L. Fall., ma in precedente atto) potrebbero maturare a seguito di un procedimento penale in corso »; iv) ritenuto preclusa « la pronta liquidabilità sia delle quote di partecipazione di GPS nella soc. G.C. 1916 e RAGIONE_SOCIALE (in base al solo fatto che sulla maggior parte dei beni immobili di quelle società insistessero dei vincoli, ipoteche e pignoramenti, di cui peraltro non è stata operata alcuna valutazione) sia delle immobilizzazioni finanziarie (gli effetti emessi dalla G.C. 1916) ».
9.1. -L’ottavo e il nono motivo, esaminabili congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili.
9.2. -Innanzitutto, la corte di appello, richiamando gli accertamenti operati dal tribunale, ha svolto un autonomo accertamento, evidenziando: a) quanto al passivo, che il patrimonio sociale della GPS non poteva dirsi « effettivamente cristallizzato » a causa della inattendibilità dei dati contabili forniti al tribunale, avendo -come vistola società proceduto al deposito e all’approvazione dei bilanci solamente dopo la presentazione dell’istanza di fallimento « senza offrire documentazione anteriore suscett ibile di confortare l’attendibilità dei dati risultanti dai bilanci » , fermo restando l’incombente debito risarcitorio da ingiusto profitto di circa 14 milioni di euro, risultante dall’istanza di fallimento del Pubblico Ministero e dai relativi allegati; b) quanto all’attivo, che lo stesso risultava « interamente costituito da partecipazioni societarie costituite dalle quote di capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione i cui patrimoni sono
costituiti prevalentemente da immobili e che la tempistica per il realizzo dell’attivo non sembra allo stato né celere né agevole, atteso che quasi tutti gli immobili sono gravati da ipoteche e pignoramenti ». Ha poi ampiamente richiamato e condiviso le risultanze della perizia tecnico-contabile prodotta dalla curatela fallimentare.
Ebbene, d i fronte all’accertata inattendibilità dei dati contabili, a poco vale dedurre che la società aveva un ‘ passivo estremamente contenuto ‘.
9.3. -Inoltre, trattandosi di società in liquidazione, la corte territoriale ha legittimamente verificato la sussistenza dello stato di insolvenza in prospettiva ‘statica’, comparando l’attivo e passivo patrimoniale non sui valori contabili desunti dai bilanci -in quanto, come detto, ritenuti inattendibili -ma sulla scorta di dati concreti desunti dalla perizia tecnico-contabile prodotta dalla difesa della curatela fallimentare, che tengono conto della difficoltà di liquidazione dell’attivo , costituito essenzialmente da beni immobili ipotecati, e del l’aumento del passivo ritenuto verosimile sulla base di quanto emerso dalle indagini penali, svolte nei confronti di tutte le società facenti parte dello stesso gruppo.
Ora, premesso che il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce ‘apprezzamento di fatto”, incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione esauriente (v. tra le tante Cass. 7252/2014), risulta evidente che la società ricorrente pretende, in sostanza, una rivalutazione dei presupposti fattuali caratterizzanti lo stato di insolvenza ritenuti significativi dalla corte territoriale; essa così sollecita questa Corte ad una diversa selezione degli elementi di prova utili a tale accertamento, però notoriamente inibito al giudice di legittimità, essendo esso rimesso ai giudici della cognizione del merito, i quali soli possono selezionare il materiale probatorio per farne discendere il proprio convincimento, che pertanto, come nella specie, sfugge al sindacato di legittimità.
9.4. -Non può, quindi, predicarsi alcuna violazione del contraddittorio, dei principi del giusto processo e dei criteri di ripartizione dell’onere probatorio, né possono essere censurati i giudici di merito per non aver disposto apposita c.t.u., avendo questa
Corte più volte osservato (v. Cass. 326/2020) che la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario.
10. -Con il decimo motivo di ricorso GPS lamenta l’omesso esame di fatti decisivi ai fini della valutazione dello stato di insolvenza, segnatamente: i) « che l’intera debitoria erariale, quale che ne fosse l’entità, era alla data di fallimento, inesigibile in ragione della sospensione della riscossione esattoriale disposta dalla normativa emergenziale vigente al momento della dichiarazione di fallimento »; ii) che anche i debiti contratti con i creditori con i quali era stato raggiunto l’accordo di ristrutt urazione dovevano considerarsi inesigibili, in virtù degli effetti dell’accordo, comunque spiegati nei loro confronti, con conseguente riduzione della debitoria « a meno di 50.000 euro, per il soddisfacimento della quale era pienamente sufficiente l’impegno assunto formalmente dai sig.ri NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME»; iii) che « la quota parte di passivo rappresentata da fondo rischi (pari ad euro 30.000) è per definizione relativa a debiti non attuali ».
10.1. -Il motivo è inammissibile.
10.2. -In ordine alla dedotta inesigibilità dei debiti erariali, la censura è palesemente generica, e comunque non decisiva, atteso che, in base alla normativa emergenziale citata dalla ricorrente, è stata ex lege sospesa la riscossione esattoriale in relazione ai soli pagamenti aventi scadenza nel periodo di sospensione, nonché la notifica di nuove cartelle esattoriali. La ricorrente, sul punto, non ha fornito alcun dettaglio in ordine ai suoi debiti erariali, ovvero quando erano andati in scadenza i versamenti dovuti, e se erano state notificate nuove cartelle in relazione a debiti pregressi.
10.3. -Quanto agli accordi raggiunti con i creditori nell’ambito del procedimento ex art. 182-bis l.fall., è sufficiente sottolineare che questi non possono spiegare effetto in mancanza di omologazione.
10.4. -Gli ulteriori fatti storici dedotti dalla ricorrente appaiono privi di decisività (come, ad esempio, il rigetto di un’istanza di
fallimento avanzata nei confronti di un altro soggetto giuridico, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione).
-Conclusivamente il ricorso va rigettato.
-Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
-Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12/03/2025.