Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25057 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25057 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2802/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che la rappresentano e difendono giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
SEI SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1482/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 24/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
1. Il Tribunale di Nocera Inferiore con la sentenza n. 934/2015, passata in giudicato, trasferì a RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., un opificio industriale che a costei era stato promesso in vendita da RAGIONE_SOCIALE subordinatamente al pagamento del prezzo pattuito di € 1.187.850,86. Con ordinanza del 23/10/2015, a integrazione dell’anzidetta sentenza, il Tribunale dispose che il corrispettivo dovesse essere versato dalla RAGIONE_SOCIALE entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza in parola, effettuata lo stesso giorno.
Il 28/12/2015 il notaio incaricato dalla RAGIONE_SOCIALE si recò presso la sede della OSER al fine di formalizzare l’offerta reale del prezzo, ma non avendo rinvenuto ivi il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, redasse verbale negativo, notificato il 23/12/2015, ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ.
Dopo che il Monte dei Paschi di Siena non aveva voluto riceversi il deposito della somma su libretto bancario, il 27/2/2017 lo stesso venne effettuato per mezzo dell’Ufficiale giudiziario presso la Cancelleria del Tribunale, mediante cinque assegni circolari tratti sul Banco di Napoli.
A questo punto COGNOME agì in giudizio chiedendo dichiararsi l’inefficacia del trasferimento a cagione del mancato avveramento della condizione sospensiva costituita dal pagamento del prezzo e, in ogni caso, la risoluzione del rapporto costituito ex art. 2932 cod. civ., dovuta al grave inadempimento della controparte, con condanna al rilascio dell’immobile detenuto da quest’ultima. Domande resistite dalla convenuta, che, a sua volta, agì in via riconvenzionale.
L’adito Tribunale, con sentenza n. 186/2018, rigettò la domanda principale e, accolta quella incidentale, dichiarò la validità del deposito effettuato il 27/2/2017.
Il 3/7/2019 la OSER non poté effettuare il ritiro dei titoli, che aveva preannunciato alla S.E.I. il 25/6/2019, per l’insorgere di contrasti e incertezze a riguardo d’una eventuale autorizzazione del giudice.
Davanti alla Corte d’appello di Salerno, presso la quale pendeva il giudizio d’impugnazione della sentenza del Tribunale del 2018, e in favore della quale era stata declinata la competenza dal Giudice dell’esecuzione, in relazione alla procedura di consegna, all’udienza del 10/10/2019, NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante della OSER, prese in consegna i titoli.
Va soggiunto che con l’istanza del 4/9/2019 la OSER aveva affermato di avere interesse al ritiro degli assegni, siccome riporta la sentenza d’appello, <>.
Come si è anticipato, la sentenza del 2018 venne impugnata da OSER, la quale addebitò al Tribunale di avere errato per non avere dichiarato inefficace, per il mancato avveramento della condizione sospensiva del pagamento del prezzo o, comunque, risolto il rapporto costituito, ex art. 2932 cod. civ., per sentenza, con condanna al rilascio e, sotto altro profilo, per non avere dichiarato invalido il deposito.
La Corte salernitana rigettò l’impugnazione.
Queste, in sintesi, le ragioni del decidere che qui vengono in rilievo:
-il ritiro della somma depositata integrava l’accettazione e quindi, a un tempo, soddisfaceva la condizione sospensiva apposta
al trasferimento ex art. 2932 cod. civ. ed escludeva <>;
ciò in quanto non era stata dedotta causa ostativa alla valutazione anzidetta del comportamento della parte creditrice;
a diversa conclusione non poteva portare la circostanza che la difesa di essa creditrice all’udienza del 10/10/2019 aveva dichiarato che il ritiro veniva effettuato <>;
-l’accettazione del deposito aveva natura negoziale e importava la liberazione del debitore, essendo <> , da ciò ne derivava l’efficacia retroattiva dell’effetto liberatorio, determinando l’estinzione dell’obbligazione;
-la circostanza che OSER avesse insistito nei motivi d’appello non costituiva riserva idonea a far escludere l’effetto liberatorio per la parte debitrice, stante che <>;
nelle obbligazioni pecuniarie è necessario che entro il termine previsto pervenga l’offerta, <>;
correttamente il Tribunale aveva valorizzato, secondo i canoni di correttezza e buona fede, che il deposito era avvenuto in un
tempo <>;
-non aveva pregio, e, peraltro, era nuova, l’eccepita diversità fra gli assegni circolari offerti formalmente e quelli poi depositati, stante <>.
