Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 415 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 415 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32059 R.G. anno 2020 proposto da:
COGNOME Guido , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME domiciliata presso l’avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrente
avverso la sentenza n. 204/2020 della Corte di appello di Ancona, pubblicata il 25 febbraio 2020
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 novembre 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. ─ RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio NOME COGNOME avanti al Tribunale di Ascoli Piceno per sentirlo condannare al pagamento della somma di euro 12.419,75, o altra di giustizia, oltre rivalutazione monetaria e interessi, esponendo, in sintesi, quanto segue. In data 19 ottobre 1985 aveva acquistato un fabbricato in Montalto delle Marche sul quale era stata iscritta ipoteca per lire 1.375.000.000 a garanzia di un mutuo di lire 530.000.000 concesso dal Credito Fondiario di Bologna. Con contratto del 22 settembre 1989 essa attrice aveva venduto a COGNOME alcune porzioni immobiliari al prezzo di lire 80.000.000. Per una parte del prezzo, pari a lire 60.000.000, era stato convenuto l ‘ac collo della corrispondente quota parte del capitale del mutuo concesso alla società attrice. COGNOME aveva provveduto al rimborso dei ratei del mutuo, però parzialmente: infatti, in assenza del frazionamento del mutuo, egli aveva mancato di onorare il debito per l’importo di euro 12.419,75. In seguito, le parti avevano pattuito che la quota del mutuo non rimborsata dal convenuto e pagata dalla società fosse regolata attraverso il pagamento, da COGNOME a Soledil, di rate semestrali maggiorate del tasso di interesse dell’8% annuo. Lo stesso evocato in lite non aveva però prestato esecuzione a tale accordo.
COGNOME si è costituito in giudizio eccependo in via pregiudiziale la nullità della citazione per indeterminatezza e contraddittorietà; ha quindi chiesto il rigetto della domanda lamentando l’ inadempimento dell’attrice in relazione al mancato frazionamento del mutuo: circostanza, questa, che aveva impedito la rinegoziazione del finanziamento a condizioni più vantaggiose per il periodo intercorrente tra la fine del 1991 e la fine del 2000, allorquando il mutuo fu estinto; ha dedotto di aver interrotto i pagamenti in quanto si era avveduto di aver corrisposto una somma a suo avviso eccedente rispetto al dovuto (lire 117.223.956 a fronte di un residuo capitale di lire 60.000.000). Ha quindi domandato in via riconvenzionale la condanna di COGNOME per la somma di lire 42.584.929 pari ad euro 21.993,28, oltre rivalutazione e
interessi e, in subordine, al pagamento di importo differenti, di ammontare inferiore.
Il Tribunale, dopo aver esperito consulenza tecnica d’ufficio, ha respinto la domanda attrice e condannato la società a restituire a COGNOME la somma di euro 1.771,02, oltre interessi.
2 . ─ La sentenza di primo grado è stata impugnata da entrambe le parti.
La Corte di appello di Ancona, con sentenza del 25 febbraio 2020, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto la domanda attrice e condannato COGNOME al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 5.332,89, oltre interessi.
– COGNOME ricorre per la cassazione di quest’ultima decisione, facendo valere cinque motivi di impugnazione illustrati da memoria. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo sono denunciate la violazione e falsa applicazione dell’art. 163, comma 4, c.p.c. e l ‘ omessa e contraddittoria motivazione.
Col secondo motivo sono lamentate la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. « per tempestiva proposizione dell’eccezione di nullità dell’accollo del mutuo ex art. 1418 c.c. in relazione all’art. 1346 c.c.».
Il terzo motivo oppone la violazione e falsa applicazione dell’art. 1326 c.c. in relazione al mancato perfezionamento dell’accollo e l’omessa considerazione dei documenti nn. 28 e 32 del fascicolo di primo grado, «ovvero illogicità e contraddittorietà della motivazione in merito alla considerazione del rapporto contratto di mutuofrazionamento-accollo».
Col quarto mezzo ci si duole dell ‘ omessa motivazione sulla domanda di inadempimento e di restituzione, menzionandosi, al riguardo, gli artt. 1175, 1176, comma 2, 1218 e 1237 c.c..
Il quinto motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1193 c.c. e dei criteri di calcolo relativi al conteggio del mutuo e agli interessi, oltre che per la mancata considerazione dei documenti nn. 2 e 3 del fascicolo di primo grado di parte convenuta.
Il ricorso è nel complesso infondato.
─ Il primo motivo deve essere respinto.
Nella sentenza impugnata è spiegato che la divergenza tra la somma domandata giudizialmente e quella richiesta in precedenza da Soledil non assumeva rilievo sul piano della validità dell’atto introduttivo, «ben potendo la parte far valere in giudizio una diversa e/o maggiore pretesa»: il che è i nnegabilmente vero a mente dell’art. 164, comma 4, c.p.c., il quale contempla la nullità della citazione per vizi dell’ editio actionis ancorandola alle ipotesi in cui sia omesso o assolutamente incerto i l requisito di cui al n. 3 dell’art. 163 o manchi l’esposizione dei fatti di cui al n. 4 dello stesso articolo.
Vero è che nella pronuncia si trova affermato che «nell’atto non risultano specificati sia il petitum che la causa petendi »: ma deve credersi che l’inserimento , nella proposizione, dell’avverbio di negazione sia ascrivibile a un mero errore materiale; la conclusione si trae: dal contesto argomentativo in cui si colloca l’affermazione , la quale è diretta ad escludere la fondatezza dell’eccezio ne di nullità dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado ; dalla condivisione espressa dalla Corte di appello quanto alla decisione assunta sul punto dal Tribunale , che quell’eccezione ha disatteso (pag. 3 della pronuncia impugnata); da ll’uso , nel brano in questione, delle congiunzioni disgiuntive correlative «sia» e «che», le quali risultano incompatibili con la negazione del concetto espresso (la specificazione di petitum e petendi ).
-Il secondo motivo è inammissibile.
Il mezzo di censura verte sulla mancata declaratoria di nullità
dell’accollo del mutuo.
Si legge nella sentenza di appello che con la decisione di primo grado era stata dichiarata tardiva la detta domanda di nullità. Ha osservato la Corte distrettuale che la proposizione della domanda non risultava integrata, non essendo a tal fine sufficiente «l’illustrazione delle ragioni ad essa sottese, non accompagna ta dall’espression e dell’atto volitivo finalizzato allo scopo».
Il ricorrente fa questione dell’omessa pronuncia su di una eccezione di nullità: ma non assume che in appello avesse posto la questione in tali termini; non afferma, cioè, di aver proposto un motivo di censura vertente sulla mancata statuizione dell’eccezione di nullità (piuttosto che sull’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale nel respingere la correlativa domanda). Come è noto, ove con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 1 luglio 2024, n. 18018; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694).
D’altro canto, anche a voler prescindere da tale rilievo, la questione sull’omessa pronuncia imponeva al ricorrente di osservare il principio di autosufficienza con specifico riguardo al l’eccezione su cui la Corte di appello avrebbe mancato di pronunciare. Infatti, l’omessa considerazione di fatti impeditivi, modificativi o estintivi, dedotti come eccezione, la quale implica un error in procedendo , per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., postula, in sede di legittimità che la parte abbia formulato l’eccezione in modo autonomamente apprezzabile ed inequivoco e che la stessa sia stata puntualmente
riportata nel ricorso per cassazione nei suoi esatti termini, con l’indicazione specifica dell’atto difensivo o del verbale di udienza in cui era stata proposta (Cass. 13 giugno 2023, n. 16899).
Né può farsi questione del mancato rilievo d’ufficio della nullità in questione, visto che la nullità del contratto è rilevabile ex officio , ma a condizione che i relativi presupposti di fatto, anche se non interessati da specifica deduzione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie (Cass. 23 febbraio 2024, n. 4867): e sul punto l’istante non fornisce a questa Corte chiarimenti esaurienti.
5. ─ Il terzo motivo è svolto in modo assai confuso.
Il ricorrente sembra supporre che la Corte di appello abbia escluso il perfezionamento sia del frazionamento del mutuo che del contratto di accollo (in particolare, pag. 8 del ricorso). Da ciò l’istante parrebbe trarre una conseguenza: quella per cui il proprio impegno economico non poteva eccedere «il pagamento della sola somma del mutuo originario pari a lire 60.000.000, come previsto nel rogito di trasferimento» (pag. 10 del ricorso).
La censura difetta di aderenza al decisum e tanto destina il motivo alla statuizione di inammissibilità (Cass. 9 aprile 2024, n. 9450; Cass. 3 luglio 2020, n. 13735).
La Corte di appello ha difatti osservato che il frazionamento del mutuo, che non costituiva all’epoca un obbligo per l’is tituto mutuante e ─ corr e lativamente ─ un diritto dell’acquirente dell’immobile , non incideva in alcun modo sulla validità dell’accollo (in assenza della previsione di una condizione in tal senso richiedente comunque l’accettazione dell’istituto mutuante ) e ha rilevato che le parti avevano dato esecuzione all’accollo «avente ad oggetto parte del mutuo stipulato dalla Soledil, non ancora frazionato al momento della stipula».
Si intende, dunque, che la Corte distrettuale non abbia affatto escluso la pattuizione dell’accollo : ha, sì, negato il frazionamento ma
ha ritenuto che la convenzione di accollo non ne fosse condizionata.
Il ricorrente assume che due documenti, da lui prodotti, attesterebbero il suo rifiuto di pagare una parte della somma pretesa da Soledid: documenti che, quindi, colliderebbero con l’asserita volontà delle parti di dare esecuzione all’accollo.
La doglianza è però, ancor prima che carente di autosufficienza (Cass. Sez. U. 27 dicembre 2019, n. 34469; Cass. 1 luglio 2021, n. 18695), inammissibile per essere diretta alla revisione del giudizio di fatto riservato al giudice del merito: sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio non può difatti invocarsi, in sede di legittimità, la rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U. 27 dicembre 2019, n. 34776; in senso conforme: Cass. 4 marzo 2021, n. 5987). L’esame e la valutazione dei documenti di causa, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito (per tutte: Cass. 31 luglio 2017, n. 19011; Cass. 2 agosto 2016, n. 16056) e il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità: nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 22 novembre 2023, n. 32505; Cass. 7 aprile 2017, n. 9097).
6. ─ Il quarto motivo è nel complesso infondato.
Il ricorrente dibatte dell’inadempimento dell a società controricorrente, la quale non avrebbe reso possibile il frazionamento e, di conseguenza, la conclusione della convenzione di accollo.
Come si è visto, la Corte di merito ha però spiegato che COGNOME non aveva diritto al frazionamento e ha poi ritenuto perfezionato l’accollo, che non era subordinato al detto frazionamento.
Il ricorrente denuncia, sul punto, una omessa motivazione ed evoca alcune norme di cui parrebbe lamentare la violazione. Il vizio motivazionale è chiaramente insussistente: tanto più che la riformulazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione, onde è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 3 marzo 2022, n. 7090; Cass. 25 settembre 2018, n. 22598). Quanto alla violazione di legge, basterà qui ricordare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, una allegazione, quale quella in esame, dell’ erronea ricognizione della fattispecie concreta mediante le risultanze di causa inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155).
7. ─ Il quinto motivo è inammissibile.
Esso ha ad oggetto la determinazione del dare e avere tra le parti.
La Corte di Ancona ha quantificato la somma ancora dovuta da ll’odierno ricorrente avendo riguardo all’accertamento operato dal c.t.u. «sulla base del prospetto riepilogativo, accettato e controfirmato dalle parti, dei versamenti effettuati dal COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE e degli importi che lo stesso sarebbe stato tenuto a versare, oltre gli interessi al tasso pagato nell’ambito del rapporto di mutuo» .
Si è quindi in presenza di un accertamento di fatto il quale non è sindacabile in questa sede, secondo quanto già osservato sub § 5.
8. ─ Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione