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Accollo di debito: la liberazione del debitore

Un debitore si oppone a un decreto ingiuntivo per una provvigione immobiliare, sostenendo che un terzo si era assunto il debito tramite un accollo. Il Tribunale ha respinto l’opposizione, confermando la responsabilità solidale del debitore originario, poiché il creditore non aveva mai acconsentito espressamente alla sua liberazione. La sentenza chiarisce inoltre la nullità della chiamata in causa del terzo effettuata senza la preventiva autorizzazione del giudice nel rito di opposizione.

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Accollo di debito: quando libera davvero il debitore?

L’accollo di debito è uno strumento giuridico con cui un terzo si impegna a pagare il debito altrui. Molti credono che questo accordo liberi automaticamente il debitore originario, ma una recente sentenza del Tribunale di Torino ci ricorda che non è così semplice. Il caso analizzato riguarda una provvigione di mediazione immobiliare non pagata, dove il debitore ha tentato, senza successo, di scaricare la propria responsabilità su una società terza, finendo per veder confermato il proprio obbligo di pagamento.

I Fatti di Causa: una provvigione immobiliare non pagata

La vicenda ha origine da un’attività di mediazione immobiliare. Un’agenzia aveva messo in contatto le parti per la compravendita di alcuni terreni. A seguito del buon esito dell’affare, i due acquirenti si erano impegnati a versare all’agenzia una provvigione di 30.000 euro più IVA, secondo un piano rateale definito in una scrittura privata.

Tuttavia, i debitori versavano solo una parte della somma dovuta. Nonostante successivi accordi per la rateizzazione del debito residuo, i pagamenti si interrompevano nuovamente. L’agenzia, pertanto, otteneva un decreto ingiuntivo per la somma rimanente, pari a circa 10.000 euro, nei confronti di entrambi i debitori.

I Motivi dell’Opposizione: l’Accollo di Debito e la Prescrizione

Uno dei due debitori si opponeva al decreto ingiuntivo, basando la sua difesa su due argomenti principali:

1. Inesigibilità del credito per accollo di debito: L’opponente sosteneva di non essere più tenuto a pagare, in quanto la società co-debitrice si era assunta l’intero onere del debito attraverso un accordo interno (accollo).
2. Prescrizione del diritto: In via subordinata, eccepiva l’estinzione del diritto di credito dell’agenzia per decorrenza dei termini di prescrizione previsti per i mediatori.

Per far valere l’accordo di accollo, l’opponente citava in giudizio la società co-debitrice, chiedendo al Tribunale di condannarla a pagare il debito e a tenerlo indenne da ogni pretesa economica.

Le Motivazioni della Decisione del Tribunale

Il Tribunale di Torino ha rigettato integralmente l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo. Le motivazioni della sentenza offrono chiarimenti fondamentali su diversi istituti giuridici.

L’Accollo di Debito non libera senza il consenso del creditore

Il punto centrale della decisione riguarda l’accollo di debito. Il giudice ha ribadito un principio fondamentale dell’art. 1273 del Codice Civile: l’accordo tra il debitore originario e il terzo che si assume il debito (accollo) non è sufficiente a liberare il primo. Per ottenere la liberazione, è indispensabile il consenso esplicito e inequivocabile del creditore.

Nel caso di specie, l’agenzia immobiliare (creditore) non aveva mai dichiarato di voler liberare il debitore opponente. Di conseguenza, quest’ultimo è rimasto obbligato in solido con la società accollante. Ciò significa che il creditore aveva il diritto di richiedere l’intero pagamento indifferentemente all’uno o all’altro.

La Nullità della Chiamata in Causa del Terzo

Un altro aspetto cruciale è di natura procedurale. Il Tribunale ha dichiarato nulla la chiamata in causa della società terza. La legge, infatti, prevede che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la parte che intende chiamare un terzo deve chiedere l’autorizzazione al giudice nell’atto di citazione. L’opponente, invece, aveva proceduto direttamente alla citazione, commettendo un errore procedurale insanabile che ha reso la chiamata del terzo priva di qualsiasi effetto.

L’Improcedibilità delle Domande verso la Liquidazione Giudiziale

A complicare ulteriormente il quadro, la società terza chiamata in causa era stata posta in liquidazione giudiziale (la procedura che ha sostituito il fallimento). Il giudice ha specificato che, anche se la chiamata in causa fosse stata valida, qualsiasi pretesa di credito nei confronti di un’impresa in liquidazione deve essere fatta valere esclusivamente tramite la procedura di insinuazione al passivo, e non in un giudizio ordinario.

Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza

Questa sentenza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, chiarisce che un accordo di accollo di debito non rappresenta una via di fuga automatica per il debitore originario; la sua liberazione è subordinata alla volontà espressa del creditore. In secondo luogo, evidenzia il rigore delle norme procedurali: un errore nella modalità di chiamata in causa di un terzo può avere conseguenze fatali per le proprie pretese. Infine, ricorda che le procedure concorsuali come la liquidazione giudiziale creano un canale esclusivo per l’accertamento dei crediti, rendendo inefficace qualsiasi azione intrapresa in sede ordinaria.

Un accordo di accollo di debito libera automaticamente il debitore originale dal suo obbligo di pagamento?
No. Secondo l’articolo 1273 del Codice Civile, il debitore originario viene liberato solo se il creditore dichiara espressamente di volerlo liberare. In caso contrario, il debitore originario rimane obbligato in solido con il terzo che si è assunto il debito.

In un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente può citare direttamente un terzo in giudizio?
No. L’opponente che intende chiamare in causa un terzo deve richiedere la preventiva autorizzazione al giudice nell’atto stesso di opposizione. La citazione diretta del terzo senza autorizzazione è nulla e non può essere sanata.

È possibile agire in un tribunale ordinario contro una società in liquidazione giudiziale per recuperare un credito?
No. Qualsiasi pretesa di credito nei confronti di una società in liquidazione giudiziale deve essere fatta valere attraverso la specifica procedura di insinuazione al passivo davanti al tribunale competente per la liquidazione. Le azioni intraprese in sede ordinaria sono improcedibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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