Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3974 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 3974 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
Dott. NOME COGNOME – Presidente
VENDITA APPALTO
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 30/01/2024 P.U.
Dott. NOME COGNOME
NOME. Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 33203/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME
COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente nonchè contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME
-controricorrente e ricorrente incidentale –
RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, DELLA VALLE NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME
-intimati –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO TORINO n. 691/2018 depositata il 16/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi, principale ed incidentale.
uditi gli avvocati delle parti che hanno concluso come da rispettivi atti.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva innanzi il Tribunale di Alba la società RAGIONE_SOCIALE, per sentire condannare la convenuta, previa acquisizione della relazione di consulenza tecnica d’ufficio eseguita in seguito al procedimento di accertamento tecnico
preventivo ex art. 696 bis c.p.c. avanti al medesimo Tribunale di Alba, al risarcimento dei danni tutti subiti a causa dei vizi e delle lesioni all’immobile in proprietà di essa attrice quantificati in € 179.763,43, chiedendo altresì la condanna al rimborso degli oneri sostenuti per gli accertamenti geognostici e per l’accertamento tecnico preventivo.
La convenuta società RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio, contestando in fatto ed in diritto le domande attoree, assumendo l’intervenuta prescrizione dell’azione ex art. 1669 c.c. e formulando domanda riconvenzionale per la pretesa corresponsione della residua somma di € 43.971,34, chiedendo di chiamare in giudizio i terzi , l’ AVV_NOTAIO, il AVV_NOTAIO NOME COGNOME e l’ AVV_NOTAIO.
Il Tribunale con sentenza non definitiva dichiarava estinti per prescrizione ex art. 1669, comma 2, c.c. i diritti azionati da NOME COGNOME, e rigettava le ulteriori istanze proposte dall’attrice.
L’attrice formulava riserva di appello.
Con sentenza definitiva il Tribunale accoglieva la domanda riconvenzionale della convenuta circa l’obbligo di pagamento del saldo dei lavori, rigettava la domanda di garanzia verso i terzi chiamati, rigettava le eccezioni di parte attrice, nonché le istanze di garanzia avanzate da parte convenuta verso i terzi tutti, condannava parte attrice a corrispondere a saldo delle spettanze dovute in favore della società RAGIONE_SOCIALE l’importo di € 43.971,34, oltre interessi di cui al d. lgs. n. 231/02, e disponeva la condanna di parte soccombente all’integrale refusione delle spese di lite in favore di parte convenuta nella misura di € 3.972,00, e liquidava
lo stesso importo in favore dei terzi chiamati, il tutto oltre spese non imponibili, rimborso forfettario, IVA e CPA.
NOME COGNOME proponeva appello avverso sia la sentenza parziale che quella definitiva.
RAGIONE_SOCIALE proponeva a sua volta tre motivi di appello incidentale riproponendo altresì le domande svolte nei confronti dei terzi chiamati. Tra questi si erano costituiti soltanto COGNOME NOME, Residence INDIRIZZO e NOME COGNOME.
La C orte d’ Appello di Torino preliminarmente esaminava e rigettava l’eccezione di inutilizzabilità della consulenza svolta in sede di accertamento tecnico preventivo che l’appellante incidentale aveva riproposto per asserita illegittimità del procedimento. Secondo il giudice del gravame, non era configurabile alcuna invalidità per il fatto che il procedimento si era svolto nei confronti solo di alcuni dei soggetti poi individuati come corresponsabili solidali . L’acquisizione e la piena utilizzabilità del la relazione di consulenza depositata nell’ambito del procedimento di accertamento tecnico preventivo non era subordinata ad alcuna specifica richiesta ed era consentita anche nei confronti di chi non ne era stato parte, trattandosi di prova atipica rispetto alla quale tutte le parti avevano avuto la possibilità di interloquire e di avanzare critiche o richieste di chiarimento dell’operato peritale svolto dal co nsulente nominato dall’ufficio.
8.1 La C orte d’ Appello accoglieva il primo motivo di impugnazione dell’appellante principale evidenziando l’erroneità della decisione del Tribunale nella parte in cui aveva esaminato in modo cumulativo e generico l’eccezione di prescrizione per tutti i vizi lamentati, omettendo di esaminare specificamente quelli
relativi alla carenza di isolamento acustico e termico e di considerare gli effetti dell’introduzione del procedimento di accertamento tecnico preventivo che aveva determinato l’interruzione del decorso del termine di prescrizione per tutta la sua durata.
La C orte d’ Appello, pertanto, riteneva non decorso il termine di un anno per l’azione ex articolo 1669 c.c., salvo che per i vizi di isolamento acustico. Con riferimento, invece, al vizio relativo all’isolamento termico e a quello concernente il cedimento statico dell’immobile , l’effettiva consapevolezza dei vizi doveva ritenersi raggiunta solo con l’espletamento della consulenza tecnica in sede di accertamento tecnico preventivo e, dunque, doveva escludersi tanto l’eccezione di decadenza che quella di pres crizione.
8.2 I vizi riscontrati erano gravi in quanto influivano sulla staticità dell’edificio menomandone il godimento in misura apprezzabile. La C orte d’ Appello richiamava la consulenza tecnica ed evidenziava che dalla descrizione dei gravi vizi costruttivi emergeva la responsabilità in capo alla RAGIONE_SOCIALE in qualità di impresa costruttrice-venditrice e in capo al professionista che aveva assunto la direzione dei lavori e che, nonostante le previsioni del progetto assentito, non aveva adeguatamente vigilato al fine di verificare che l ‘impresa vi adempisse , eseguendo le opere a regola d’arte ed in conformità alle prescrizioni tecniche previste. In assenza di specifici elementi di valutazione delle rispettive quote di responsabilità, le colpe rinvenute in capo alla ditta costruttrice e ai due direttori dei lavori dovevano presumersi uguali ai sensi dell’articolo 2055 , ultimo comma, c.c. per ciascuno dei due vizi.
8.3 La domanda di manleva aveva determinato l’estensione automatica del contraddittorio nei confronti anche dell’ingegnere COGNOME, la cui responsabilità era stata acclarata essendo venuto meno ai suoi obblighi di alta vigilanza, non essendosi avveduto che l’impresa non aveva preparato in modo adeguato il terreno, non eliminando i materiali di riporto e non compattando adeguatamente il suddetto terreno. Egli, pur non avendo partecipato all’accertamento tecnico preventivo , aveva avuto piena contezza delle valutazioni tecniche espresse in quella sede dal consulente e non aveva articolato alcuna specifica censura al suo operato.
8.4 La C orte d’ Appello procedeva poi alla quantificazione dei vizi e dei danni.
8.5 Infine, la Corte accoglieva le censure con le quali l’appellante si era lamentato dell’erroneità della condanna al pagamento del saldo delle opere richieste dalla controparte rispetto alla quale aveva contestato l’omesso completamento e il mancato conseguimento del certificato di abitabilità e di conformità degli impianti. Sul punto evidenziava che la dichiarazione del 9 luglio 2002 non integrava un riconoscimento del debito ma solo un accordo sul prezzo e che era onere della controparte fornire prova del proprio esatto adempimento a fronte dell’eccepita mancata ultimazione delle opere, oltre che della loro realizzazione a regola d’arte. Tale onere non era stato assolto. Pertanto , tenuto conto della mancata ultimazione dei lavori, dell’omessa tempestiva consegna dei certificati degli impianti e dei gravi vizi costruttivi, era fon data l’eccezione ex articolo 1460 c.c. che impediva
l’accoglimento della domanda di condanna al pagamento del saldo delle opere.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di cinque motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso e ha proposto a sua volta ricorso incidentale con due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con rispettivi controricorsi sia al ricorso principale che al ricorso incidentale.
Tutte le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto tanto del ricorso principale che di quello incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli articoli 698, 184 e 177 c.p.c. con riferimento all’articolo 696 bis c.p.c. per avere il giudice d’appello ritenuto come facente parte degli atti del processo l’accertamento tecnico preventivo, nonostante l’opposizione della difesa alla sua acquisizione , grazie alla semplice produzione in causa da parte dell’attrice appellante di una semplice copia della stessa.
