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Accesso al fondo altrui: limiti e condizioni in edilizia

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21345/2024, ha chiarito i limiti del diritto di accesso al fondo altrui. Nel caso esaminato, i proprietari di un appartamento al piano terra chiedevano di passare attraverso il sottotetto privato del vicino per accedere al tetto comune. La Corte ha stabilito che tale diritto non include la facoltà di imporre modifiche permanenti alla proprietà altrui, come l’allargamento di una botola. La richiesta di accesso è stata respinta anche perché l’esistente passaggio era troppo piccolo e insicuro, e perché esisteva una soluzione alternativa, sebbene più costosa.

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Accesso al fondo altrui: quando il vicino può dire di no?

Il diritto di accesso al fondo altrui per eseguire lavori o riparazioni sulla propria proprietà è una questione delicata che spesso genera conflitti tra vicini. L’articolo 843 del Codice Civile cerca di bilanciare il diritto di proprietà con la necessità pratica di manutenzione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 21345 del 2024, offre chiarimenti cruciali sui limiti di questo diritto, stabilendo che non si può costringere il vicino a subire modifiche permanenti sulla sua proprietà.

I Fatti: una botola contesa per l’accesso al tetto comune

Il caso riguarda i comproprietari di un appartamento al piano terra di una villetta bifamiliare. Essi avevano la necessità di accedere al tetto comune per installare pannelli solari, un’antenna televisiva ed effettuare manutenzioni. L’unico modo per raggiungere il tetto era attraverso una piccola botola di 30×30 cm situata nel vano scale, di proprietà esclusiva del vicino dell’appartamento sovrastante. Questa botola dava accesso al sottotetto, anch’esso privato, dal quale si poteva poi salire al tetto tramite un lucernario.

I comproprietari chiedevano non solo il permesso di passare, ma anche di allargare la botola a proprie spese per rendere l’accesso più agevole e sicuro. Il proprietario del piano di sopra si opponeva, dando il via a una lunga vicenda giudiziaria.

Il percorso giudiziario e i limiti dell’accesso al fondo altrui

Dopo vari gradi di giudizio, la questione è giunta alla Corte d’Appello, che ha respinto le richieste dei comproprietari. Secondo i giudici di merito, il diritto di accesso ex art. 843 c.c. non consente di imporre al vicino un intervento modificativo della sua proprietà, come l’allargamento della botola. Inoltre, il passaggio attraverso la botola esistente è stato ritenuto non praticabile in condizioni di sicurezza per una persona adulta. La Corte d’Appello ha anche suggerito una soluzione alternativa: l’utilizzo di una piattaforma telescopica dalla strada pubblica, che, sebbene più costosa per i richiedenti, avrebbe contemperato equamente gli interessi di entrambe le parti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, rigettando quasi tutti i motivi del ricorso. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale: l’accesso al fondo altrui è una limitazione legale della proprietà giustificata da una necessità, ma questa necessità non può tradursi in un’imposizione di modifiche strutturali e permanenti al bene del vicino.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la richiesta di allargare la botola esulava dai limiti dell’obbligazione propter rem prevista dall’art. 843 c.c. Questo articolo permette un passaggio temporaneo, non una modifica definitiva. La valutazione sulla pericolosità del passaggio attraverso la botola esistente è stata considerata un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità. Il fatto che il proprietario del piano superiore avesse occasionalmente utilizzato quel passaggio non significava che fosse sicuro o praticabile per chiunque.
La Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione della Corte d’Appello, che aveva bilanciato gli interessi in gioco, considerando la soluzione della piattaforma esterna come un’alternativa valida che, pur avendo un costo maggiore, non violava il diritto di proprietà del vicino. L’unico punto su cui la Cassazione ha dato ragione ai ricorrenti è stata la questione delle spese legali di un precedente giudizio, che erano state erroneamente addebitate nonostante la controparte ne avesse chiesto la compensazione.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida l’interpretazione restrittiva dell’art. 843 c.c. I proprietari che necessitano di accedere alla proprietà del vicino per lavori devono essere consapevoli che:
1. Il diritto di accesso è consentito solo se strettamente necessario e non esistono alternative praticabili (anche se più costose).
2. Tale diritto non conferisce la facoltà di pretendere modifiche permanenti o strutturali sulla proprietà altrui.
3. Il passaggio deve avvenire arrecando il minor disturbo possibile e garantendo la sicurezza.
La decisione sottolinea l’importanza di un equo bilanciamento tra il diritto a mantenere e riparare la propria proprietà e il diritto del vicino a non subire invasioni o alterazioni permanenti della sua.

Il diritto di accesso al fondo altrui (art. 843 c.c.) permette di imporre modifiche alla proprietà del vicino, come l’allargamento di una botola?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto di accesso e passaggio sul fondo del vicino non include la facoltà di imporre un intervento modificativo sulla sua proprietà. L’obbligo del vicino è limitato a consentire il passaggio, non a subire alterazioni permanenti del suo bene.

È possibile chiedere l’accesso al fondo del vicino se esistono soluzioni alternative, anche se più costose?
La sentenza suggerisce di no. La Corte ha ritenuto legittima la valutazione dei giudici di merito che, nel bilanciare gli interessi delle parti, hanno dato rilevanza all’esistenza di una soluzione alternativa (una piattaforma telescopica esterna), anche se più costosa per i richiedenti, per evitare di ledere il diritto di proprietà del vicino.

Cosa succede se una parte processuale chiede la compensazione delle spese e il giudice invece la condanna al pagamento?
Il giudice viola il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.). La Corte di Cassazione, su questo punto, ha cassato la sentenza impugnata, poiché la Corte d’Appello non poteva condannare una parte al pagamento delle spese di un giudizio quando la controparte ne aveva espressamente richiesto la compensazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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