Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14197 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14197 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3503/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MESSINA n. 461/2019 depositata il 13/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE si accollò le frazioni di un mutuo stipulato dalla Bazia Gardens con la Banca nazionale del lavoro (Bnl).
La banca intimò il pagamento delle rate e ottenne un decreto ingiuntivo dal tribunale di Messina.
L’intimata propose opposizione eccependo, per quanto ancora rileva in questa sede, la erronea indicazione della quota oggetto di accollo e la nullità della clausola determinativa del tasso d’interesse in misura superiore a quella legale, in mancanza di pattuizione scritta.
L’adito tribunale respinse l’opposizione e la sentenza, impugnata dall’opponente, è stata confermata dalla corte d’appello di Messina , la quale ha ritenuto che l’importo richiesto dalla banca era conforme all’entità dell’accollo emergente dall’art. 5 del contratto di compravendita con annesso mutuo e che l’entità del tasso, nel senso parimenti indicato dalla creditrice, era giustificata dalla determinazione fatta dall’art. 8 del contatto di mutuo.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione in cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALE, incorporante di RAGIONE_SOCIALE, mandataria di RAGIONE_SOCIALE, società legittimata a seguito di cartolarizzazione, ha replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
I. -Col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1273 cod. civ., 132 cod. proc. civ.
per avere la sentenza ritenuto, in violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale e comunque con motivazione apparente, che la società si fosse accollata interamente le frazioni di mutuo di cui si discute, e non alcune rate soltanto.
Il motivo è infondato in relazione al preteso difetto motivazionale, perché la motivazione della sentenza è ben evincibile dal rilievo secondo cui l’entità dell’accollo era da desumere dalla letterale previsione dell’art. 5 del contratto, riguardante l’intera somma di lire 50.000.000 e non il minore importo sostenuto dalla società (lire 33.665.642), viceversa corrispondente all’ammontare del debito calcolato a quel momento.
Il motivo è invece inammissibile nel riferimento alle regole di ermeneutica contrattuale, visto che la ricorrente, sebbene menzionandole, non ha spiegato in qual modo e in qual senso la statuizione del giudice d’appello, che ha avuto come base l’esame della clausola contrattuale, sarebbe incorsa in una violazione di quelle regole.
Si assumono infranti il criterio facente leva sulla comune intenzione dei contraenti, il criterio concernente il comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto e il criterio della interpretazione sistematica.
Ma al di là dell’enunciato la tesi sostenuta nel ricorso è molto semplicemente questa: che dalla lettura del contratto, ove si fa riferimento alla locuzione ‘originarie lire 50.000.000 ‘ , non si sarebbe potuto dedurre l’accollo di rate per complessive lire 50.000.000 , quanto piuttosto l’accollo d elle sole quote residue, visto che soltanto in questo senso poteva essere interpretato il complessivo valore dell’atto di compravendita il cui prezzo (lire 180.000.000) doveva esser pagato per lire 112.668.719 mediante caparra confirmatoria (già corrisposta) e per lire 67.331.281 nel residuo. Invero s i sostiene che nell’avviso di scadenza non vi era stata l’esposizione del mutuo (per lire 62.698.325, come affermato dalla banca), perché, alla data del 30-6-1993, sul mutuo originario di Lire 50.000.000 vi era un capitale residuo di lire
31.285.956 e una quota di ammortamento pari a Lire 2.379.686 (e così in totale lire 33.665.642); sicché c onfrontando questo avviso con l’atto di compravendita con accollo di mutuo, non si sarebbe potuto dubitare che RAGIONE_SOCIALE si fosse accollata soltanto la quota suddetta.
È tuttavia evidente che in tal modo la ricorrente si limita a opporre la propria ricostruzione a quella contrapposta viceversa ritenuta dalla sentenza.
Mentre deve essere ricordato che in sede di legittimità la censura dell’interpretazione di una clausola contrattuale offerta dal giudice di merito impone al ricorrente l’onere di fornire, in modo autosufficiente, gli elementi afferenti alla complessiva unitarietà del testo e del comportamento non adeguatamente considerati dal giudice di merito, nella loro materiale consistenza e nella loro processuale rilevanza (di recente, Cass. Sez. 1 n. 34687-23), non potendosi la censura risolvere nella pretesa di ottenere una diversa ricostruzione dei fatti.
In tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice del merito. Sicché il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate e ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (v. Cass. Sez. 1 n. 2713617 e molte altre).
II. -Col secondo motivo la ricorrente assume la violazione o falsa applicazione degli artt. 132 e 112 cod. proc. civ., per avere la corte d’appello mancato di motivare sul rigetto del secondo motivo di gravame relativo alla indeterminabilità degli interessi di ammortamento, adottando una motivazione solo apparente in ordine agli interessi moratori e incorrendo in un vizio di omessa pronuncia.
Il motivo è , come l’altro, in parte infondato e in parte inammissibile.
La motivazione della sentenza è evincibile dal rilievo secondo cui la pattuizione degli interessi a tasso ultralegale risultava, nel caso concreto, dai criteri stabiliti nell’art. 8 del capitolato del mutuo fondiario .
La ricorrente sostiene che la motivazione sarebbe apparente perché l ‘ art. 8 del contratto era in verità privo di alcun riferimento agli interessi corrispettivi. Ma è agevole replicare che si tratta di un mero asserto, generico e non supportato a livello di autosufficienza, oltre che in contrasto con l’accertamento di fatto desunto dalla sentenza.
Il motivo è poi inammissibile, perché l’indeterminabilità degli interessi di ammortamento implica -essa pure – una valutazione di fatto, e il riferimento a ll’ omissione di pronuncia è intrinsecamente in contrasto con l’affermazione previa della ricorrente, di mancanza di motivazione.
La mancanza di motivazione presuppone che vi sia la pronuncia.
Non è dato eccepire assieme i due vizi – di mancanza di motivazione e di omessa pronuncia -, visto che l’uno esclude l’altro.
III. -Il terzo motivo, che denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1284 e 1346 cod. civ. per avere la sentenza ritenuto determinabili gli interessi del contratto di mutuo benché vi fosse un rinvio all’atto di erogazione e quietanza , e a parametri incerti e aleatori, è inammissibile.
Per le ragioni già dette, il motivo si risolve in una critica di merito.
IV. -Il quarto motivo denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1284 e 1815 cod. civ. perché, in subordine, la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto non usurari gli interessi moratori del contratto di mutuo.
Il motivo è inammissibile in prospettiva di autosufficienza.
Dalla sentenza non risulta che fosse stato consegnato all’impugnazione il profilo dell’usurarietà degli interessi.
Dalla sentenza risulta che la debitrice aveva impugnato la decisione di primo grado: (a) per ‘erronea indicazione delle quote di mutuo oggetto di accollo’; (b) per ‘nullità della clausola determinativa
degli interessi in misura superiore a quella legale ex art. 1284 comma 3 c.c., in assenza di pattuizione scritta’ .
Il motivo non enuncia se quando e come la questione sottesa sia stata introdotta in giudizio.
V. -Nel quinto motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 132 cod. proc. civ., 111 cost., 112 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. nella parte relativa al rigetto dell’istanza di c.t.u. in ordine alla esatta determinazione degli interessi ‘contrattualmente dovuti’ rispetto a quelli applicati dalla banca col decreto ingiuntivo .
La statuizione sarebbe affetta da motivazione apparente legata all’asserita omessa prova dell’usurarietà degli interessi ; oltre a integrare un vizio di omessa pronuncia e motivazione inesistente si risolverebbe in una violazione della norma sostanziale sul riparto dell’onere della prova.
Il motivo è ancora una volta in parte infondato e in parte inammissibile.
La corte d’appello ha respinto l’istanza di c.t.u. perché supe rflua ‘alla luce della documentazione versata in atti’ e perché generica in relazione alla ‘paventata usurarietà della pattuizione contrattuale’.
Ne segue che la motivazione non può dirsi mancante, né parvente.
Il giudizio sulla necessità e utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito (v. Cass. Sez. 1 n. 7472-17, Cass. Sez. L n. 25281-23).
Tale giudizio è, di regola, incensurabile in cassazione, salvo che in base alla nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
Ma in tal caso è necessario che sia puntualmente specificato l’ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, e abbia carattere decisivo.
Nel caso concreto la motivazione della corte territoriale non è apparente e nessun vizio ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. è dedotto.
La questione della usurarietà degli interessi, sulla quale ulteriormente la c.t.u. si sarebbe dovuta disporre secondo la tesi della ricorrente, risulta dalla sentenza solo ‘paventata’ . La stessa però non emerge che fosse compresa -v. la sentenza a pag. 3 -tra i motivi di gravame.
VI. -In conclusione il ricorso è rigettato.
Spese alla soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 9.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione