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Accollo debito futuro: valido se determinabile

Un soggetto, cessionario di un credito, aveva contestato la validità della clausola che gli imponeva l’accollo di debito futuro, come le spese di una procedura esecutiva. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la clausola è valida. Sebbene il debito non fosse determinato al momento del contratto, era ‘determinabile’, poiché l’accordo prevedeva di coprire tutti gli oneri futuri legati alla gestione del credito. Questa determinabilità rende l’oggetto del contratto valido e l’obbligazione efficace.

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Accollo di debito futuro: quando è valido un impegno per spese non ancora definite?

L’accollo di debito futuro è una figura contrattuale che solleva spesso dubbi sulla sua validità, specialmente quando l’importo e la natura del debito non sono ancora noti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: un accordo di questo tipo è perfettamente valido se l’oggetto, pur non essendo determinato, è almeno ‘determinabile’. Questa pronuncia offre spunti preziosi per chi opera nel campo delle cessioni di credito e, più in generale, nella contrattualistica.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un contratto di cessione di credito. Il cessionario (colui che acquista il credito) si era impegnato a manlevare la banca cedente da ogni onere e spesa futuri, anche di natura processuale, derivanti dalla gestione di quel credito. Successivamente, in una procedura di esecuzione immobiliare legata a tale credito, il giudice ha liquidato una somma a favore del custode giudiziario, ponendola a carico solidale dei creditori.

La banca, subentrata alla cedente originaria, ha pagato la sua quota e ha poi chiesto il rimborso al cessionario, sulla base della clausola di accollo presente nel contratto di cessione. Il cessionario si è opposto, sostenendo che quella clausola fosse nulla per indeterminatezza dell’oggetto: al momento della firma, non era possibile conoscere quali debiti sarebbero sorti né il loro ammontare.

I giudici di primo e secondo grado hanno dato torto al cessionario, che ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La questione dell’accollo di debito futuro e la nullità

Il ricorrente basava la sua difesa su un principio cardine del diritto dei contratti: la nullità per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto (artt. 1346 e 1348 c.c.). Secondo la sua tesi, un accordo per accollarsi debiti non ancora esistenti e non prevedibili sarebbe nullo, poiché privo di un elemento essenziale.

Un punto interessante del processo d’appello è che la Corte territoriale aveva inizialmente dichiarato inammissibile la domanda di nullità, considerandola una ‘domanda nuova’. La Cassazione ha corretto questo punto, ribadendo un principio consolidato: la nullità contrattuale può essere rilevata d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo, purché si basi sui fatti già acquisiti.

La Decisione della Corte di Cassazione: la determinabilità è sufficiente

Nonostante la correzione procedurale, la Cassazione ha rigettato il ricorso nel merito. Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra oggetto ‘determinato’ e oggetto ‘determinabile’.

Un contratto non è nullo se il suo oggetto, pur non essendo quantificato al momento della stipula, può essere determinato in futuro sulla base di criteri certi e oggettivi stabiliti dalle parti.

Nel caso specifico, il contratto prevedeva che il cessionario si facesse carico di ‘qualunque onere e responsabilità, di qualunque specie, in ordine alle vicende future, anche di natura processuale, del credito’.

Secondo la Suprema Corte, questa formulazione è sufficiente a rendere l’oggetto determinabile. I debiti futuri, infatti, non erano generici, ma erano chiaramente collegati alle vicende del credito ceduto. Qualsiasi spesa fosse sorta in relazione alle azioni legali intraprese per il recupero di quel credito sarebbe rientrata nell’accordo. Di conseguenza, la clausola di accollo di debito futuro è stata ritenuta pienamente valida ed efficace.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un principio secondo cui un accollo esterno di un debito futuro è valido quando, al momento della stipula, sono identificabili i criteri per determinare gli eventuali debiti e i rispettivi creditori. Nel caso di specie, la scrittura privata era chiara: la gestione delle azioni legali era di competenza del cessionario e tutti gli oneri e le spese ‘di qualunque natura’ sarebbero rimasti a suo carico. L’obbligazione, quindi, non era indeterminata ma semplicemente legata a eventi futuri ma specificamente circoscritti all’ambito del credito ceduto. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il terzo motivo del ricorso, relativo all’interpretazione della solidarietà, poiché il ricorrente non aveva contestato la decisione del giudice di merito secondo i corretti canoni dell’ermeneutica contrattuale, limitandosi a proporre una diversa interpretazione.

le conclusioni

Questa ordinanza conferma che la flessibilità contrattuale permette di regolare anche obbligazioni future, a patto di definire chiaramente il perimetro e i criteri per la loro determinazione. Per le parti coinvolte in una cessione di credito, ciò significa che le clausole di manleva e accollo di spese future sono legittime, ma devono essere redatte con precisione per evitare contestazioni. La chiave è collegare in modo inequivocabile i futuri oneri all’oggetto principale del contratto, garantendo così la ‘determinabilità’ richiesta dalla legge e la piena validità dell’accordo.

È valido un contratto che prevede l’assunzione di un debito non ancora esistente?
Sì, un accordo di accollo di debito futuro è valido a condizione che l’oggetto, cioè il debito, sia ‘determinabile’. Questo significa che il contratto deve contenere i criteri necessari per identificare con certezza i debiti che sorgeranno in futuro.

Quando l’oggetto di un contratto può considerarsi ‘determinabile’ anche se non è determinato?
L’oggetto è ‘determinabile’ quando il contratto stesso fornisce gli elementi per definirlo in futuro in modo oggettivo. Nel caso esaminato, l’accordo che imponeva al cessionario di coprire ‘tutti gli oneri e le spese, di qualunque natura’ legate alle azioni legali sul credito ceduto è stato ritenuto sufficiente a rendere l’obbligazione determinabile.

È possibile sollevare per la prima volta in appello la questione di nullità di un contratto?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice d’appello ha l’obbligo di rilevare d’ufficio ogni possibile causa di nullità, anche se non sollevata in primo grado. Deve però indicare la questione alle parti e può esaminarla come eccezione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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