Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8675 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8675 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15658/2018 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura in calce al ricorso,
-ricorrente-
contro
NOME, elett.te domiciliato in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE per procura in calce al
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MESSINA n.253/2018 depositata il 14.3.2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21.3.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 23.3.2007 NOME conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Messina il fratello germano NOME per ottenere la divisione dei beni dei genitori NOME (morto il 29.7.1983) e NOME (morta il 18.10.1989), deceduti ab intestato, in esecuzione della transazione del 25.7.2003, con formazione di un’unica massa ereditaria e sorteggio delle porzioni corrispondenti alle quote paritarie dei coeredi.
Esponeva l’attrice, che con scrittura privata di transazione del 25.7.2003, essi avevano concordato, per prevenire un contenzioso giudiziale, di regolare lo scioglimento delle comunioni ereditarie formando un’unica massa, comprensiva dei beni immobili descritti nell’allegato A alla scrittura privata, decidendo di nominare di comune accordo due consulenti tecnici (l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per COGNOME NOME e l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per COGNOME NOME), che avrebbero dovuto verificare se i beni denunciati in successione, riportati nell’allegato A, corrispondevano in fatto ed in diritto alla reale situazione immobiliare pervenuta in eredità alle due parti, con particolare riferimento al titolo originario di proprietà ed all’identificazione catastale, stimare i beni e formare due quote ( rectius porzioni) di pari valore, che in difetto di accordo
sull’attribuzione, sarebbero state sorteggiate tra i condividenti. Il medesimo contratto prevedeva la conseguente stipula dell’atto di divisione davanti al AVV_NOTAIO, le cui spese sarebbero gravate sui fratelli per metà ciascuno, mentre ognuno di loro avrebbe provveduto a compensare il proprio consulente tecnico incaricato. Deduceva, quindi, l’attrice, che i consulenti tecnici avevano svolto indagini peritali, ma le parti non avevano raggiunto alcun accordo sulla composizione delle due porzioni, nonostante la formulazione di due diverse ipotesi divisionali.
Si costituiva nel giudizio di primo grado COGNOME NOME, che aderiva alla domanda di divisione giudiziale e di esecuzione della transazione del 25.7.2003 con formazione di un’unica massa ereditaria, chiedendo che la divisione avvenisse seguendo il progetto predisposto dal suo consulente tecnico, AVV_NOTAIO, o in subordine secondo la proposta di divisione formulata dalla sorella, che prevedeva un frazionamento, ed in caso di persistente contrasto tra le parti, in base alle risultanze di un’espletanda CTU.
Espletata CTU, il Tribunale di Messina, con la sentenza n.1344/2016 del 10.5.2016, procedeva alla divisione dell’unica massa ereditaria, ricomprendendovi i beni individuati dal CTU, ed assegnate, senza procedere a sorteggio, le due porzioni secondo il progetto di divisione predisposto dal medesimo CTU, progetto che NOME non aveva accettato, poneva le spese di CTU a carico della massa ereditaria e condannava NOME al pagamento delle residue spese processuali per essersi opposta a tale progetto di divisione.
Avverso tale sentenza proponeva appello NOME, che sosteneva l’inammissibilità della divisione per carenza della documentazione catastale degli immobili, l’erronea formazione della massa ereditaria per esservi stati ricompresi beni che non ne facevano parte (in particolare un diritto di superficie da considerarsi ormai estinto per non uso ventennale) e lamentava l’avvenuta
assegnazione delle porzioni senza il sorteggio previsto nella scrittura privata di transazione.
NOME chiedeva il rigetto dell’appello.
5) La Corte d’Appello di Messina, con la sentenza n. 253/2018 del 14.3.2018, accoglieva parzialmente l’appello, assegnando a COGNOME NOME anche il fabbricato rurale in INDIRIZZO del Villaggio Castanea ed il sovrastante diritto di superficie, che nel progetto di divisione non era stato ricompreso in quanto privo di valore, condannandola solo al pagamento delle spese processuali della fase decisoria del giudizio di primo grado e compensando per 1/3 le spese di secondo grado, con condanna di NOME NOME al pagamento dei residui 2/3.
La sentenza di secondo grado escludeva l’applicabilità dell’art. 29 comma 1 bis della L. n. 52/1985 sulla nullità degli atti traslativi della proprietà immobiliare non accompagnati dalla documentazione ipo -catastale alle divisioni, giudicando quella norma inapplicabile alle divisioni giudiziali, respingendo quindi l’eccezione d’inammissibilità della divisione sollevata nell’atto di appello.
La Corte d’Appello respingeva, poi, il secondo motivo di appello relativo all’avvenuta assegnazione delle porzioni senza sorteggio in violazione dell’accordo sul punto contenuto nella scrittura privata di transazione del 25.7.2003, in quanto riteneva che questa non costituisse un unico contratto e che, in realtà, con la sua sottoscrizione fossero stati costituiti distinti ed autonomi rapporti obbligatori, tra loro autosufficienti. Pertanto, mentre era rimasta pattuita la formazione di un’unica massa ereditaria, poiché non era stato raggiunto alcun accordo tra le parti sulla formazione delle porzioni, il Tribunale di Messina aveva correttamente ritenuto che non sussistesse alcun vincolo negoziale in ordine all’effettuazione del sorteggio delle porzioni, ed aveva quindi validamente optato per l’assegnazione motivata delle porzioni anziché per il sorteggio.
Avverso tale sentenza, non notificata, proponeva ricorso alla Suprema Corte, notificato a NOME il 14.5.2018, NOME, affidandosi a quattro motivi.
NOME resisteva con controricorso notificato il 13.6.2018.
Entrambe le parti depositavano memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
Con ordinanza interlocutoria del 18.12.2023/10.1.2024 questo collegio sottoponeva al contraddittorio delle parti e del Pubblico Ministero, ai sensi dell’art. 101 comma 2° e 384 comma 3° c.p.c., la questione rilevata d’ufficio dell’eventuale nullità della transazione conclusa da COGNOME NOME e COGNOME NOME il 25.7.2003 per indeterminabilità dell’oggetto ai sensi degli articoli 1418 comma 2°, 1325 n. 3)e 1346 cod. civ., concedendo alle parti ed al Pubblico Ministero il termine di sessanta giorni per il deposito delle osservazioni sulla questione rilevata d’ufficio.
In data 27.2.2024 la Procura generale depositava note scritte e concludeva per la dichiarazione di nullità della transazione del 25.7.2003 e per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, e nello stesso senso concludeva nelle note scritte autorizzate COGNOME NOME, mentre COGNOME NOME nelle note scritte autorizzate riteneva superabile la questione della nullità della transazione, insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso fatti valere.
La causa veniva decisa nella camera di consiglio del 21.3.2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo di ricorso COGNOME NOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 29 comma 1 bis della L. n.52/1985 modificato dall’art. 19 D.L. 78 del 31.5.2010, dell’art. 1111 e ss. cod. civ. e dell’art. 1421 cod. civ..
Si duole la ricorrente che l’impugnata sentenza, nonostante l’esistenza di uno specifico motivo d’impugnazione sul punto, abbia confermato la sentenza di divisione giudiziale di primo grado dei beni dei genitori delle parti, emessa senza le certificazioni notarili dei beni da dividere, senza la certificazione ipotecaria ventennale, e per i fabbricati, senza le mappe ed i certificati catastali, e senza la dichiarazione delle parti, o un’attestazione sostitutiva, circa la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, in violazione dell’art. 29 comma 1 bis della L. n. 52/1985 modificato dall’art. 19 D.L. 78 del 31.5.2010. Evidenzia, tra l’altro, che la CTU (pagina 51) espletata aveva riscontrato la presenza nel compendio ereditario di un manufatto abusivo di 24 mq (particella 80 sub 1), che le era stato assegnato dall’impugnata sentenza, oltre ad alcune errate intestazioni e ad errori di frazionamento.
Col secondo motivo COGNOME NOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 e 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1364 e ss. cod. civ., 729 cod. civ. e 112 c.p.c.
Si duole la ricorrente che l’impugnata sentenza, confermando la pronuncia di primo grado, abbia da un lato ritenuto la possibilità di procedere alla divisione di un’unica massa ereditaria, costituita dal patrimonio di entrambi i genitori delle parti, ricavando il relativo consenso dei fratelli NOME dal fatto che entrambi avessero chiesto l’esecuzione della transazione del 25.7.2003, che prevedeva appunto la formazione di un’unica massa ereditaria coi beni provenienti da entrambi i genitori delle parti; e dall’altro, che sia stata attribuita a COGNOME NOME la porzione da lui scelta, anziché procedere all’assegnazione delle porzioni mediante sorteggio, come previsto nella citata transazione, con conseguente violazione, nell’interpretazione di quest’ultima, dei canoni dell’interpretazione letterale e complessiva delle clausole che la componevano.
Col terzo motivo COGNOME NOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) e 5) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1364 cod. civ. e 112 c.p.c.
Si duole la ricorrente del fatto che la Corte d’Appello di Messina non abbia ritenuto concluso dalle parti un accordo sulla divisione in due parti dell’immobile n. 1 e dell’immobile n. 2 (terreno con vani in INDIRIZZO del INDIRIZZO S. Saba), al contrario ritenuto desumibile dalla comparsa di risposta del 31.5.2007 di COGNOME NOME e dalla successiva adesione di COGNOME NOME nella memoria ex art. 183 n. 1) c.p.c. del 19.9.2007.
Col quarto motivo COGNOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c. ed all’art. 132 c.p.c. ed all’art. 111 Cost., la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.
Si duole la ricorrente che l’impugnata sentenza l’abbia condannata al pagamento delle spese processuali per la fase decisoria del giudizio di primo grado per essersi opposta al progetto di divisione, anziché applicare il principio consolidato della compensazione delle spese processuali nei giudizi di divisione.
Ritiene la Corte di dovere esaminare in via preliminare la questione rilevata d’ufficio e sottoposta al contraddittorio delle parti, attinente alla nullità per indeterminabilità dell’oggetto della scrittura privata del 25.7.2003.
Entrambe le parti, infatti, hanno chiesto, e poi ottenuto, di procedere alla divisione in esecuzione della suddetta scrittura privata, indicata come di transazione in quanto volta a prevenire un contenzioso giudiziale. Da ciò deriva il fatto che la divisione sia stata disposta seguendo tale scrittura privata, sia in punto di formazione di un’unica massa ereditaria, anziché con formazione di due masse separate, sia in punto di criteri di formazione delle porzioni destinate ad integrare le due quote dei condividenti; ed è sempre sulla base dell’accordo raggiunto nella scrittura privata in
questione che la ricorrente lamenta che si sia proceduto all’assegnazione diretta delle porzioni, anziché al sorteggio.
Da tale impostazione della causa, voluta dalle parti, discende la rilevabilità d’ufficio della nullità della scrittura privata del 25.7.2003 per indeterminabilità dell’oggetto ai sensi degli articoli 1418 comma 2°, 1325 n. 3) e 1346 cod. civ., per essere stato richiesto l’adempimento per via giudiziale di tale scrittura privata, con conseguente rilevabilità d’ufficio di tale nullità anche nel giudizio di legittimità (vedi in tal senso Cass. sez. un. n. 26242/2014).
La Corte d’Appello ha accertato che con la scrittura privata del 25.7.2003 firmata dalle parti non sono state individuate le porzioni dei beni ereditari dei genitori delle parti da attribuire, e neppure esattamente i singoli beni immobili che con l’intervento dei consulenti tecnici, separatamente incaricati dalle parti, sarebbero dovuti andare a costituire quelle porzioni. Nonostante ciò, detta Corte ha ritenuto che con quella stessa scrittura privata le parti abbiano pattuito di procedere alla formazione di un’unica massa attiva, a fronte di due eredità distinte, provenienti dal padre NOME (morto il 29.7.1983) e dalla madre NOME (morta il 18.10.1989), scindendo il contenuto dell’accordo in singoli patti separati, in violazione del principio dell’interpretazione complessiva delle clausole di uno stesso contratto sancito dall’art. 1363 cod. civ.
Nell’allegato A alla scrittura privata le parti si sono limitate a fare rinvio ai dati desumibili dalle dichiarazioni di successione dei genitori, e nella medesima scrittura privata hanno deciso di incaricare separatamente i consulenti tecnici che avrebbero dovuto individuare puntualmente i beni da dividere anche quanto a titoli di proprietà e dati catastali, provenienti dalle successioni ab intestato dei genitori delle parti COGNOME NOME (morto il 29.7.1983) e NOME NOME (morta il 18.10.1989), e che sarebbero poi dovuti andare a formare, sempre con l’ausilio di detti consulenti tecnici,
separatamente incaricati dalle parti, le due porzioni di un’unica massa.
Quale che sia la qualificazione giuridica della scrittura privata in questione, come transazione divisoria, come divisione transattiva, come preliminare di divisione, come contratto normativo, o come accordo paradivisorio volto alla costituzione delle porzioni (vedi su quest’ultima figura Cass. n. 8240/2019), l’individuazione dei beni immobili o delle relative porzioni effettivamente rientranti, in base a specifici titoli di proprietà, nei patrimoni relitti dai due genitori defunti, con l’indicazione dei confini, dell’estensione e degli estremi catastali, era comunque essenziale ai fini della determinabilità dell’oggetto contrattuale. La relativa mancanza, dipesa dal perdurante contrasto delle parti e dei rispettivi consulenti tecnici separatamente incaricati, determina la nullità della scrittura privata del 25.7.2003 ai sensi degli articoli 1418 comma 2°, 1325 n. 3) e 1346 cod. civ.
Spetterà al giudice di rinvio (trattandosi di apprezzamento di fatto non consentito a questa Corte suprema) valutare se la scrittura privata del 25.7.2003, in applicazione dei principi in materia di nullità parziale dell’art. 1419 cod. civ., possa conservare validità limitatamente all’accordo per la formazione di un’unica massa ereditaria, che richiede apposito negozio scritto (vedi in tal senso Cass. n. 25756/2018), o se invece l’incompleta individuazione dei beni immobili e delle porzioni sia ostativa alla produzione di qualunque effetto.
La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Messina in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, pronunciando sul ricorso di NOME, dichiara la nullità della scrittura privata del 25.7.2003, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Messina in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21.3.2024.