Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4406 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4406 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11113/2023 R.G. proposto da:
COGNOME rappre sentato e difeso dall’avv. NOME COGNOMETARGA_VEICOLO per procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in proprio e quale legale rappresentante della società, rappresentate e difese dagli avv.ti NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procure speciali in calce al controricorso
-controricorrenti e ricorrenti incidentalicontro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOMECODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procure speciali in calce al controricorso
-controricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALEs. di NOME RAGIONE_SOCIALE. e di COGNOME
-intimato- avverso sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 742/2023 depositata il 14/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1 La Corte d’Appello di Palermo , con sentenza del 14/4/2023, in accoglimento del reclamo ex art. 18 l. fall. proposto da NOME COGNOME in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ha revocato la sentenza dichiarativa del fallimento della società e della socia illimitatamente responsabile, emessa dal Tribunale di Marsala su istanza del dottore commercialista NOME COGNOME affermatosi titolare di un credito da prestazioni professionali documentato da un atto ricognitivo e accertato con sentenza di primo grado, impugnata dalla s.a.s, la cui efficacia esecutiva era stata però sospesa dal giudice d’appello.
La corte del merito, a sostegno della decisione, ha rilevato : che il documento ricognitivo lasciava solo presumere l’esistenza del rapporto negoziale sottostante; che numerosi indicatori (mancato invio delle fatture per l’opera prestata; mancata formalizzazione anche solo di una voce ‘fatture da ricevere’ nella contabilità della s.a.s; mancata inclusione del debito nei bilanci della società, predisposti dallo stesso COGNOME; omessa consegna a NOME COGNOME – subentrata a NOME COGNOME moglie del creditore istante, nella qualità di socia accomandataria della RAGIONE_SOCIALE dell’atto di
riconoscimento del debito da quest’ultima sottoscritto) se non consentivano di negare l’esistenza del rapporto, lasciavano invece dubitare dell’onerosità de lla prestazione del commercialista; che, peraltro, escluso o fortemente ridimensionato il credito di NOME COGNOME non ricorrevano altri indicatori dell’insolvenza della società, posto che allo stato passivo erano stati ammessi crediti correnti e di modesta entità o crediti per TFR e verso banche diretta conseguenza della cessazione dei rapporti di lavoro e dello scioglimento dei contratti bancari per effetto del fallimento e che i bilanci degli esercizi 2018/2021 evidenziavano un valore positivo della produzione e l’attitudine dei ricavi a superare i costi. La corte palermitana ha pertanto dichiarato assorbito il reclamo incidentale del creditore istante, che lamentava che il fallimento non fosse stato esteso, ai sensi dell’art. 147 l. fall., alla c.d. supersocietà di fatto costituita dalla s.a.s. e dalla sRAGIONE_SOCIALE. COGNOME Leonardo e, per quanto in questa sede ancora interessa, ha ritenuto che COGNOME avesse colpevolmente richiesto il fallimento della reclamante, perciò indicandolo quale soggetto a carico del quale andavano poste le spese della procedura e il compenso del curatore.
2 NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato ad otto motivi. RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con separati controricorsi, quello della RAGIONE_SOCIALE contenente anche ricorso incidentale per quattro motivi. Il Fallimento non ha svolto attività difensiva. Il ricorrente principale e le ricorrenti incidentali hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE
I motivi del ricorso principale possono così riassumersi:
1.1. violazione e falsa applicazione dell’art. 6 l.fall., per avere la corte del merito negato la legittimazione di COGNOME ad instare per il fallimento nonostante il suo credito fosse stato accertato con la
sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione della s.a.s. al decreto ingiuntivo notificatole in forza dell’atto ricognitivo del debito, discostandosi da tale decisione per ragioni apparenti, contraddittorie ed infondate;
1.2. – violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e 2733 c.c., per aver il giudice palermitano ritenuto che la prestazione resa dall’ istante fosse a titolo gratuito, nonostante l’assenza di una allegazione in tal senso da parte della reclamante e l’esistenza, per contro, di un a scrittura dalla stessa proveniente che ne riconosceva espressamente la natura onerosa;
1.3. – omesso esame del fatto decisivo e controverso costituito dall’andamento del bilancio 2021, dal quale emergeva un patrimonio netto negativo della società, valutabile ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza ;
1.4. violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l. fall., per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’esistenza d el credito dell’Asaro o ritenuto questo ‘ fortemente ridimensionato ‘ , ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza ;
1.5. – nullità della sentenza ai sensi degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost. per motivazione meramente apparente in ordine all’accertamento negativo dell’insolvenza;
1.6. – nullità della sentenza ai sensi degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost. per motivazione illogica e contraddittoria in riferimento al medesimo accertamento: in particolare, là dove la corte territoriale ha affermato che dai bilanci relativi agli esercizi finanziari del periodo 2018-2021 emergeva il valore ‘ positivo della produzione ‘ e l’ ‘ attitudine dei ricavi a soverchiare i costi ‘ , quando invece le altre risultanze del bilancio testimoniavano l’esatto opposto , ossia la presenza di perdite di esercizio e di un patrimonio netto negativo;
1.7. – nullità della sentenza ai sensi degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost., ancora una volta per motivazione apparente in punto di
accertamento dell’ insussistenza dello stato di insolvenza, perché la corte d’appello non si sarebbe confrontata con i dati e con gli accertamenti della perizia di parte del dr. NOME COGNOME, prodotta dal ricorrente;
1.8. – nullità della sentenza, sempre ai sensi degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost., per motivazione apparente con riferimento all ‘indicazione del creditore istante quale soggetto tenuto a rifondere le spese della procedura fallimentare ed a pagare il compenso del curatore.
