Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26106 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26106 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16136/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) d COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE (-) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 3129/2020 depositata il 30/11/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/05/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
Con sentenza n. 9613/2017, il Tribunale di Milano ha revocato il decreto con il quale era stato ingiunto il pagamento di euro 43.892,75 in favore della società RAGIONE_SOCIALE sulla base di due fatture (n. 54 e 59 del 2012), l’una relativa al pagamento delle somme dovute a titolo di restituzione dell’importo di euro 21.725, trattenuto in garanzia dalla committente società RAGIONE_SOCIALE ex art. 15 del contratto di appalto 20 maggio 2011, l’altra emessa ex art. 4 dell’atto di transazione dell’8 marzo 2012 intervenuto fra le parti, che prevedeva, alla consegna dei documenti ivi indicati, il pagamento della somma di euro 15.000 da parte della committente. Contestualmente il Tribunale ha altresì rigettato la domanda riconvenzionale subordinata avanzata dall’opponente COGNOME e relativa sia ad asseriti vizi delle opere, sia al richiesto pagamento di euro 101,500 a titolo di penale ex art. 13 comma c) del contratto d’appalto, per i gravi ritardi nella consegna dei lavori.
ETB ha proposto appello avverso la sentenza, assumendo di avere adempiuto a tutte le obbligazioni nascenti dall’atto transattivo e di avere ricevuto i relativi pagamenti, ad eccezione di quelli di cui alle fatture poste alla base della domanda monitoria. COGNOME, nel costituirsi in giudizio, preliminarmente eccepiva l’inammissibilità dell’appello ex art. 348bis c.p.c. e nel merito in via principale contestava, perché infondate, le censure mosse da parte appellante nei confronti della sentenza impugnata, della quale chiedeva la conferma; in subordine, nell’ipotesi di accoglimento dell’appello principale, proponeva appello incidentale relativamente al rigetto delle proprie richieste avanzate in via
riconvenzionale in primo grado. La Corte d’appello, dopo avere precisato che l’oggetto dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE riguardava, esclusivamente, il mancato pagamento ad essa dovuto alla consegna della documentazione di cui all’art. 4 della transazione e la mancata restituzione delle somme trattenute in garanzia, ha ritenuto quanto alla documentazione che la documentazione consegnata non fosse completa e che i documenti consegnati relativi alla regolarità contributiva della appaltatrice afferissero ad altre società; quanto alla restituzione delle somme trattenute in garanzia, ha ritenuto che non vi fosse stata accettazione delle opere da parte del committente. Con la sentenza 30 novembre 2020, n. 3129, la Corte d’appello ha quindi rigettato l’appello principale e ha ritenuto di non potere esaminare il gravame incidentale, proposto in via subordinata all’accoglimento del principale.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
I. Il ricorso è articolato in due motivi.
1) Il primo motivo denuncia ‘violazione degli artt. 112, 342, e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.’: la Corte d’appello avrebbe violato il principio del tantum devolutum quantum appellatum in quanto con l’appello incidentale di COGNOME non era stata censurata la parte della sentenza di primo grado secondo cui ‘risulta al contrario fondata la domanda principale di parte opponente in ordine alla mancata consegna di documenti, dovendosi ritenere incompleta la consegna degli stessi per assenza del DURC della convenuta opposta’.
Il motivo, dalla non facile intellegibilità, è infondato. A fronte dell’appello della ricorrente che assumeva di avere adempiuto a
tutte le obbligazioni nascenti dall’atto transattivo (v. pag. 2 della sentenza), la Corte d’appello ha rilevato che la documentazione consegnata era incompleta e che, in particolare, i ‘DURC consegnati -come già correttamente ritenuto dal primo giudice -afferivano ad altre società’ (pag. 3 della sentenza). Avendo la Corte d’appello confermato sul punto la sentenza di primo grado, rigettando il motivo della ricorrente, non si vede come fosse necessario l’appello di controparte, così che non si ravvisa alcuna violazione del principio del tantum devolutum quantum appellatum .
2) Il secondo motivo contesta ‘violazione degli artt. 1665, 1666 e 1667 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.’: la Corte d’appello ha errato a non ritenere che nel caso di specie si fossero verificati tutti i presupposti dell’accettazione per facta concludentia , essendovi stata l’esecuzione completa delle opere, l’approvazione delle stesse, la consegna e l’immissione nel possesso del bene; sulla base di tali fatti e comportamenti deve presumersi la sussistenza dell’accettazione da parte del committente con le conseguenze di cui all’art. 1667 c.c.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha accertato che nel caso in esame ‘non è avvenuta la verifica, né il collaudo, né è intervenuta accettazione delle opere, né è stata fornita, in altro modo, prova della ultimazione delle stesse a regola d’arte, non coincidendo la presa in consegna del magazzino da parte della committente con la ricezione senza riserve dell’opera e sussistendo, per contro, elementi di prova in ordine alla volontà della committente di contestarla’. Si tratta di un accertamento in fatto che non può essere sindacato da questa Corte di legittimità e che la ricorrente contesta d’altro canto in modo del tutto generico, lamentando la violazione delle disposizioni richiamate e non l’omesso esame di specifici fatti storici.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente, che liquida in euro 6.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda