LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Abuso del diritto: no a concordati per ritardare il fallimento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20182/2025, ha stabilito che la presentazione di una nuova domanda di concordato preventivo, al solo scopo di eludere le conseguenze negative di una precedente procedura destinata all’insuccesso, costituisce un abuso del diritto. La Corte ha rigettato il ricorso di una società, confermando sia la sua dichiarazione di fallimento sia l’estensione dello stesso a un’altra società, riconosciuta come socia di una supersocietà di fatto. La decisione ribadisce che gli strumenti di risoluzione della crisi non possono essere usati in modo strumentale e dilatorio per paralizzare le legittime istanze dei creditori.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Abuso del diritto: la Cassazione blocca i concordati usati per ritardare il fallimento

L’ordinanza n. 20182/2025 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul principio di buona fede e sull’abuso del diritto nelle procedure concorsuali. La Suprema Corte ha stabilito che non è consentito utilizzare in modo strumentale la domanda di concordato preventivo per paralizzare le istanze di fallimento e prolungare indefinitamente lo stato di crisi a danno dei creditori. Un principio fondamentale per la correttezza e l’efficienza del sistema di gestione delle crisi d’impresa.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata (Società A), operante nel settore dell’intrattenimento, si trovava in una situazione di grave difficoltà finanziaria. Per fronteggiare la crisi e le istanze di fallimento presentate da alcuni creditori, la società depositava una domanda di concordato preventivo con riserva. Il Tribunale ammetteva la società alla procedura, concedendo un termine per il deposito della proposta definitiva.

Tuttavia, emergevano delle criticità, in particolare riguardo alla tempestività del versamento delle somme necessarie per le spese procedurali. Di fronte all’imminente revoca della procedura, la Società A decideva di rinunciare alla prima domanda di concordato per presentarne immediatamente una nuova.

Il Tribunale, ravvisando in questa condotta un intento elusivo, dichiarava inammissibile la seconda domanda e, contestualmente, dichiarava il fallimento della Società A. La decisione veniva impugnata dinanzi alla Corte di Appello, che non solo confermava il fallimento, ma, accogliendo un reclamo incidentale del curatore di un’altra società fallita (Società B), dichiarava l’esistenza di una società di fatto tra la Società A e la Società B, estendendo il fallimento anche alla Società A in qualità di socia illimitatamente responsabile.

La vicenda giungeva infine in Cassazione, con il ricorso della Società A volto a contestare la declaratoria di fallimento e la valutazione dei giudici di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’abuso del diritto

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Il punto cruciale della motivazione risiede nella qualificazione della seconda domanda di concordato come un chiaro caso di abuso del diritto.

I giudici hanno osservato che la facoltà, concessa dalla legge, di presentare una nuova proposta di concordato non può essere esercitata in modo illimitato e strumentale. Nel caso specifico, la seconda domanda era stata presentata non per risolvere effettivamente la crisi, ma per aggirare le conseguenze negative della prima procedura, destinata a fallire a causa del mancato rispetto di un termine perentorio (il deposito della cauzione). Questo comportamento, secondo la Corte, aveva il solo scopo di prolungare l’effetto protettivo del concordato, impedendo ai creditori di procedere con le azioni esecutive e la dichiarazione di fallimento.

La Perentorietà dei Termini nel Concordato

La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato: il termine fissato dal tribunale per il deposito della somma destinata a coprire le spese dell’intera procedura ha carattere perentorio. La piena disponibilità di tali fondi è un requisito essenziale per la prosecuzione del concordato. Un deposito tardivo è, pertanto, inefficace e legittima la revoca dell’ammissione alla procedura.

Il Fallimento in Estensione e il Reclamo Incidentale

Un altro aspetto significativo della decisione riguarda l’ammissibilità del reclamo incidentale con cui era stata chiesta la dichiarazione di fallimento in estensione. La società ricorrente sosteneva che tale reclamo fosse inammissibile, in quanto la questione non era stata oggetto della sentenza di primo grado.

La Cassazione ha corretto la motivazione della Corte d’Appello, ma ha confermato la decisione nel merito. Ha chiarito che la domanda di fallimento in estensione, non esaminata in primo grado perché assorbita dalla decisione principale, poteva essere legittimamente riproposta in appello. La parte vittoriosa in primo grado, infatti, non ha l’onere di proporre un’impugnazione incidentale formale per le domande o eccezioni assorbite, ma è sufficiente che le riproponga espressamente nel giudizio di secondo grado.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si articolano su diversi punti chiave. In primo luogo, viene censurata la strategia processuale della società ricorrente, definita come un tentativo di aggirare la scansione temporale e procedimentale prevista dalla legge fallimentare. La presentazione di domande di concordato multiple e identiche, senza reali prospettive di soluzione della crisi, non tutela i creditori né il “diritto di difesa” del debitore, ma rappresenta unicamente un espediente dilatorio.

In secondo luogo, la Corte ha ritenuto infondate le censure relative alla presunta illegittimità della procedura di revoca del primo concordato. La rinuncia alla domanda da parte della stessa società ha reso irrilevanti tali questioni, concentrando il focus sull’abusività della seconda proposta.

Infine, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso relativi all’accertamento dello stato di insolvenza e alla legittimazione dei creditori istanti, in quanto volti a sollecitare un nuovo apprezzamento dei fatti, precluso nel giudizio di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per le imprese in crisi e i loro consulenti. La Corte di Cassazione ha inviato un messaggio chiaro: gli strumenti di risoluzione della crisi d’impresa, come il concordato preventivo, sono opportunità serie e non scappatoie procedurali. L’abuso del diritto, attraverso l’uso distorto di queste procedure, viene sanzionato con l’inammissibilità e la conseguente dichiarazione di fallimento.

Le conclusioni pratiche sono evidenti:
1. Rispetto dei termini: I termini fissati dal Tribunale, specialmente quelli per i versamenti, devono essere considerati perentori e rispettati con la massima diligenza.
2. Principio di buona fede: Ogni azione all’interno di una procedura concorsuale deve essere improntata alla buona fede e alla correttezza, evitando strategie puramente dilatorie.
3. Serietà della proposta: Le proposte di concordato devono essere fondate su piani concreti e sostenibili, non su tentativi di guadagnare tempo a scapito del ceto creditorio.

Quando la presentazione di una nuova domanda di concordato preventivo costituisce abuso del diritto?
Quando è volta ad aggirare le problematiche di una precedente domanda destinata all’insuccesso (ad esempio, per il mancato rispetto di un termine perentorio) e a prolungare l’effetto protettivo della procedura per paralizzare le istanze di fallimento dei creditori, senza una reale prospettiva di soluzione della crisi.

Il termine fissato dal tribunale per il deposito delle spese di procedura nel concordato preventivo è perentorio?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato il principio consolidato secondo cui il termine per il deposito della somma che si presume necessaria per l’intera procedura ha carattere perentorio. Un deposito tardivo è inefficace e non impedisce la revoca della procedura.

È possibile riproporre in appello una domanda assorbita in primo grado senza un’impugnazione incidentale formale?
Sì, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado non ha l’onere di proporre un’impugnazione incidentale formale per le eccezioni o le domande assorbite. È sufficiente che le riproponga espressamente nel giudizio di reclamo per manifestare la volontà che vengano esaminate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati