Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7930 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7930 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19244/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1405/2021 depositata il 03/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 1405 del 2021 della Corte di appello di Milano, esponendo che:
-aveva convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE con cui aveva concluso due contratti per RAGIONE_SOCIALE di trasporto e attività accessorie, adducendo, in particolare, l’imposizione vessatoria di alcune clausole contrattuali e il correlato mancato riconoscimento di costi supplementari quali quelli per l’assunzione di ulteriori lavoratori oltre che mezzi, nonché l’omologa elusione della promessa di adeguamento tariffario, e, infine, l’arbitraria interruzione delle relazioni commerciali posta in essere dopo aver indotto la deducente a investimenti dai quali quell’abusivo recesso le aveva impedito di rientrare, a fronte dell’impossibilità materiale di trovare sul mercato valide alternative alla controparte e, quindi, di recedere per tempo e per converso essa stessa, dal che la richiesta di accertamento della reiterata violazione RAGIONE_SOCIALE obblighi di buona fede e correttezza, in uno alla condanna non solo alla rifusione dei suddetti maggiori costi, ma, altresì, al risarcimento dei maggiori danni;
-DHL aveva resistito eccependo, in particolare, di avere receduto come da patti contrattuali a fronte della contraria sussistenza d’inadempimenti, nei confronti di lavoratori e
subvettori, da parte della società attrice, che aveva liberamente scelto d’investire per ampliare la sua attività, sostenendo i costi necessari e concordati quali quelli per l’assunzione, con accordo collettivo aziendale sottoscritto anche dalle sigle sindacali, di personale dei precedenti vettori, senza poi recedere come, contrattualmente, avrebbe pure potuto parimenti fare;
-il Tribunale aveva rigettato la domanda con pronuncia confermata dalla Corte di appello che aveva osservato, in specie, che:
-dalle stesse ammissioni difensive di RAGIONE_SOCIALE era emersa la sua libera accettazione delle obbligazioni accessorie da cui erano derivati i pretesi oneri supplementari, in coerenza con clausole pattuite all’esito di una specifica contrattazione tra imprenditori, non sfociata nella sottoscrizione di moduli o formulari, al di là dell’allegata predisposizione delle clausole ad opera di RAGIONE_SOCIALE;
-era riscontrabile una paritaria assenza di un rapporto di esclusiva per entrambe le società;
-era corretta la rivendicazione della disciplina dei costi minimi dei trasporti di cui all’art. 83 -bis, d.l. n. 112 del 2008 quale convertito, posto che fino all’Ottobre 2011 gli stessi erano determinati da parametri ministeriali e dunque non potevano considerarsi lesivi della concorrenza, ma, nondimeno, era infondata della domanda connessa a quella disciplina, per carenza della necessaria prova quanto all’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE trasportatori, alla fatturazione dei RAGIONE_SOCIALE con documentazione del pagamento ricevuto e calcolo dell’ulteriore corrispettivo dovuto, tenuto conto, al contempo, che era stata comunque pattuita una variazione delle tariffe legata a quella di un notevole scostamento del costo del carburante
assunto a parametro, mentre non poteva ricorrersi a consulenze tecniche officiose esplorative e inammissibilmente volte alla ricerca della prova dei fatti primari posti a fondamento della domanda;
-non poteva poi ritenersi sussistente l’abuso di dipendenza economica, in mancanza di prova della concreta impossibilità per RAGIONE_SOCIALE di reperire valide alternative di mercato, se del caso recedendo come avrebbe potuto fare al pari di RAGIONE_SOCIALE, la quale, per trovare ‘partner’ commerciali maggiormente competitivi, aveva esperito un bando di gara verso cui l’attrice non aveva mostrato interesse;
le parti hanno depositato memorie;
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 115, 116, 228, 229, cod. proc. civ., 2730, cod. civ., poiché la Corte di appello, facendo leva su inesistenti ammissioni confessorie non evincibili da differenti deduzioni difensive, avrebbe così errato mancando di accogliere le formulate istanze istruttorie con cui la deducente aveva inteso dimostrare l’abuso di posizione dominante di DHL, a causa del quale la deducente agendo come monomandataria si era esposta economicamente, e il venir meno, della controparte, prim’ancora dell’arbitrario recesso, all’impegno all’adeguamento tariffario essenziale per lo svolgimento dei RAGIONE_SOCIALE di trasporto richiesti, a séguito dei maggiori costi consistiti, in particolare, nell’assunzione di personale e acquisito di mezzi;
con il secondo motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso rappresentato dal contenuto delle sommarie informazioni testimoniali acquisite durante il connesso procedimento penale per turbativa del commercio, pur concluso con archiviazione, da cui emergeva conferma di quanto pure oggetto delle istanze di ammissione delle prove orali di cui alla
prima censura, compresa la sospensione della convenzione bancaria che permetteva alla deducente l’anticipazione dei pagamenti anche ai lavoratori che infine RAGIONE_SOCIALE aveva indotto a dimettersi in massa al momento del recesso, precostituendosi, d’intesa con le associazioni sindacali, un controcredito da opporre alle debenze conclusivamente fatturate dalla società ricorrente per le proprie prestazioni;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1341, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che le clausole contrattuali vessatorie erano state unilateralmente predisposte da RAGIONE_SOCIALE senza possibilità di un’effettiva interlocuzione da parte di RAGIONE_SOCIALE, e senza specifica approvazione scritta, non equivalendo a quella la sottoscrizione delle singole pagine della scrittura, essendosi così strutturato un rapporto affatto paritario, vincolando la deducente a un’esclusiva anch’essa unilaterale nella prestazione dei RAGIONE_SOCIALE alla controparte, che si era aggiunta al canonico ma diverso divieto di concorrenza sleale;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 116, cod. proc. civ., e 83-bis, d.l. n. 112 del 2008, quale convertito, poiché la Corte di appello avrebbe errato addebitando a RAGIONE_SOCIALE la mancata prova dei fatti, invocati per l’adeguamento delle tariffe, che le norme in parola imponevano di dimostrare solo nell’ipotesi di contratti non stipulati in forma scritta, laddove gli stessi erano comunque incontestati e inoltre non erano stati fatti valere con un’azione monitoria quale quella regolata dalla disciplina richiamata, fermo rimanendo che una consulenza tecnica officiosa percipiente avrebbe potuto svolgere tutte le ricostruzioni necessarie a fronte del pacifico e comunque provato incremento del costo del carburante anche pattiziamente posto a base della legittima richiesta di adeguamento tariffario;
con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 115, cod. proc. civ., e 9, legge n. 192 del 1998, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare il complessivo squilibrio di forza economica e contrattuale tra le parti, che avevano portato RAGIONE_SOCIALE a esercitare un recesso che, sebbene formalmente previsto dai patti, aveva assunto modalità abusive in quanto, dopo aver asservito RAGIONE_SOCIALE ai RAGIONE_SOCIALE per cui aveva chiesto ingenti e vincolanti investimenti, imponendo costi imprevisti e imprevedibili con aspettative di ritorno, la suddetta committente, avvalendosi della notoria predominanza sul mercato di riferimento, aveva fatto in modo di spostare la forza lavoro della controparte al nuovo ‘partner’ commerciale prescelto, precostituendosi in specie, con azione concordata con i sindacati, il menzionato controcredito a mezzo dei pagamenti diretti ai lavoratori stessi, pregiudicando ogni equilibrio economico e prospettiva commerciale della ricorrente medesima, con una condotta egoistica scorretta e in malafede;
Considerato che
i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
preliminarmente, anche in relazione a quanto osservato in controricorso, si osserva che sono inammissibili le produzioni dei documenti nuovi anche se successivi alla sentenza impugnata, come nel caso dell’articolo giornalistico allegato sub 3 al ricorso, non afferenti all’ammissibilità di quest’ultimo bensì al merito della pretesa (Cass., 26/05/2020, n. 9685);
va poi subito rimarcato che è inammissibile censura di omesso esame ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., contenuta nel secondo motivo, essendovi stata una doppia decisione conforme dei giudici di merito, a mente dell’art. 348 -ter, quinto comma, cod. proc. civ., applicabile ‘ratione temporis’, peraltro al contempo
reintrodotto dal d.lgs. n. 149 del 2022, come previsto dall’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ.;
né parte ricorrente ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni di merito sono state diverse (Cass., 22/12/2016, n. 26774, Cass., 28/02/2023, n. 5947);
ciò posto, deve innanzi tutto escludersi la fondatezza della terza censura, afferente alla pretesa violazione dell’art. 1341, cod. civ.;
i contratti “per adesione”, considerati dalla norma e dell’art. 1342, cod. civ., rispetto ai quali sussiste l’esigenza della specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie, sono infatti soltanto quelle articolazioni negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (ove, cioè, predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie), mentre esulano da tale categoria i contratti -come nel caso si è in fatto accertato che fossero -(pur) predisposti da uno solo dei due contraenti in previsione e con riferimento a una singola, specifica vicenda negoziale, rispetto ai quali l’altro contraente può, del tutto legittimamente, richiedere e apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto, nonché, a maggior ragione, quelli in cui il negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative tra le parti (Cass., 19/03/2018, n. 6753);
ciò detto, tutte le deduzioni svolte in ricorso sulla pretesa vessatorietà, rimangono assorbite ovvero inutilmente articolate;
peraltro, e ciò rileva anche ai fini della ricostruzione del preteso abuso di dipendenza economica, risulta anche infondata la deduzione inerente alla sussistenza del vincolo di esclusiva in favore di una sola delle parti contrattuali e carico solo dell’altra;
infatti, parte ricorrente mostra di confondere l’impegno di RAGIONE_SOCIALE a non fornire RAGIONE_SOCIALE in concorrenza con RAGIONE_SOCIALE, a clienti di quest’ultima (pag. 42 del ricorso), e il divieto di fornire analoghi RAGIONE_SOCIALE di trasporto a chiunque (pag. 43 del ricorso);
nel primo caso, quello oggetto di pattuizione, si tratta di effettuare trasporti altrimenti suscettibili di esser presi in carico da DHL, nel secondo, ben diverso, si tratta di poter fornire RAGIONE_SOCIALE ad aziende come DHL, che non costituiscono, evidentemente, ‘clienti’ di quest’ultima, bensì altri committenti (v. pag. 51 del controricorso);
ne deriva che è corretta l’affermazione della Corte territoriale sulla paritaria assenza di un vincolo di esclusiva;
in questa cornice, si rivela infondata la prima censura che, in simmetrica connessione con la seconda, contesta il diniego di prova sulla descritta ricostruzione fattuale dell’odierna ricorrente;
in primo luogo, si discorre ripetutamente di non meglio precisate ‘promesse’ indicate come effettuate da non meglio specificati ‘funzionari’ di RAGIONE_SOCIALE, in un caso, due mesi prima del ricordato recesso, con un non meglio precisato ‘parere positivo del dottAVV_NOTAIO COGNOME, dirigente della RAGIONE_SOCIALE‘ (pag. 24 del ricorso), aventi ad oggetto adeguamenti tariffari;
di qui la correttezza, ‘parte qua’, della statuizione di genericità dei capitoli di prova non ammessi, formulata dalla Corte di appello (pag. 42 della sentenza gravata);
in secondo luogo, non è dato capire compiutamente se e come gli adeguamenti tariffari in parola siano stati in tesi distintamente riferiti al parametro pattizio correlato al costo del carburante, ai minimi tariffari ex art. 83-bis, citato, ovvero a una successiva revisione dei contratti stipulati;
quanto a quest’ultima non è dato comprendere a quale titolo essa avrebbe dovuto, in tesi, costituire un obbligo, e come si coordini tutto ciò con la prospettazione di corrispettivi per ulteriori
attività ‘di volta in volta richieste’ e da negoziare al pari delle menzionate intese riferite alle ‘peculiarità operative legate alle caratteristiche dei prodotti e dei luoghi di consegna da raggiungere’ (pag. 3 del ricorso);
sul punto la parte ricorrente mira a ottenere una rilettura istruttoria, inammissibile in sede di legittimità, volta a sopperire alla carenza di concludenza delle richieste di ammissione probatoria discusse, inclusa quella afferente alle assunzioni distintamente e specificatamente concordate con le sigle sindacali dalla stessa RAGIONE_SOCIALE;
al riguardo, quindi, le ‘ammissioni’ difensive sottolineate dalla Corte di appello si palesano come uno solo RAGIONE_SOCIALE indici presuntivi come tali correttamente tenuti in conto (Cass., 19/03/2019, n. 7702), al di là delle locuzioni utilizzate;
anche quanto al costo del carburante e ai costi minimi regolamentati, la ricorrente evoca fatti notori che tali non sono (prezzo pagato per il carburante), e non meglio precisati documenti (pag. 45 del ricorso) che non si allega, come necessario per il principio di specificità del ricorso per cassazione, siano attestazioni dei pagamenti per specifiche distanze percorse, e che la controparte indica, non a caso, costituire una complessiva elaborazione sul più generico aumento dei costi di gasolio per autotrazione (pag. 55 del controricorso);
va sottolineato che in memoria parte ricorrente fa richiamo specificativo, sul punto, ai documenti prodotti in prime cure, senza incidenza su quanto detto, tenuto inoltre conto della natura meramente illustrativa dell’atto in parola;
sui costi minimi regolamentati, va detto che parte ricorrente oblitera che a mente dell’evocato comma 6 dell’art. 83 -bis, cit. (pagg. 45 e specie 46 del ricorso), ‘ratione temporis’ applicabile (cfr. Corte cost., 02/03/2018, n. 47, idoneamente rammentata dalla Corte territoriale a pag. 35), per contratti stipulati in forma
scritta s’intendono quelli ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, ovvero quelli i cui elementi essenziali sono , tra l’altro, l’ iscrizione del vettore all’RAGIONE_SOCIALE conto di RAGIONE_SOCIALE, le corrispondenze con la carta di circolazione, e le modalità di pagamento dello specifico trasporto effettuato dunque da documentare;
il contesto di riferimento ha portato perciò il Collegio di merito a escludere, implicitamente quanto correttamente, che l’essenziale prova dei detti fatti costitutivi fosse richiesta solo per il tipizzato ricorso alla procedura monitoria di cui al seguente comma 9;
l’onere di contestazione, poi, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto quando i fatti in parola siano noti alla parte, con la conseguenza che spetta a chi denunci la violazione del principio di non contestazione allegare che la controparte era a conoscenza della circostanza, non essendo altrimenti configurabile a carico della predetta un onere di contestazione (cfr. Cass., 15/02/2023, n. 4681);
all’esito di questa disamina, la censura di abuso commerciale -da cui è necessario distinguere le ricadute negative del rischio proprio di un’iniziativa imprenditoriale, nel caso di ampliamento della propria azione commerciale con un ‘partner’ di già acquisita rilevanza -si palesa un tentativo di riesame del merito, precluso davanti a questa Corte;
in ogni caso la censura stessa non intacca la sostanziale e conclusiva ragione decisoria della Corte territoriale per cui -in un quadro di ricostruita esclusione di una disparità contrattuale che davvero, come tale, potesse costituire indice di un abuso di dipendenza economica (piuttosto che di una posizione dominante rilevante ai diversi fini della tutela della concorrenza), ex art. 9, legge n. 192 del 1998 -non è stata data la necessaria prova della concreta impossibilità di reperire alternative di mercato;
non solo l’ultima censura non spiega dove e come sarebbe stata offerta la specifica dimostrazione di ciò, ma anzi, come rivela il capitolo riportato a pag. 27 del ricorso, e mirato a dare dimostrazione di un ipotizzato danno risarcibile, RAGIONE_SOCIALE ha affermato di aver avuto offerte contrattuali da società concorrenti rispetto a RAGIONE_SOCIALE sin dal giugno 2000, ovvero da un mese dopo il primo contratto, fino a tutto il 2014, anno del recesso, ciò rappresentando l’esatto opposto dell’impossibilità di reperire alternative di mercato suscettibili di essere colte esercitando il previsto diritto di recesso;
quest’ultimo, dunque, come visto paritario, nella legittima ricostruzione fattuale della Corte di appello non ha potuto dirsi essere stato arbitrariamente esercitato dalla committente;
parimenti, le prospettazioni di strategie volte a pagare, ad opera di RAGIONE_SOCIALE, direttamente e in particolare i lavoratori per precostituirsi un controcredito rispetto alle spettanze di RAGIONE_SOCIALE, si risolvono, nel quadro ricostruttivo apprezzato, in un altro e includente tentativo di riesaminare il merito della vicenda, tanto più se si pensa non solo alla plausibile volontà della committente di evitare interruzioni del RAGIONE_SOCIALEo, ma altresì al pure controdedotto timore di responsabilità solidale verso dipendenti e subvettori (pag. 63 del controricorso);
conclusivamente, il ricorso deve respingersi; spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 12.000,00 per onorari, oltre a 200,00 euro per esborsi, altre a spese forfettarie al 15% e accessori legali, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18/1/2024.