Il primo e il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili.
2.1. Questa Corte afferma che, ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza, il giudice della fase prefallimentare, a fronte della ragionevole contestazione del credito vantato dal ricorrente, deve procedere all’accertamento, sia pur incidentale, dello stesso, salvo che la sua esistenza risulti già accertata con una pronuncia giudiziale a cognizione piena, potendo, in tal caso, onde adempiere al suo dovere di motivazione, limitarsi ad un mero rinvio ad essa, con l’obbligo, invece, ove rilevi significative anomalie, tali da giustificare il dubbio sulla correttezza della conclusione ivi raggiunta, di dare specificamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad allontanarsi dalla precedente decisione (cfr.Cass. 23983/2022 17689/2018, n. 27689 e 5001/2016).
2.2. Orbene, la corte distrettuale ha compiuto un accertamento di non infondatezza delle allegazioni difensive della reclamante e dei fatti da essa rappresentati a sostegno dell’asserita insussistenza del credito (non assistito da un titolo giudiziale esecutivo, stante l’avvenuta sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado) evidenziando i plurimi elementi che deponevano per la gratuità delle prestazioni dedotte in causa, rese da COGNOME in favore di una società contro cui non aveva avanzato alcuna pretesa fino a quando era stata amministrata dalla moglie, la quale, d’altro canto,
aveva sottoscritto l’atto di riconoscimento del debito appena prima del subentro nella sua posizione di NOME COGNOME senza però consegnarlo a quest’ultima.
2.3. Si è, quindi, al cospetto di accertamenti in fatto insindacabili in sede di legittimità, che il ricorrente avrebbe potuto censurare solo mediante la precisa indicazione del fatto decisivo omesso, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c. per come costantemente interpretato da questa Corte a partire da Cass. S.U. n. 8053/2014.
Il secondo motivo non merita accoglimento.
3.1. Non può predicarsi la sussistenza del vizio di ultrapetizione, in quanto la qualificazione della prestazione offerta dal professionista a favore della società in termini di onerosità o gratuità rientrava nell’accertamento incidentale demandato al giudicante in ordine alla sussistenza del credito, contestato dalla reclamante sia nell’ an sia nel quantum. Né la corte di merito ha posto a fondamento della decisione, in violazione dell’art. 115 c.p.c., prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutile.
4 Il terzo motivo è inammissibile.
4.1. La nozione di insolvenza è stata precisata dalla giurisprudenza come lo stato in cui versa il debitore che non è “più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”, e di cui vanno ritenuti indici tanto gli “inadempimenti” quanto gli “altri fatti esteriori”. L’insolvenza differisce dall’inadempimento, poiché non indica un fatto, e cioè un avvenimento puntuale, ma appunto uno stato, e cioè una situazione dotata di un certo grado di stabilità. Costituisce, del resto, principio giurisprudenziale costante e consolidato che lo stato d’insolvenza dell’imprenditore commerciale, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, “si realizza in presenza di una situazione d’impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle
condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività, mentre resta in proposito irrilevante ogni indagine sull’imputabilità o meno all’imprenditore medesimo delle cause del dissesto, ovvero sulla loro riferibilità a rapporti estranei all’impresa, così come sull’effettiva esistenza ed entità dei crediti fatti valere nei suoi confronti” (fra molte, Cass. S.U. 115/01, Cass. S.U. 1997/03 e via via fino alle più recenti). Da tanto consegue che ai fini della dichiarazione di fallimento è necessario e sufficiente, sul piano del riscontro oggettivo di quello specifico status , l’accertamento di una situazione d’impotenza economico-patrimoniale, idonea a privare il soggetto della possibilità di far fronte, con mezzi “normali”, ai propri debiti; accertamento ben suscettibile di esser desunto, dunque, più che dal rapporto tra attività e passività, dalla impossibilità dell’impresa di continuare a operare proficuamente sul mercato, fronteggiando con mezzi ordinari le obbligazioni ( Cass. n. 2830/01).
4.2. E’ stato anche precisato che il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza o meno dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, ove sorretto, come nel caso di specie, da una motivazione esauriente e giuridicamente corretta (Cass. 17105/2019, 23437/2017, 7252/2014).
4.3. La corte del merito, dopo aver escluso qualsiasi valenza sintomatica dello stato di insolvenza al mancato pagamento dell’asserito credito del professionista, ha fondato il proprio convincimento circa l’insussistenza di una condizione della società di impotenza funzionale a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa anche sui risultati degli esercizi finanziari del periodo 20182021, che evidenziavano ‘ valore apprezzabilmente positivo della produzione, l’attitudine dei ricavi a soverchiare i costi della produzione ‘.
4.4. La censura di omesso esame del dato inerente il valore negativo di € 56.096,67 (valore non rinvenibile nel bilancio aziendale in atti, ma frutto di deduzioni contabili fatte dal ricorrente) si risolve nella inammissibile denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito, rispetto a quella a cui – secondo il ricorrente – si sarebbe dovuti pervenire: valgono dunque le considerazioni già svolte sub. 2.3.), spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass., 24035/2018; 21152/2014 e 11511/2014).
Il quinto, il sesto e il settimo motivo, da esaminare congiuntamente in quanto tutti e tre lamentano nullità della sentenza per motivazione apparente o contraddittoria in ordine allo stato di insolvenza, sono infondati.
5.1. Il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr. Cass. n. 33961/2022; 27501/2022; 26199 /2021;1522/ 2021; 395/2021;23684/ 2020; 20042/ 2020; 9105 / 2017; 9113 /2012). Ne deriva che è possibile ravvisare una ‘motivazione apparente’ nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’ iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo. Un simile vizio, inoltre, deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione
effettiva (cfr. Cass. n. 33961/2022; 27501/2022; 395/2021; 26893/2020;22598/2018; 23940 / 2017).
5.3. Nel caso di specie l’accertamento in ordine all’ insussistenza dello stato insolvenza risulta invece fondato su una concisa, ma chiarissima e logica esposizione delle ragioni che lo sorreggono. Né, d’altro canto, il vizio denunciato nei motivi in esame può risiedere, così come pretenderebbe il ricorrente, nella mancata considerazione di elementi istruttori (in questo caso le censure andrebbero valutate sotto il profilo di cui al n. 5 dell’art. 360, 1° comma c.p.c. e varrebbe quanto già detto sub. 2.3. e 4.4.), né, tanto meno, nel loro ritenuto travisamento, denunciabile ai sensi dell’art. 395 c.p.c.
Anche l’ottavo motivo è infondato in quanto la corte del merito ha ritenuto che COGNOME avesse agito con colpa e dunque, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ha indicato la ragione per la quale ha deciso che le spese della procedura fallimentare ed il compenso del curatore andassero poste a suo carico.
I quattro motivi del ricorso incidentale, con i quali la RAGIONE_SOCIALE e la sua legale rappresentante lamentano, sotto vari profili, che la corte del merito non abbia espressamente pronunciato in ordine al l’eccepito difetto di legittimazione attiva del creditore istante, restano assorbiti dal rigetto del ricorso principale.
Le spese fra ricorrente principale e ricorrente incidentale seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Vanno invece interamente compensate le spese fra NOME COGNOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE, contro la quale il ricorrente non ha svolto alcuna domanda, notificandole il ricorso ai soli fini della litis denuntiatio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale.
Condanna il ricorrente principale a pagare alle ricorrenti incidentali le spese del presente giudizio, che liquida in € 7.200, di cui € 200 per esborsi, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%.
Dichiara interamente compensate le spese fra NOME COGNOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 settembre