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Accettazione tacita eredità: quando è irrevocabile?

La Corte d’Appello di Genova ha stabilito che l’intervento di due eredi in una procedura di esecuzione immobiliare, con contestuale richiesta di divisione del bene, costituisce un’inequivocabile accettazione tacita eredità. Tale atto, potendo essere compiuto solo in qualità di erede, è irrevocabile e non può essere annullato da una successiva dichiarazione di rinuncia, confermando il principio ‘semel heres semper heres’ (una volta erede, sempre erede).

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Accettazione Tacita Eredità: Intervento in Esecuzione e Richiesta di Divisione sono Atti Irrevocabili

L’accettazione tacita eredità è un concetto fondamentale nel diritto successorio, che si verifica quando un chiamato all’eredità compie un atto che non avrebbe il diritto di fare se non nella sua qualità di erede. Una recente sentenza della Corte di Appello di Genova chiarisce in modo esemplare come determinate azioni, quali l’intervento in una procedura esecutiva con richiesta di divisione, integrino una forma di accettazione definitiva e, soprattutto, irrevocabile.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’esecuzione immobiliare avviata da una società creditrice nei confronti di un debitore, comproprietario di un immobile. I due figli del debitore, chiamati all’eredità della madre defunta per una quota dello stesso immobile, decidevano di intervenire nel procedimento. Nel loro atto di intervento, non si limitavano a una semplice tutela conservativa, ma chiedevano esplicitamente la divisione del bene al fine di liquidare le loro “rispettive quote ereditarie”.

Successivamente, il Giudice dell’Esecuzione concedeva loro un termine per formalizzare l’accettazione. I due figli lasciavano scadere il termine e, anzi, in un’udienza successiva, il loro legale dichiarava che essi non intendevano accettare l’eredità. A questo punto, la società creditrice avviava una causa per far accertare che l’intervento nella procedura esecutiva avesse già costituito un’accettazione tacita eredità.

La Decisione del Tribunale e l’Appello

Il Tribunale di primo grado dava ragione alla società creditrice, affermando che la richiesta di divisione giudiziale è un atto che presuppone necessariamente la qualità di erede e che, pertanto, valeva come accettazione tacita ai sensi dell’art. 476 c.c. Di conseguenza, la successiva dichiarazione di rinuncia era da considerarsi inefficace.

I due eredi proponevano appello, sostenendo che il loro intervento fosse stato un mero atto conservativo e precauzionale, e che la loro volontà di non accettare fosse stata chiarita dal mancato rispetto del termine imposto dal giudice.

Accettazione Tacita Eredità: Le Motivazioni della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Genova ha rigettato l’appello, confermando integralmente la decisione di primo grado. Le motivazioni sono un’importante lezione pratica sul tema.

La Corte ha analizzato l’atto di intervento, evidenziando come gli appellanti si fossero qualificati come titolari di “quote ereditarie” e avessero chiesto la divisione. Questo tipo di richiesta, secondo i giudici, travalica ampiamente i poteri meramente conservativi concessi al semplice “chiamato all’eredità” dall’art. 460 c.c.

Richiamando consolidata giurisprudenza della Cassazione, la Corte ha ribadito che la domanda di divisione di beni ereditari è l’esempio classico di un atto che implica la volontà di accettare l’eredità, poiché mira a disporre di un diritto successorio. La giurisprudenza tende a dare maggior peso al carattere oggettivo dell’atto compiuto piuttosto che all’intenzione soggettiva di chi lo compie.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La Corte ha infine ribadito un principio cardine del diritto successorio: semel heres semper heres (una volta erede, sempre erede). L’accettazione dell’eredità, una volta avvenuta, è irrevocabile. L’accettazione tacita eredità non fa eccezione. L’atto con cui i figli avevano chiesto la divisione aveva perfezionato l’accettazione, rendendo irrilevante qualsiasi ripensamento o dichiarazione contraria successiva.

Nemmeno l’ordinanza del Giudice dell’Esecuzione, che fissava un termine per l’accettazione formale, ha potuto “riportare indietro le lancette”. L’accettazione era già avvenuta e non poteva più essere vanificata. Questa sentenza serve da monito: ogni atto compiuto su beni ereditari deve essere attentamente ponderato, poiché un’azione che manifesti la volontà di disporre dei beni come proprietario può trasformare un semplice “chiamato” in un “erede” a tutti gli effetti, con tutte le conseguenze, anche debitorie, che ne derivano.

Intervenire in un’esecuzione immobiliare e chiedere la divisione di un bene ereditario costituisce accettazione tacita dell’eredità?
Sì, secondo la sentenza analizzata, tale atto va oltre la mera conservazione del patrimonio e, presupponendo la qualità di erede per poter essere compiuto, configura un’accettazione tacita dell’eredità ai sensi dell’art. 476 del codice civile.

L’accettazione tacita dell’eredità può essere revocata, ad esempio non rispettando un termine fissato dal giudice per l’accettazione formale?
No. La sentenza chiarisce che, in base al principio ‘semel heres semper heres’ (una volta erede, sempre erede), l’accettazione dell’eredità, anche se tacita, è un atto irrevocabile. Una successiva dichiarazione di rinuncia o il mancato rispetto di un termine per la formalizzazione sono inefficaci, poiché l’accettazione si è già perfezionata.

Qual è la differenza tra un atto conservativo e un atto di accettazione tacita?
Un atto conservativo, consentito al chiamato all’eredità (art. 460 c.c.), è finalizzato a mantenere integro il patrimonio ereditario in attesa della decisione di accettare o meno (es. richiedere un’interruzione di prescrizione). Un atto di accettazione tacita, invece, è un atto di disposizione che il chiamato non avrebbe il diritto di compiere se non nella qualità di erede (es. vendere un bene ereditario o, come nel caso di specie, chiederne la divisione giudiziale).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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