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Abuso strumento monitorio: quando è lite temeraria

Il Tribunale di Roma revoca un decreto ingiuntivo definendolo un’ipotesi di abuso strumento monitorio. Un creditore, già in possesso di un titolo esecutivo definitivo per il suo credito, aveva richiesto un nuovo decreto basandosi su titoli ormai revocati. Il giudice ha accolto l’opposizione, annullando il decreto e condannando il creditore per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., sanzionando la superflua duplicazione processuale.

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Pubblicato il 25 ottobre 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Abuso Strumento Monitorio: la Duplicazione di Titoli Esecutivi è Lite Temeraria

Il principio di economia processuale e il dovere di lealtà impongono alle parti di non aggravare il sistema giudiziario con azioni superflue. Una recente sentenza del Tribunale di Roma offre un chiaro esempio di come l’utilizzo improprio degli strumenti processuali possa configurare un abuso strumento monitorio, sfociando in una condanna per lite temeraria. Il caso analizza la condotta di un creditore che, pur essendo già in possesso di un titolo esecutivo definitivo, ha tentato di ottenerne un secondo, basandosi su provvedimenti giudiziari ormai superati e revocati.

I Fatti del Caso: La Duplicazione dei Titoli Esecutivi

La vicenda trae origine da una richiesta di pagamento per compensi professionali. Un avvocato, per recuperare il proprio credito, aveva inizialmente ottenuto un decreto ingiuntivo e una successiva sentenza di conferma. Tuttavia, nel corso dei vari gradi di giudizio, la Corte d’Appello, con una sentenza passata in giudicato (n. 8018/19), aveva revocato tali titoli, rideterminando in via definitiva l’importo dovuto in una somma inferiore.

Nonostante l’esistenza di questa sentenza, che costituiva un titolo esecutivo valido e definitivo per il recupero del credito (seppur ridimensionato), l’avvocato ha avviato un nuovo procedimento monitorio. Ha fondato questa nuova richiesta su una diversa sentenza della Corte d’Appello (la n. 2825/22), la quale si pronunciava su aspetti accessori (IVA e CPA) relativi ai titoli esecutivi originari, che però erano già stati revocati dalla precedente sentenza definitiva. In sostanza, ha tentato di ‘resuscitare’ una pretesa maggiore basandosi su provvedimenti non più efficaci.

Il debitore si è opposto a questo nuovo decreto ingiuntivo, sostenendo che il creditore stesse abusando dello strumento processuale, in quanto già titolare di un provvedimento definitivo che regolava l’intero rapporto di debito-credito.

La Decisione del Tribunale: Revoca del Decreto e Condanna per Lite Temeraria

Il Tribunale di Roma ha accolto pienamente le ragioni del debitore opponente. Il giudice ha pronunciato i seguenti provvedimenti:

1. Accoglimento dell’opposizione: Il decreto ingiuntivo n. 12466/22 è stato revocato in quanto illegittimo.
2. Condanna alle spese: Il creditore (parte opposta) è stato condannato a rifondere tutte le spese legali sostenute dal debitore per difendersi in giudizio.
3. Condanna per lite temeraria (art. 96 c.p.c.): Riconoscendo l’abuso del processo, il Tribunale ha condannato il creditore a versare al debitore un’ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno, quantificata in un terzo delle spese legali liquidate.

Le Motivazioni: l’abuso dello strumento monitorio e la carenza di interesse

Il cuore della decisione risiede nell’analisi dell’interesse ad agire e del corretto uso degli strumenti processuali. Il giudice ha evidenziato che, al momento dell’instaurazione del nuovo giudizio monitorio, il creditore era perfettamente consapevole che la sentenza n. 8018/19 aveva già definito il suo credito in modo irrevocabile, revocando i titoli precedenti. Pertanto, il suo credito derivava esclusivamente da quella sentenza.

Il Tribunale ha richiamato un consolidato principio della Corte di Cassazione (sent. n. 24646/21), secondo cui un creditore, pur se già munito di un titolo esecutivo, può procurarsene un altro solo se dimostra un concreto interesse ad agire. Tale interesse sussiste solo se il nuovo titolo offre “una maggiore garanzia, tutela o vantaggio rispetto al primo”. Nel caso di specie, questo interesse era totalmente assente. Il creditore non otteneva alcun vantaggio legittimo, ma creava solo un’inutile duplicazione processuale.

L’azione è stata quindi qualificata come un abuso dello strumento monitorio, poiché utilizzata non per ottenere una legittima tutela, ma per tentare di recuperare un credito maggiore basandosi su titoli caducati. Questa condotta, secondo il giudice, integra gli estremi della lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., in quanto il creditore ha agito abusando del processo, pur essendo già in possesso di un titolo valido per soddisfare le sue ragioni.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza sull’abuso strumento monitorio

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: gli strumenti processuali non possono essere utilizzati in modo pretestuoso o per creare inutili contenziosi. Un creditore deve agire secondo i principi di correttezza e buona fede. Quando un rapporto di debito-credito è già stato definito da una sentenza passata in giudicato, è da quel provvedimento che il creditore deve trarre la propria tutela esecutiva. Qualsiasi tentativo di aggirare tale statuizione definitiva, avviando nuove procedure basate su titoli superati, non solo sarà destinato all’insuccesso, ma esporrà il creditore a severe sanzioni economiche, inclusa la condanna per lite temeraria. La decisione serve da monito a utilizzare il procedimento per decreto ingiuntivo solo quando necessario e legittimo, evitando duplicazioni che appesantiscono il sistema giudiziario e danneggiano la controparte.

È possibile richiedere un secondo titolo esecutivo per lo stesso credito?
Sì, ma solo a condizione che sussista un concreto interesse ad agire. Secondo la giurisprudenza citata, ciò avviene quando il nuovo titolo offre una maggiore garanzia, tutela o vantaggio rispetto a quello già posseduto. In assenza di tale interesse, la richiesta è illegittima.

Cosa si intende per abuso dello strumento monitorio nel caso specifico?
Significa aver utilizzato il procedimento per decreto ingiuntivo in modo improprio, non per tutelare un diritto, ma per creare una duplicazione processuale inutile. Nel caso esaminato, il creditore ha richiesto un nuovo decreto basandosi su titoli giudiziari che sapeva essere stati già revocati da una sentenza definitiva, commettendo un abuso.

Quali sono le conseguenze per chi agisce con lite temeraria?
La parte che agisce in giudizio in malafede o con colpa grave può essere condannata, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., non solo a rimborsare le spese legali alla controparte, ma anche a pagarle un’ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno, che il giudice liquida in via equitativa, come avvenuto in questa sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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