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Accertamento illecito: dies a quo per le sanzioni

La Corte di Cassazione ha chiarito un punto cruciale sull’avvio dei procedimenti sanzionatori da parte delle autorità di vigilanza. Analizzando un caso relativo a carenze informative nel prospetto di un istituto di credito, la Suprema Corte ha stabilito che il termine per contestare la violazione non decorre dalla semplice ricezione di informazioni iniziali, ma dal momento in cui l’autorità ha completato l’accertamento dell’illecito, acquisendo tutti gli elementi necessari per una valutazione completa. La sentenza della Corte d’Appello, che aveva annullato la sanzione per tardività, è stata cassata con rinvio.

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L’accertamento dell’illecito e i termini per le sanzioni: la Cassazione fa chiarezza

L’ordinanza in esame affronta una questione di fondamentale importanza per i procedimenti sanzionatori avviati dalle autorità di vigilanza: da quale momento esatto inizia a decorrere il termine per contestare una violazione? La Corte di Cassazione, con una decisione destinata a fare scuola, ha ribaltato la sentenza di merito, sottolineando come l’accertamento dell’illecito non coincida con la mera ricezione di documenti o segnalazioni, ma richieda una fase istruttoria completa. Questo principio protegge la discrezionalità tecnica dell’autorità e garantisce che le sanzioni siano basate su una conoscenza piena e approfondita dei fatti.

I Fatti del Caso

Un ex amministratore di un noto istituto di credito veniva sanzionato dall’Autorità di Vigilanza sui mercati finanziari per un importo di 30.000 euro. La contestazione riguardava carenze informative nel prospetto per un’offerta di azioni al pubblico, in violazione delle norme sulla trasparenza (TUF). L’amministratore si opponeva alla sanzione, sostenendo che l’Autorità avesse avviato il procedimento sanzionatorio in ritardo, ben oltre il termine di 180 giorni previsto dall’art. 195 del TUF.

La Corte d’Appello accoglieva l’opposizione e annullava la delibera sanzionatoria. Secondo i giudici di merito, l’Autorità di Vigilanza era in possesso di elementi sufficienti per avviare l’indagine già diversi anni prima (tra il 2013 e il 2014), a seguito di comunicazioni ricevute dall’autorità di vigilanza bancaria. L’avvio del procedimento solo nel 2016 è stato quindi ritenuto tardivo. Contro questa decisione, l’Autorità di Vigilanza ha proposto ricorso per cassazione.

La questione dell’accertamento dell’illecito e la decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i motivi del ricorso presentati dall’Autorità di Vigilanza, cassando la sentenza della Corte d’Appello. Il cuore della decisione ruota attorno all’interpretazione del concetto di “accertamento” che, secondo la legge, fa scattare il termine perentorio per la contestazione.

La Cassazione ha affermato che il giudice di merito non può sostituirsi all’autorità di vigilanza nel valutare l’opportunità e i tempi dell’esercizio dei poteri di indagine. La valutazione della Corte d’Appello è stata considerata una valutazione “ex post”, basata su una prognosi di ciò che l’Autorità avrebbe dovuto fare, invadendo così un campo di discrezionalità tecnica che non le compete.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha precisato che il dies a quo, ovvero il giorno da cui decorre il termine, non coincide né con la consumazione della violazione né con la mera acquisizione di una notizia generica sulla stessa. L’accertamento dell’illecito è un processo complesso che si conclude solo quando l’autorità di vigilanza ha acquisito e analizzato tutti gli elementi informativi necessari per ricostruire l’illecito in ogni suo aspetto.

Nel caso specifico, l’Autorità di Vigilanza aveva ottenuto i documenti decisivi (i “rilievi ispettivi” dell’autorità di vigilanza bancaria) solo nel maggio 2016, a seguito di un’attività di indagine specifica avviata nel dicembre 2015. Prima di quella data, pur avendo ricevuto comunicazioni, non possedeva un quadro completo e definitivo della situazione. Pertanto, solo da quel momento si poteva considerare definito l’accertamento dell’illecito e, di conseguenza, solo da quel momento iniziava a decorrere il termine di 180 giorni per la contestazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: l’autonomia e la discrezionalità tecnica delle autorità di vigilanza nella gestione delle indagini. Stabilisce che il termine per sanzionare non può essere fatto decorrere da un momento in cui l’autorità ha solo sospetti o informazioni parziali. È necessario che l’istruttoria sia completa. Questa interpretazione garantisce che le decisioni sanzionatorie siano ponderate e basate su una cognizione piena dei fatti, evitando contestazioni affrettate. Per gli operatori del settore, significa che la pendenza di un’indagine può protrarsi per il tempo ragionevolmente necessario all’autorità per raccogliere tutte le prove, senza che ciò comporti automaticamente la decadenza del potere sanzionatorio.

Quando inizia a decorrere il termine per contestare un illecito amministrativo da parte di un’autorità di vigilanza?
Il termine (nel caso di specie, 180 giorni) inizia a decorrere non dal momento in cui l’autorità ha una prima notizia dell’infrazione, ma da quando ha completato l’attività di accertamento, acquisendo tutti gli elementi necessari per ricostruire l’illecito e valutarne la sussistenza.

Può un giudice sindacare i tempi di un’indagine di un’autorità di vigilanza e ritenerla tardiva?
No, un giudice non può sostituirsi all’organo di vigilanza nel valutare l’opportunità e la congruità dei tempi dell’indagine. La valutazione su quando l’accertamento è completo rientra nella discrezionalità tecnica dell’autorità e non può essere sindacata dal giudice dell’opposizione, se non per palesi irragionevolezze.

Qual è la differenza tra la ‘mera constatazione del fatto’ e ‘l’accertamento dell’illecito’?
La ‘mera constatazione del fatto’ è la semplice conoscenza che un evento potenzialmente illecito è accaduto. L”accertamento dell’illecito’, invece, è un processo più complesso che include l’acquisizione, l’analisi e la valutazione di tutto il materiale probatorio necessario per definire l’infrazione in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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