La ricorrente lamenta che l’acquisizione e l’ingresso dell’ ATP nel successivo giudizio di merito non può essere automatico ma deve avvenire su necessaria istanza di acquisizione delle parti dovendo poi passare il vaglio di ammissibilità e rilevanza previsto dall’articolo 698 c.p.c.
Nel caso di specie ciò non sarebbe avvenuto non essendovi stata una richiesta di acquisizione e tantomeno un provvedimento di ammissione. Agli atti di causa, dunque, vi sarebbe stata solo una
copia informale dell’accertamento tecnico preventivo senza il timbro ufficiale della cancelleria del Tribunale attestante il giorno del suo effettivo deposito.
1.2 Il primo motivo di ricorso è infondato.
Si è più volte ripetuto che non è necessario un provvedimento formale di acquisizione per l’utilizzo della relazione di accertamento tecnico, essendo sufficiente che non vi sia stata alcuna lesione del diritto di difesa della parte che ne lamenti l ‘ irritualità e l’impossibilità di esame.
Il collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto: «L’acquisizione della relazione di accertamento tecnico preventivo tra le fonti che il giudice di merito utilizza per l’accertamento dei fatti di causa non deve necessariamente avvenire a mezzo di un provvedimento formale, bastando anche la sua materiale acquisizione, ed essendo sufficiente che quel giudice l’abbia poi esaminata traendone elemento per il proprio convincimento e che la parte che lamenti la irritualità dell’acquisizione e l’impossibilità di esame delle risultanze dell’indagine sia stata posta in grado di contraddire in merito ad esse» (Sez. 2, Sentenza n. 6591 del 05/04/2016, Rv. 639479 -01; Sez. 2, Sentenza n. 23693 del 09/11/2009, Rv. 610738 – 01).
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli articoli 2943, 2945, comma 1, c.c. e di conseguenza dell’articolo 1669, ultimo comma, c.c.
A parere della ricorrente la fondatezza del precedente motivo di ricorso escluderebbe l’utilizzabilità dell’accertamento tecnico preventivo e, dunque, anche ai fini interruttivi della prescrizione, che potrebbe ritenersi interrotta solamente con il ricorso
introduttivo dell’accertamento ma con effetto istantaneo e non permanente. Dunque, il termine prescrizionale annuale di cui all’articolo 1669 c.c., che era iniziato a decorrere dal marzo 2011, sarebbe stato interrotto il 16 dicembre 2011 con la lettera cui si fa riferimento nella sentenza d’appello e poi sarebbe stato successivamente interrotto con effetto istantaneo con la notifica del ricorso dell’accertamento tecnico preventivo il 26 giugno 2012 . Tale termine, tuttavia, già dal 27 giugno 2012 avrebbe iniziato nuovamente a decorrere e alla data del 27 luglio 2013 sarebbe interamente decorso dal momento che l’atto di citazione è stato notificato il 29 luglio 2013.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è infondato.
La censura da un lato è subordinata all’accoglimento del primo motivo di ricorso e, dunque, ne segue la medesima sorte e dall’altro è comunque infondata in quanto la eventuale non utilizzabilità processuale dell’accertamento tecnico preventivo non avrebbe alcun rilievo rispetto all’effetto interruttivo della prescrizione.
L’accertamento tecnico preventivo, infatti, rientra nella categoria dei giudizi conservativi e, pertanto, la notificazione del relativo ricorso con il pedissequo decreto giudiziale determina, ai sensi dell’art. 2943 c.c., l’interruzione della prescrizione, che si protrae fino alla conclusione del procedimento, ritualmente coincidente con il deposito della relazione del consulente nominato.
Questa Corte ha già ribadito più volte che: «Il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 c.c. a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile
grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera (nella specie, dalla data del deposito della relazione del consulente, nominato in sede di accertamento tecnico preventivo), non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti. L’accertamento del momento nel quale detta conoscenza sia stata acquisita, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto» (Sez. 2, Ordinanza n. 777 del 16/01/2020, Rv. 656833 – 02).
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: falsa applicazione dell’articolo 1460 c.c. con riferimento al rigetto della richiesta della RAGIONE_SOCIALE di condanna della controparte al pagamento della somma di euro 43.971,34, falsa applicazione consistita nella mancata valutazione sia dell’esistenza della buona fede della parte obbligata nel non adempiere sia dell’esistenza dell’importanza dell’inadempimento della ricorrente nonché violazione dell’articolo 112 c.p.c.
La società ricorrente evidenzia che la controparte non aveva mai sollevato contestazioni o fatto solleciti per l’ultimazione dei lavori e non aveva mai eccepito l’inadempimento ex articolo 1460 c.c. se non con la prima memoria ex articolo 183, comma 6, c.p.c. il 10 dicembre 2014.
La C orte d’ Appello nella motivazione di accoglimento dell’eccezione ex articolo 1460 c.c. non avrebbe fatto menzione della possibile buona fede dell’obbligata al pagamento e dell’importanza dell’inadempimento della società esponente.
3.1 Il terzo motivo di ricorso è infondato.
La Corte d’Appello ha ampiamente motivato circa le ragioni dell ‘applicabilità dell’art. 1460 c.c. al caso di specie per il grave inadempimento della RAGIONE_SOCIALE rispetto ai suoi obblighi contrattuali tenuto conto della mancata ultimazione dei lavori, dell’omessa tempestiva consegna dei certificati degli impianti e dei gravi vizi costruttivi.
La ricorrente censura la viola zione dell’art. 1460 c.c. ma in realtà tende ad una rivalutazione in fatto delle risultanze istruttorie al fine di affermare, da un lato, la sua buona fede nel non aver portato a termine i lavori e , dall’altro, la non gravità dell’inadempimento.
Al contrario la Corte territoriale, con apprezzamento di merito ed esposizione adeguata delle ragioni del suo convincimento, ha ritenuto fondata l’eccezione ex articolo 1460 c.c. che impediva l’accoglimento della domanda di condanna al pagamento del saldo delle opere. In questa sede, pertanto, non può che ribadirsi che la valutazione della gravità dell’inadempimento – prendendo le mosse dall’esame dei fatti e delle prove inerenti al processo – è rimessa all’esame del giudice del merito, le cui valutazioni, alle quali il ricorrente contrappone le proprie, non sono sindacabili in sede di legittimità, ciò comportando un nuovo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel giudizio di cassazione.
Di conseguenza, la complessiva censura proposta dal ricorrente si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo,
non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli articoli 112 e 346 c.p.c. nonché degli articoli 115 e 91 c.p.c.
La committente nel giudizio di primo grado aveva chiesto il risarcimento di tutti i danni maggiorati della rivalutazione e degli interessi mentre nel giudizio di appello aveva chiesto solo il pagamento dei danni, senza richiedere la rivalutazione e gli interessi, con evidente rinuncia alle due voci accessorie riconosciute invece dalla C orte d’ Appello con altrettanto evidente violazione degli articoli 346 e 112 c.p.c.
Quanto alla violazione degli articoli 115 e 91 c.p.c. la censura si riferisce alla somma riconosciuta come dovuta alla controparte per la parcella dell’architetto nominato consulente tecnico nell’accertamento preventivo che poteva essere liquida ta solo da parte del giudice che aveva effettuato la prova così come per le fatture dell’avvocato e del consulente tecnico di parte di qui la violazione dell’articolo 91 c.p.c.
4.1 Il quarto motivo di ricorso è infondato.
Il motivo pone due distinte censure. Per il rigetto della prima è sufficiente richiamare il seguente principio di diritto: «La rivalutazione monetaria e gli interessi costituiscono una componente dell’obbligazione di risarcimento del danno e possono
essere riconosciuti dal giudice anche d’ufficio ed in grado di appello, pur se non specificamente richiesti, atteso che essi devono ritenersi compresi nell’originario petitum della domanda risarcitoria, ove non ne siano stati espressamente esclusi» (Sez. 3, Sentenza n. 26374 del 16/12/2014, Rv. 633761 – 01)
La seconda censura è infondata dovendosi dare continuità all’orientamento consolidato secondo il quale: « Le spese dell’accertamento tecnico preventivo “ante causam” devono essere poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente, in virtù dell’onere di anticipazione e del principio di causalità, e devono essere prese in considerazione, nell’eventuale successivo giudizio di merito, come spese giudiziali, da regolare in base agli ordinari criteri di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c. (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 9735 del 26/05/2020, Rv. 658013 – 01).
Da parte della terza sezione si è precisato che le spese per la consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c., rientrano nelle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite, e non hanno natura giudiziale. In ogni caso anche queste non danno luogo ad un’autonoma liquidazione da parte del giudice che ha disposto la consulenza, ma devono essere liquidate all’esito del giudizio di merito, come danno emergente, purché provate e documentate (Sez. 3, Ordinanza n. 30854 del 06/11/2023, Rv. 669454 – 01).
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli articoli 343 c.p.c. e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. con riferimento al capo della sentenza di liquidazione da parte del giudice d’appello delle spese del giudizio di primo grado sostenute dalle parti AVV_NOTAIO e Residence Piasco.
Le spese del primo grado del giudizio a favore di terzi chiamati erano già state liquidate dal primo giudice in complessivi euro 3972, tale liquidazione era stata accettata dalle parti interessate che nel grado di appello non avevano fatto alcun appello incidentale sul punto, di qui la violazione dell’articolo 343 c.p.c. e dell’articolo 112 c.p.c. in quanto la corte nonostante nessuna richiesta in tal senso riliquida al rialzo le suddette spese di lite.
5.1 Il quinto motivo di ricorso è infondato.
Il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, sicché viola il principio di cui all’art. 91 cod. proc. civ., il giudice di merito che ritenga la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 6259 del 18/03/2014, Rv. 629993 – 01).
La Società ricorrente è risultata soccombente all’esito del giudizio di appello con riforma della sentenza di primo grado in favore dell’appellante COGNOME. In tal caso, dunque, il giudice dell’appello deve procedere ad una nuova liquidazione delle spese del giudizio secondo l’esito della lite, sicché nessuna violazione delle norme indicate dalla ricorrente si è realizzata.
Ricorso incidentale di NOME COGNOME
6. Il primo motivo del ricorso incidentale censura la sentenza per violazione dell ‘art. 698, comma 3, c.p.c. il quale prescrive che
i processi verbali delle prove non possono essere prodotti né richiamati né riprodotti in copia nel giudizio di merito, prima che i mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibili nel giudizio stesso, facendo – illegittimamente – entrare la consulenza per RAGIONE_SOCIALE (peraltro in copia informe non essendo presente alcuna certificazione di autenticità) tra le carte processuali senza alcuna dichiarazione di ammissibilità nel giudizio stesso.
Il ricorrente incidentale sostiene, pertanto, sulla falsariga dei primi due motivi del ricorso principale che l’ RAGIONE_SOCIALE avrebbe interrotto la prescrizione solo con effetto istantaneo e il termine avrebbe ripreso a decorrere dal giorno successivo senza essere sospesa fino al deposito della relazione.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale la ricorrente censura la sentenza della corte d’Appello di Torino per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, là dove avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di RAGIONE_SOCIALE in ordine all’avvenuta illegittima acquisizione della consulenza di a.t.p.. Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello non avrebbe risposto all’eccezione di omessa tempestiva richiesta di utilizzo delle risultanze peritali in sede di giudizio di merito
Entrambi i motivi del ricorso incidentale sono sostanzialmente adesivi ai primi due motivi del ricorso principale sulla non utilizzabilità dell’accertamento tecnico preventivo, di conseguenza ne seguono la medesima sorte di infondatezza per le ragioni ivi riportate.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e di quello incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido tra loro la ricorrente principale e il ricorrente incidentale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte contro ricorrente che liquida in euro 8500 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e di quello incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione