Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15023 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15023 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24316/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio del secondo e come da domicilio digitale;
– ricorrente –
contro
Oggetto: Franchising -Pretesa violazione dell’art. 9 L.192/1998 -Abuso di posizione dominante.
CC 17.02.2025
Ric. n. 24316/2021
Pres NOME COGNOME
Est. I. COGNOME
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME in forza di procura speciale in calce al controricorso, ex lege domiciliata come da domicilio digitale;
-controricorrente –
avverso la sentenza n.1730/2021 della Corte d’appello di Venezia pubblicata in data 15 giugno 2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 febbraio
2025 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Ritenuto che
RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio NOME di COGNOME NOME e c. s.a.s. ex artt. 702 bis e ss. c.p.c. dinanzi al Tribunale di Treviso per sentir dichiarare la risoluzione per inadempimento di un contratto di franchising avente ad oggetto un bar in Fiera di Primero, per ottenerne la condanna al pagamento della penale di €. 50.000 per inadempimento dell’obbligo di acquisto di un quantitativo minimo di caffè e per ottenere la restituzione di due ombrelloni; NOME RAGIONE_SOCIALE costituitasi, chiedeva, in via riconvenzionale, la pronuncia di risoluzione del contratto di franchising e la nullità degli artt. 16 e 2 della pattuizione contrattuale; in via subordinata, svolgeva altre domande, qui non più di interesse;
Il Tribunale di Treviso, disposto il mutamento del rito, con sentenza n. 711/2020 rigettava le domande attoree e in accoglimento della domanda riconvenzionale di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, dichiarava nullo l’art. 2 del contratto di franchising e cessato il contratto al 29 novembre 2018, con condanna di RAGIONE_SOCIALE alle spese del grado;
CC 17.02.2025
Ric. n. 24316/2021
Pres NOME COGNOME
Est. I. COGNOME
RAGIONE_SOCIALE proponeva gravame avverso la sentenza di prime cure; si costituiva NOME COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE che ne chiedeva il rigetto;
la Corte d’appello di Venezia rigettava l’ impugnazione, confermando la sentenza di prime cure e condannando l’appellante a rifondere all’appellata le spese del grado;
avverso la sentenza d’appello, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione; ha resistito con controricorso NOME di COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale in data 6.06.2024 ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 c.p.c.;
hanno depositato rispettive memorie sia parte ricorrente sia parte controricorrente;
Considerato che
con i primi due motivi, illustrati congiuntamente poiché ritenuti ‘strettamente collegati’ , la società ricorrente denuncia, da un lato, la ‘ Violazione di legge o falsa applicazione dell’art. 9 L.192/1998 ‘ e dall’altro , l’ ‘ omesso esame circa un fatto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti consistente nella presenza (o meno) di alternative soddisfacenti sul mercato in grado di escludere lo stato di dipendenza economica di RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE ‘;
in particolare, assume che entrambi i giudici di merito avrebbero erroneamente statuito la nullità dell’art. 2 del contratto di franchising stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e l’affiliata NOME COGNOME, affermando che lo stesso integrasse abuso di dipendenza economica e ritenendo che la clausola gravatoria del contratto, avrebbe creato, a monte, automaticamente, una situazione di ‘dipendenza economica’ e di ‘abuso’ della stessa; nello specifico , la Corte d’appello , ha ritenuto che l’aver contrattualmente previs to, in aggiunta all’ obbligo di acquisto di un ingente
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Ric. n. 24316/2021
Pres NOME COGNOME
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quantitativo di merce (nella specie, caffè), quello di durata del contratto di affiliazione in funzione della durata del contratto di locazione dell’immobile utilizzato dall’affiliata, costituisse un ‘ evidente violazione del divieto di posizione dominante;
a parere della società odierna ricorrente, viceversa, dal momento che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, è necessario accertare lo stato di dipendenza economica con riferimento non al singolo contratto, ma all’intero complesso dei rapporti tra le parti, la Corte d’appello avrebb e dovuto tenere conto del fatto che il contratto di affiliazione fu stipulato dal franchisee successivamente a quello di affitto di ramo di azienda, nonostante le condizioni maggiormente gravose, e pertanto la Corte di merito avrebbe dovuto vagliare la sussistenza di agevoli alternative alla prosecuzione del rapporto con RAGIONE_SOCIALE, vaglio decisivo che sarebbe del tutto mancato;
Con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente denuncia poi la ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art.112 c.p.c. omessa pronuncia su una domanda della parte ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, inadempimento di RAGIONE_SOCIALE all’obbligo di acquisto dei quantitativi minimi di caffè contrattualmente previsti ‘ ; la società ricorrente lamenta che la Corte d’appello, confermando il rigetto già erroneamente pronunciato in prime cure della domanda proposta dal franchisor , volta all’accertamento dell’inadempimento di controparte al pagamento delle penali conseguenti (per non aver acquistato kg. 1328 di caffè di prima miscela del quantitativo totale di Kg. 7.700 che si era impegnata ad acquistare nel corso della durata dei primi undici anni di affiliazione/collaborazione), senza accertare nel merito l’inadempimento dedotto, ma sulla base delle sole fatture di acquisto agli atti, statuiva che la clausola contrattuale di rinnovo era nulla e che il contratto, per conseguenza, era venuto meno
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Ric. n. 24316/2021
Pres NOME COGNOME
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alla scadenza del 29 novembre 2018, sicché la domanda d’inadempimento riferita al successivo periodo non poteva trovare giustificazione proprio in quanto relativa ad un contratto che a quella data era stato già risolto;
3. il primo motivo è fondato;
3.1. vanno anzitutto richiamati i principi espressi da questa Corte in ordine all’ambito di applicazione dell’art. 9 della l. n. 192/1998 che si pone come disposizione di applicazione generale che può prescindere dall’esistenza di uno specifico rapporto di subfornitura come accaduto nella specie trattandosi di rapporto commerciale regolato da contratto e presuppone in primo luogo la situazione di dipendenza economica di un’impresa cliente nei confronti di una sua fornitrice ed in secondo luogo, l’abuso che di tale situazione venga fatto, determinandosi un significativo squilibrio di diritti e di obblighi, considerato anzitutto il dato letterale della norma, ove si parla di imprese clienti o fornitrici, con uso del termine cliente che non è presente altrove nel testo della l. n.192/1998 (Cass. Sez. U, 25/11/2011 n.24906).
nello stesso solco e con puntuale e condivisibile riferimento ai presupposti integranti l’abuso di dipendenza, questa Corte (cfr. Cass. Sez. 1 21/01/2020 n. 1184) ha evidenziato che l’abuso di dipendenza economica di cui alla richiamata norma è nozione indeterminata il cui accertamento postula l’enucleazione della causa concreta della singola operazione che il complessivo regolamento negoziale realizza, secondo un criterio teleologico di valutazione, in via di fatto, della liceità dell’interesse in vista del quale il comportamento è stato tenuto e che nell’applicazione della norma è pertanto necessario: 1) quanto alla sussistenza della situazione di “dipendenza economica”, indagare se lo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti sia “eccessivo”, essendo il contraente che lo subisce privo di reali alternative economiche sul mercato (p. es., perché impossibilitato a differenziare
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Est. I. Ambrosi agevolmente la propria attività o per avere adeguato l’organizzazione e gli investimenti in vista di quel rapporto); 2) quanto all'”abuso”, indagare la condotta arbitraria contraria a buona fede, ovvero l’intenzionalità di una vessazione perpetrata sull’altra impresa, in vista di fini esulanti dalla lecita iniziativa commerciale retta da un apprezzabile interesse dell’impresa dominante (quale, p. es., modificare le proprie strategie di espansione, adattare il tipo o la quantità di prodotto, o anche spuntare migliori condizioni), mirando la condotta soltanto ad appropriarsi del margine di profitto altrui (Cass. Sez. 1, 21/01/2020 n. 1184; in continuità, di recente, Cass. Sez. 3, 22/07/2024 n. 20270);
giova infine precisare che in tema di immeritevolezza delle clausole contrattuali è stato più volte affermato che «lo squilibrio delle prestazioni non può farsi coincidere la convenienza del contratto. Chi ha fatto un cattivo affare non può pretendere di sciogliersi dal contratto invocando ‘lo squilibrio delle prestazioni’. L’intervento del giudice sul contratto non può che essere limitato a casi eccezionali, pena la violazione del fondamentale principio di libertà negoziale (così, ex multis , Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 36740 del 25/11/2021, Rv. 663148 – 01).» (Cass. Sez. U, 23/02/2023 n. 5657, in motivazione punto 2.5.3.; in senso analogo, tra tante e da ultimo, Cass. Sez. 3, 10/01/2025 n. 711);
3.2. la Corte d’appello , con la sentenza impugnata, nel trascrivere i punti salienti della statuizione di prime cure ed esprimerne condivisione e, pur avendo formalmente citato i precedenti di legittimità sopra richiamati in tema di abuso di dipendenza economica (pag. 10 della sentenza impugnata), ha ritenuto integrata la fattispecie abusiva desumendola dalle modalità di esercizio del recesso a norma del contratto per evitare il rinnovo automatico del rapporto di affiliazione; infatti, la società affiliata (odierna controricorrente) avrebbe da un lato dovuto
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acquistare un quantitativo minimo di caffè e dall’altro risolvere il contratto di locazione commerciale, valutando pure la Corte d’appello che il medesimo obbligo di acquisto del caffè rilevava anche come «importante» penale per Euro 50.000 quanto alla clausola risolutiva espressa (pag. 10 della sentenza impugnata);
3.3. l’ error in iure in cui è incorsa la Corte d’appello è stato quello di aver mancato di verificare la sussistenza di quello che, secondo la sopra richiamata giurisprudenza, rappresenta il primo presupposto per l’applicazione della norma, cioè l’esistenza della ‘ posizione dominante ‘ di uno dei contraenti, intesa come possibilità preesistente del contraente ‘dominante’ di ‘determinare nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi’;
la sentenza sul punto si limita a riportare quanto ritenuto dal Tribunale e cioè che si trattava nella specie «di un rapporto commerciale di natura verticale che vede la predominanza di una importante società (RAGIONE_SOCIALE) in rapporto con altra società in accomandita a base personale e posta in situazione di oggettiva dipendenza» (pag. 9 della sentenza impugnata) e conclude, quindi, assertivamente in proposito affermando che l’esistenza di detta posizione dominante varrebbe «anche se la parte dipendente sia imprenditore» (pag. 10 della sentenza impugnata), omettendo qualsiasi spiegazione al riguardo;
ebbene, in base al ricordato principio di diritto enunciato da Cass. n. 1184 del 2020, l’esistenza della posizione dominante, come a ragione sostiene anche parte ricorrente, si deve collocare al di fuori del tenore del mero contenuto della pattuizione contrattuale e dunque, di regola, all’esterno del contratto, cioè del mero tenore delle sue clausole, sia pure dispiegando rilevanza sulla sua stipulazione;
può accadere, semmai, che il contratto dia atto della situazione esterna al contenuto delle pattuizioni contrattuali, ad
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esempio riferendola nelle premesse, ma resta fermo che essa non può rintracciarsi in quel solo contenuto;
mette conto di rilevare che, con riferimento a ll’apprezzamento dell’ intero regolamento negoziale, la Corte d’appello non ha tenuto in alcun conto, procedendo naturalmente al relativo apprezzamento in iure , situazioni esterne al momento della sua conclusione, come la circostanza allegata e risultante dagli atti, secondo la quale le stesse odierne parti, in precedenza, erano state legate da un contratto di affitto di ramo di azienda di durata annuale (cfr. pag. 16 in ricorso);
nemmeno ha argomentato in iure l’indicazione nel contratto, quale premessa della stipulazione, dell’esistenza di una situazione esterna ‘condizionante’;
in sostanza, il primo motivo di ricorso dev’essere accolto perché la motivazione enunciata dalla corte territoriale non evidenzia in alcun modo la ragione giustificativa della posizione dominante alla stregua dell’esatto diritto come emergente dalla giurisprudenza di questa Corte e, quindi, risulta una motivazione inesistente in iure ;
la sentenza impugnata va, pertanto, cassata con la prescrizione al giudice di rinvio di spiegare, naturalmente sulla base delle emergenze di causa, perché in iure , in sede di stipulazione del contratto, ricorreva la posizione dominante della odierna ricorrente tale da determinare in relazione all’oggettivo tenore del contenuto del contratto un eccessivo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti, essendosi venuta la contraente qui resistente a trovare priva di reali alternative economiche sul mercato e, quindi, in posizione tale da subire il detto squilibrio;
dall’ accoglimento del primo motivo consegue l’assorbimento del secondo e del terzo;
pertanto, il ricorso va accolto in relazione al primo motivo, assorbiti i restanti;
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Est. I. COGNOME
la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Venezia che, comunque, in diversa composizione personale, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Per questi motivi
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra Sezione delle Corte d’appello di Venezia che, comunque, in diversa composizione personale, provvederà anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione