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Accomandatario occulto: sanzione per il dipendente

La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione disciplinare a un dipendente pubblico che, agendo come socio accomandante di una S.a.s., aveva di fatto assunto un ruolo gestorio, diventando un “accomandatario occulto”. Tramite procure speciali, aveva ceduto crediti della società per finanziare interessi personali, in palese conflitto con gli scopi sociali e con i suoi doveri di pubblico impiegato. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’ampiezza dei poteri esercitati, e non la forma della procura, determina la violazione del divieto di immistione nella gestione.

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Accomandatario occulto: i rischi per il socio e la sanzione per il dipendente pubblico

La figura dell’accomandatario occulto rappresenta un confine delicato nel diritto societario, la cui violazione può comportare conseguenze significative, specialmente se a superarlo è un dipendente pubblico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha confermato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per un funzionario dell’Amministrazione Finanziaria che, pur essendo socio accomandante in una S.a.s., si era di fatto ingerito nella gestione sociale, agendo in conflitto di interessi e per scopi personali.

I fatti del caso: un dipendente pubblico e la gestione di una S.a.s.

Un funzionario pubblico, socio accomandante di una società di costruzioni di famiglia, ha ricevuto due procure speciali dalla società. In forza di queste, ha compiuto due importanti atti di cessione di crediti: uno da 200.000 euro e un altro da 772.000 euro. L’Amministrazione Finanziaria, suo datore di lavoro, ha ritenuto tale attività in violazione dei doveri di un dipendente pubblico, irrogandogli una sanzione disciplinare consistente in 15 giorni di sospensione dal servizio con retribuzione ridotta.

Secondo l’amministrazione, l’attività svolta dal funzionario non era compatibile con il suo status, configurando una violazione delle norme sul conflitto di interessi e dei principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le doglianze del dipendente. I giudici di secondo grado, in particolare, hanno sottolineato come gli atti compiuti si discostassero palesemente dagli interessi della società. Le procure, sebbene formalmente ‘speciali’, conferivano poteri così ampi da soddisfare gli interessi personali del funzionario e non quelli sociali. Durante un’audizione, lo stesso dipendente aveva ammesso che la società era inattiva e che i crediti erano stati ceduti per finanziare la costruzione di due villette di sua proprietà.

La Corte territoriale ha quindi concluso che, attraverso l’esercizio di tali poteri, il socio accomandante si era trasformato in un accomandatario occulto, ovvero in un amministratore di fatto, contravvenendo al divieto di immistione nella gestione previsto dal codice civile per i soci accomandanti.

Il ricorso in Cassazione e la figura dell’accomandatario occulto

Il dipendente ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due motivi. In primo luogo, ha lamentato un’errata applicazione delle norme societarie, affermando che le procure erano speciali e limitate a singoli affari, e che non potevano trasformarlo in un amministratore. In secondo luogo, ha denunciato l’omessa pronuncia dei giudici d’appello su una sua specifica doglianza relativa alla violazione delle garanzie procedurali nella contestazione disciplinare.

La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le motivazioni della Cassazione

Per quanto riguarda il primo motivo, la Suprema Corte ha chiarito che non si trattava di una violazione di legge, ma di un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. I giudici di merito avevano correttamente analizzato la sostanza degli atti compiuti, concludendo che, al di là del nome (‘procura speciale’), i poteri esercitati erano talmente ampi e svincolati da direttive specifiche da configurare una vera e propria attività gestoria.

Relativamente al secondo motivo, l’omessa pronuncia è stata ritenuta irrilevante. La Cassazione ha spiegato che un vizio di omessa pronuncia è configurabile solo quando il giudice omette di decidere su un punto cruciale e indispensabile per la risoluzione della controversia. In questo caso, il cuore della decisione era la qualificazione del dipendente come accomandatario occulto, e le altre circostanze (come un procedimento penale archiviato) non erano decisive. La decisione della Corte d’Appello, incentrata sulla gestione di fatto, era incompatibile con le tesi del ricorrente, comportandone un rigetto implicito.

Le conclusioni: le implicazioni della sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel valutare il ruolo di un socio accomandante, non conta la forma (il nomen iuris della procura), ma la sostanza del potere esercitato. Un socio accomandante che, tramite procure ampie e indeterminate, gestisce affari sociali per scopi personali, perde la protezione della responsabilità limitata e si trasforma in un accomandatario occulto. Per un dipendente pubblico, le conseguenze vanno oltre l’ambito societario, sfociando in responsabilità disciplinari per violazione dei doveri di imparzialità e per conflitto di interessi. La sentenza serve da monito: l’esercizio di attività imprenditoriali, anche indiretto, deve essere sempre condotto nel pieno rispetto dei limiti imposti sia dal diritto societario sia dallo status di pubblico impiegato.

Quando un socio accomandante diventa un ‘accomandatario occulto’?
Secondo la sentenza, un socio accomandante diventa un ‘accomandatario occulto’ quando, attraverso il conferimento formale di una procura speciale, esercita di fatto poteri gestionali ampi e non definiti, compiendo atti che esulano dal singolo affare per entrare nella gestione della società, soprattutto se persegue interessi propri in conflitto con quelli sociali.

Un dipendente pubblico può gestire un’impresa privata tramite procura?
Un dipendente pubblico deve agire nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento. La sentenza evidenzia che, qualora l’attività gestoria tramite procura configuri un conflitto di interessi o violi le norme comportamentali previste per i dipendenti pubblici (come quelle del CCNL di riferimento), essa può essere sanzionata disciplinarmente, come avvenuto nel caso di specie.

Perché la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso basato su una presunta ‘omessa pronuncia’?
La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile perché il punto su cui si lamentava l’omessa pronuncia non era decisivo per la soluzione del caso. La decisione dei giudici di merito si fondava solidamente sulla qualificazione del ricorrente come ‘accomandatario occulto’, e tale motivazione era sufficiente a sorreggere la sentenza. Il vizio di omessa pronuncia è rilevante solo se riguarda un aspetto indispensabile per decidere la controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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