RAGIONE_SOCIALE ricorre sulla base di quattro motivi e l’intimata resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Con il primo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
La ricorrente, riportati quelli che assume essere stati i suoi motivi d’appello, deduce che la Corte di merito, piuttosto che esaminare i motivi d’impugnazione, si era pronunciata esclusivamente sulla <>, ritiro che era stato effettuato con riserva, <>.
4.1. Il motivo è infondato.
La Corte locale a pagina 6 della sentenza mostra di avere piena consapevolezza delle questioni dibattute: <>.
Indi, giunge alla conclusione che il ritiro della somma depositata implicava l’accettazione del deposito, così realizzando la condizione sospensiva di cui alla sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., e, a un tempo, la <>.
Deve, quindi, escludersi che la pronuncia impugnata abbia omesso di decidere sui motivi d’impugnazione, quanto, piuttosto, deve affermarsi che essa ha deciso non accogliendo la prospettazione impugnatoria.
In disparte, vale comunque la pena osservare che questa Corte, con giurisprudenza uniforme, ha avuto modo di spiegare che non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Cass. Sez. 2, n. 20718, 13/08/2018, Rv. 650016; conf. ex multis, Cass. n. 30560/017, n. 20718/018, n. 29191/017, n. 24155/017, n. 20311/011, n. 10696/07, n. 5351/07 e n. 16788/06).
Con il secondo motivo viene denunciata violazione dell’art. 1210 cod. civ.
Deduce la ricorrente di avere ritirato i titoli con riserva, senza rinuncia ai motivi di gravame, mentre l’accettazione liberatoria per la controparte avrebbe dovuto essere incondizionata.
5.1. Il motivo è infondato.
La Corte di Salerno ha sul punto affermato che: <>. Prosegue la sentenza affermando che l’accettazione del deposito costituisce modalità liberatoria,
subordinata solo ai requisiti di validità e capacità dell’accettante propri degli atti negoziali, con effetto liberatorio retroattivo determinante l’estinzione dell’obbligazione come nella ‘datio in solutum’. Infine, la sentenza espressamente nega che il richiamo ai motivi d’appello potesse costituire una riserva idonea ad escludere l’effetto tipico di cui all’art. 1210 cod. civ., in poiché essa riserva avrebbe dovuto riguardare la congruità della somma in sé e non già la mera regolarità del procedimento.
Il ragionamento, in sintesi, sopra riportato è corretto, essendo conforme al principio di diritto enunciato da questa Corte, secondo il quale, nell’ambito del procedimento di liberazione coattiva del debitore, l’accettazione, anche tacita, del deposito, secondo l’espressa previsione dell’art. 1210 c.c., ha effetto liberatorio, con efficacia retroattiva (alla data del deposito stesso) e determina l’estinzione dell’obbligazione, con effetto assimilabile a quello della “datio in solutum”. Da ciò consegue che, una volta intervenuto il ritiro da parte del creditore della somma depositata, senza sollevare riserve, non vi è luogo ad alcuna valutazione sulla congruità della prestazione depositata ed accettata, la stessa non può più essere messa in discussione sotto il profilo dell’esattezza dell’adempimento ed il debitore non potrà richiedere indietro la somma depositata (in applicazione del principio enunciato, la S.C., con riferimento a una fattispecie in cui il creditore aveva ritirato la somma depositata ai sensi dell’art. 1210, comma 1, c.c., ha statuito che in tal caso il ritiro della somma non configura mera accettazione di una prestazione parziale ma comportamento concludente di accettazione tacita del deposito, con i conseguenti effetti liberatori di cui all’art. 1210, comma 2, c.c.: v. Cass. Sez. 2, n. 19261, 19/07/2018, Rv. 649705).
Ciò val quanto dire che la riserva, paralizzante l’efficacia liberatoria dell’accettazione, deve concernere l’entità e la qualità dell’offerta e non già investire profili riguardanti la regolarità formale del procedimento d’offerta reale.
Per vero, una tale conclusione risulta pienamente soddisfare l’interesse del creditore, che s’identifica nella esatta corrispondenza dell’offerta reale al credito dal medesimo vantato, in difetto della quale egli può legittimamente enunciare riserva. Ove, invece, non emerga una tale discrasia, ritirata l’offerta (nella specie gli assegni), gli eventuali vizi procedurali non possono inficiare la natura liberatoria del ritiro.
Al di là delle espressioni di stile, non consta essere stata identificata la specifica ragione per la quale l’offerta non avesse esatta corrispondenza con il credito vantato.
Gli effetti dell’offerta reale risultano stabiliti dalla legge (art. 1210 cod. civ.) e non è in potere del creditore impedirne l’insorgenza, salvo che, ritirando la somma di denaro, i titoli di credito o le cose mobili (art. 1209 cod. civ.) sollevi riserva a riguardo della congruità dell’offerta, riserva che non può riportarsi a una mera immotivata enunciazione ma deve esplicitare, sia pure in sintesi, in che consista l’incongruità. Diversamente resterebbe annichilito l’effetto legale che discende dall’accettazione dell’offerta.
Il giudizio di convalida, per vero, serve proprio allo scopo di stabilire se il rifiuto d’accettare o l’accettazione con motivata riserva, nel senso che si è chiarito, abbia fondamento giuridico o meno.
6. Con il terzo motivo viene denunciata violazione degli artt. 1362 e 1363 e segg. cod. civ.
La ricorrente assume che le regole sull’ermeneutica impedivano di apprezzare il ritiro dei titoli liberatori dell’offerta, stante l’incompletezza e l’irregolarità del procedimento.
La Corte d’appello, in sostanza, secondo la tesi, aveva malamente interpretato la volontà della OSER, violando i criteri ermeneutici previsti dal codice civile. Aver giudicato accettazione il ritiro dei titoli, prosegue la ricorrente, in violazione del senso letterale delle espressioni utilizzate, contrastava con le norme di legge richiamate.
Più in dettaglio si sostiene che la Corte locale non abbia rispettato i criteri ermeneutici evocati laddove scrive che il ritiro delle somme depositate integrava <>.
Il ritiro deli assegni circolari, prosegue il motivo, non avrebbe potuto essere considerato accettazione ove si fossero apprezzate adeguatamente le espressioni utilizzate dalla ricorrente, attraverso le quali aveva manifestato univoca volontà contraria al verificarsi di un tale effetto.
L’esponente aveva instato per la consegna al solo fine d’impedire la dispersione dei titoli o la prescrizione del diritto a
incassarli. Inoltre, con atto stragiudiziale del 25/6/2019, era stato dato avviso che ‘il ritiro degli assegni depositati non costituisce accettazione dell’offerta reale, essendo la stessa incompleta ed irrituale’. Inoltre, ancora, nel verbale dell’udienza del 10/10/2019 era stata trascritta l’espressione ‘senza rinuncia alle ragioni di gravame’.
6.1. Intimamente connesso al precedente, il motivo in esame è, del pari, infondato.
Proprio per le ragioni esplicitate in relazione al secondo motivo deve escludersi che il giudice possa assegnare significato di accettazione con riserva a un’accettazione piena, perché non sorretta da alcuna dichiarata specifica ragione per la quale l’offerta non avrebbe esatta corrispondenza con il credito vantato, al di là di espressioni vaghe o di stile, che non riportano niente affatto alla specifica contestazione della congruità dell’offerta, cioè alla sua insufficienza a soddisfare pienamente la parte creditrice.
Da ciò deriva che la pretesa violazione delle norme regolanti l’ermeneutica non sussiste affatto, non sussistendo il presupposto di legge per poter interpretare il comportamento del creditore nel senso auspicato.
Sotto altro e concorrente profilo, questa Corte, occupandosi di un tale aspetto in materia di riscatto agrario, ha chiarito che le norme che attengono agli adempimenti di cui all’art. 1208 cod. civ. e seguenti, in tema di offerta reale, vanno interpretate ed applicate alla luce dei principi di buona fede e di cooperazione del creditore nell’adempimento (cfr. Cass. nn. 17975/2023, 19261/2018, 36606/2023). La ricorrente, limitandosi a esternare un’immotivata riserva (tale deve reputarsi, come si è visto, la riserva che non si fondi su un’appalesata specifica incongruità di quanto offerto in
relazione al credito vantato) non mostra di essersi improntato al rispetto di una tale regola, avente, peraltro, portata generale.
Con il quarto motivo viene denunciata violazione degli artt. 1208, 1210, 121, 1498, 1176, 1183 cod. civ.
La ricorrente lamenta che il deposito della somma sia intervenuto a distanza di quattordici mesi dalla scadenza del termine, che definisce <>.
7.1. Il motivo va disatteso.
In primo luogo, va precisato che la rivendicata essenzialità del termine è priva di fondamento. Trattasi d’un immotivato asserto privo di alcun sostegno.
Il termine essenziale è frutto dell’autodeterminazione delle parti contrattuali, le quali inequivocamente (cfr., da ultimo, Cass. nn. 8038/2024, 10353/2020, 32238/2019) stabiliscono che il mancato rispetto del termine, d’importanza decisiva avuto riguardo al sinallagma, importa perciò solo, quale effetto automatico e preventivato, la risoluzione del negozio.
Nel caso in esame, trattandosi di un’obbligazione derivante dal provvedimento giudiziale, non si riscontra una tale concorde determinazione negoziale, ma solo l’individuazione del termine, specificato dal Tribunale con il provvedimento di correzione del 23/10/2015, per il pagamento del prezzo, al quale il trasferimento ex art. 2932 cod. civ. era stato subordinato.
Quanto al resto, correttamente la Corte di merito ha spiegato che il termine per il pagamento deve dirsi rispettato al momento dell’offerta, non rilevando gli adempimenti successivi che si rendano necessari ai sensi dell’art. 1212 cod. civ.
In tal senso è orientata la condivisa giurisprudenza di questa corte, la quale non ha mancato di rilevare che, nelle obbligazioni aventi ad oggetto una somma di denaro, quando il pagamento
mediante offerta reale deve avvenire entro un determinato termine, è sufficiente che entro tale termine intervenga l’offerta, non essendo necessario che entro il predetto termine intervengano anche gli adempimenti previsti dall’art. 1212 c.c. (in particolare, la notifica al creditore del giorno e dell’ora in cui la somma sarà depositata e, in caso di mancata comparizione di quest’ultimo, la notifica del processo verbale di deposito), atteso che le formalità relative al deposito sono solo eventuali e successive alla mancata accettazione dell’offerta reale, ben potendo perciò il debitore procedere alla suddetta offerta nell’ultimo giorno utile per effettuare il pagamento: Cass. Sez. 2, n. 10605, 23/05/2016, Rv. 639954 -01; conf. Cass. n. 3481/2001).
Inoltre, la sentenza impugnata ha confermato il giudizio di congruità del termine, espresso dal Tribunale, entro il quale è poi intervenuto il deposito, tenuto conto dei canoni di correttezza e buona fede cui erano tenute le parti negoziali.
Né la ricorrente oggi specificamente contesta il punto motivazionale attraverso il quale la Corte territoriale ha affermato che l’esponente, allora appellante, non aveva aggredito la duplice ‘ratio decidendi’ di primo grado (irrilevanza temporale degli adempimenti ex art. 1212 cod. civ. e apprezzamento sulla correttezza e buona fede).
Rigettato il ricorso nel suo complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore del controricorrente, con distrazione in favore del suo difensore.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30
gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 14.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avvocato NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda