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Accettazione tacita e vizi: quando denunciare?

Una committente in un contratto di appalto impugna una decisione che la obbligava al pagamento nonostante i vizi dell’opera. La Corte d’Appello chiarisce che senza un’accettazione tacita dei lavori, il termine di 60 giorni per la denuncia dei difetti non si applica. La corte riforma la sentenza iniziale, riducendo significativamente l’importo dovuto dalla committente sottraendo i costi per l’eliminazione dei difetti.

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Accettazione Tacita nei Contratti d’Appalto: Una Sentenza Chiarificatrice

Nel mondo dei contratti di appalto, la fine dei lavori rappresenta un momento critico, spesso fonte di contenzioso. Una recente sentenza della Corte di Appello ha fatto luce su un aspetto fondamentale: la differenza tra la semplice ‘consegna’ dell’opera e la sua ‘accettazione’. Questa distinzione è cruciale perché determina l’inizio del termine per denunciare eventuali vizi e difformità. Comprendere la nozione di accettazione tacita diventa quindi essenziale per tutelare i propri diritti, sia per i committenti che per le imprese. Il caso analizzato offre spunti preziosi su come il comportamento del committente al termine dei lavori possa influenzare l’esito di una controversia legale.

I Fatti del Caso: Lavori Difettosi e il Pagamento Conteso

La vicenda ha origine da un contratto d’appalto per la ristrutturazione di un immobile. Al termine dei lavori, l’impresa appaltatrice richiedeva il pagamento del saldo, ottenendo un decreto ingiuntivo per circa 46.000 euro. La committente si opponeva, sostenendo che l’opera presentava numerosi vizi (es. errata posa del porfido esterno, macchie di umidità, problemi alla pavimentazione) e che i lavori erano stati consegnati in ritardo. Contestava inoltre il valore di un presunto riconoscimento di debito. Di conseguenza, non solo chiedeva la revoca del decreto, ma presentava una domanda riconvenzionale per ottenere il risarcimento dei danni e il pagamento di una penale per il ritardo.

La Decisione di Primo Grado: La Denuncia Tardiva dei Vizi

Il Tribunale di primo grado accoglieva solo parzialmente l’opposizione della committente. Pur revocando il decreto ingiuntivo, la condannava a pagare una somma ridotta, circa 19.000 euro, calcolata sulla base di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) che aveva quantificato il valore delle opere eseguite. Il giudice rigettava però la domanda riconvenzionale della committente, ritenendo che la denuncia dei vizi fosse avvenuta tardivamente, oltre il termine di 60 giorni dalla consegna previsto dall’art. 1667 c.c., e che fosse inoltre troppo generica. In sostanza, per il primo giudice, la committente aveva perso il diritto alla garanzia per i difetti.

L’Appello e la nozione di Accettazione Tacita

La committente impugnava la decisione dinanzi alla Corte di Appello. L’argomento centrale del suo gravame era l’errata applicazione della normativa sui vizi dell’opera. Sosteneva, infatti, che il termine di decadenza di 60 giorni per la denuncia non fosse mai iniziato a decorrere, poiché essa non aveva mai ‘accettato’ l’opera, né espressamente né tacitamente. Le sue continue lamentele e il rifiuto di pagare il saldo finale erano la prova evidente della sua mancata approvazione (‘gradimento’) dei lavori eseguiti.

La Distinzione Cruciale: Consegna vs. Accettazione dell’Opera

La Corte di Appello ha accolto la tesi della committente, ribadendo un principio fondamentale del diritto degli appalti. La ‘consegna’ è un atto puramente materiale, che consiste nella messa a disposizione del bene al committente. L’ ‘accettazione’, invece, è un atto negoziale con cui il committente esprime il proprio gradimento per l’opera, liberando l’appaltatore dalla responsabilità per i vizi riconoscibili e dandogli diritto al pagamento del prezzo.
L’accettazione tacita, in particolare, si verifica solo quando il committente compie atti incompatibili con la volontà di rifiutare l’opera, come la presa in consegna senza sollevare alcuna riserva.

Le motivazioni della Corte d’Appello

Secondo i giudici d’appello, le prove testimoniali avevano ampiamente dimostrato che la committente si era lamentata dei difetti sia durante l’esecuzione dei lavori sia al momento della loro conclusione, rifiutandosi di saldare il conto proprio a causa di tali vizi. Questo comportamento escludeva categoricamente la possibilità di configurare un’accettazione tacita. Di conseguenza, non avendo mai avuto luogo l’accettazione, il termine di 60 giorni per la denuncia dei vizi non era mai iniziato. La committente aveva quindi pieno diritto di far valere la garanzia.
La Corte ha pertanto proceduto a una nuova quantificazione del dovuto. Dal valore totale delle opere accertato dal CTU (€ 85.720,28) ha sottratto il costo necessario per eliminare i vizi riscontrati (€ 12.994,21). Sottraendo ulteriormente l’importo già versato dalla committente (€ 66.250,00), il debito residuo è stato ridotto a soli € 6.476,07.

Le conclusioni

La sentenza riforma la decisione di primo grado, condannando la committente al pagamento di una somma notevolmente inferiore e compensando interamente le spese legali di entrambi i gradi di giudizio, data la reciproca soccombenza. Questa pronuncia sottolinea l’importanza per il committente di non rimanere inerte di fronte a lavori non eseguiti a regola d’arte. Le contestazioni, anche se non formalizzate in modo analitico, se espresse al momento della consegna, sono sufficienti a impedire che si formi un’accettazione tacita e a conservare il diritto alla garanzia. Per le imprese, è un monito a non considerare la semplice consegna dell’immobile come una liberatoria da ogni responsabilità.

Quando inizia a decorrere il termine di 60 giorni per denunciare i vizi in un contratto d’appalto?
Secondo la sentenza, il termine di 60 giorni per la denuncia dei vizi e delle difformità, previsto a pena di decadenza dall’art. 1667 c.c., inizia a decorrere solo dal momento in cui il committente accetta l’opera, e non dalla semplice consegna materiale della stessa.

Cosa si intende per accettazione tacita dell’opera?
L’accettazione tacita è un’approvazione implicita che si desume da comportamenti del committente che sono inequivocabilmente incompatibili con la volontà di non accettare l’opera. L’esempio classico è la ricezione dell’opera senza sollevare alcuna riserva o contestazione.

Se il committente si lamenta dei difetti al momento della consegna, si può parlare di accettazione tacita?
No. La sentenza chiarisce che le continue lamentele, le contestazioni sui difetti e il rifiuto di pagare il saldo finale al momento della conclusione dei lavori sono comportamenti che escludono la sussistenza di un’accettazione tacita, in quanto manifestano chiaramente la mancanza di ‘gradimento’ dell’opera da parte del committente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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