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Abuso del concordato: la Cassazione conferma fallimento

Una società rinuncia al concordato con riserva per depositarne uno pieno, tentando di aggirare i termini. La Cassazione conferma il fallimento, ravvisando un abuso del concordato e respingendo i motivi di ricorso sulla violazione del contraddittorio e la valutazione dello stato di insolvenza.

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Abuso del concordato: quando la rinuncia alla domanda è una strategia fallimentare

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto fallimentare: l’abuso del concordato preventivo. La vicenda riguarda una società che, prossima alla scadenza del termine per presentare il piano in un concordato con riserva, rinuncia alla domanda per depositarne immediatamente una nuova ‘piena’. Una mossa strategica che i giudici, a tutti i livelli, hanno interpretato come un espediente per aggirare le regole, portando alla conferma della dichiarazione di fallimento.

I Fatti di Causa: la strategia della doppia domanda di concordato

Una società di costruzioni, già oggetto di un’istanza di fallimento, decide di avvalersi dello strumento del concordato preventivo. Inizialmente, deposita una domanda di ‘concordato con riserva’, ottenendo dal Tribunale un termine per presentare il piano completo e la documentazione necessaria.

Con l’avvicinarsi della scadenza e a seguito dei rilievi del Commissario Giudiziale, la società compie una mossa inusuale: rinuncia alla prima domanda e, contestualmente, ne deposita una nuova, questa volta ‘piena’, cioè completa di piano. L’obiettivo era, presumibilmente, quello di ottenere un nuovo procedimento, azzerando l’attività di vigilanza e le critiche già mosse dagli organi della procedura.

Il Tribunale di primo grado, però, non accoglie questa manovra. Riunisce i procedimenti, dichiara inammissibile la nuova domanda di concordato e, contestualmente, dichiara il fallimento della società.

La Decisione della Corte d’Appello e l’abuso del concordato

La società impugna la decisione, ma la Corte d’Appello conferma la sentenza di fallimento. I giudici di secondo grado ritengono corretta la valutazione del Tribunale: la seconda domanda di concordato non poteva essere considerata autonoma. Al contrario, essa era strettamente collegata alla precedente e la rinuncia rappresentava un espediente per ‘sterilizzare’ l’attività già svolta dal Commissario Giudiziale. Questa condotta è stata qualificata come un abuso del concordato, in quanto strumentalizzava le norme procedurali per fini elusivi.

La Corte d’Appello ha inoltre respinto le altre censure, confermando che la società era stata messa in condizione di conoscere l’istanza di fallimento (garantendo il contraddittorio) e che gli elementi probatori (protesti, patrimonio netto negativo) dimostravano in modo fondato lo stato di insolvenza.

L’Analisi della Cassazione sui motivi di ricorso

Giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, la società basa il suo ricorso su quattro motivi, tutti respinti dalla Suprema Corte.

Primo Motivo: L’interpretazione della rinuncia

La ricorrente lamentava che i giudici di merito non si fossero pronunciati sulla sua istanza di rinuncia. La Cassazione chiarisce che una pronuncia c’è stata eccome: i giudici hanno interpretato la rinuncia non come un atto neutro, ma come parte di una strategia abusiva volta a rendere inutilizzabile l’attività di controllo del Commissario Giudiziale. Pertanto, la seconda domanda non poteva che essere considerata come la prosecuzione della prima, e non un nuovo inizio.

Secondo e Quarto Motivo: La valutazione dell’insolvenza

Con questi motivi, la società contestava la valutazione dei fatti che avevano portato alla dichiarazione di insolvenza, come l’analisi dei flussi finanziari e il peso dato ai protesti. La Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Corte non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Può intervenire solo per violazioni di legge o per l’omesso esame di un fatto storico decisivo, circostanze che non sono state riscontrate nel caso di specie.

Terzo Motivo: La garanzia del contraddittorio

La società sosteneva di non aver ricevuto notifica formale dell’istanza di fallimento richiesta dal Pubblico Ministero. Anche questa doglianza viene respinta. La Cassazione evidenzia come, dagli atti, risultasse che la società era stata pienamente messa in condizione di conoscere tale richiesta (disponibile nel fascicolo d’ufficio, di cui aveva ottenuto copia) e di difendersi, garantendo così il rispetto del principio del contraddittorio.

Le Motivazioni

La motivazione centrale della decisione risiede nell’applicazione del principio dell’abuso del processo al diritto fallimentare. La Cassazione sancisce che le norme procedurali non possono essere utilizzate in modo fraudolento o elusivo per ottenere risultati che la legge non consente. La sequenza ‘rinuncia-riproposizione’ è stata vista come un tentativo di aggirare il termine perentorio per il deposito del piano, vanificando la funzione di controllo e vigilanza degli organi della procedura. L’ordinamento non può tollerare un uso distorto degli strumenti di tutela, che in questo caso avrebbe permesso al debitore di prolungare indefinitamente i tempi, a danno dei creditori. La decisione conferma che il comportamento processuale delle parti deve essere sempre improntato a lealtà e correttezza.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per le imprese in crisi che intendono accedere a strumenti di risoluzione della crisi. La Suprema Corte invia un messaggio chiaro: non sono ammesse scorciatoie procedurali. La rinuncia a una domanda di concordato con riserva, seguita da un’immediata riproposizione di una domanda piena, sarà probabilmente interpretata come un abuso del concordato, con conseguente inammissibilità e probabile declaratoria di fallimento, qualora ne sussistano i presupposti. Le imprese devono quindi agire con la massima trasparenza e correttezza, rispettando i termini e le finalità delle procedure concorsuali, pena la perdita della protezione offerta dalla legge.

È possibile rinunciare a una domanda di concordato con riserva per presentarne subito dopo una ‘piena’ e autonoma?
No. Secondo la Corte, se questa operazione è preordinata al solo scopo di rendere inutilizzabile l’attività già svolta dal Commissario Giudiziale e di aggirare i termini, si configura un abuso dello strumento concordatario. La seconda domanda non viene considerata autonoma ma legata alla prima.

La mancata notifica formale dell’istanza di fallimento del Pubblico Ministero rende nulla la dichiarazione di fallimento?
No, non necessariamente. Se il debitore è stato comunque messo in condizione di conoscere l’istanza (ad esempio perché inserita nel fascicolo processuale di cui ha potuto prendere visione) e di difendersi, il principio del contraddittorio è rispettato e la procedura è valida.

La Corte di Cassazione può riesaminare la valutazione dello stato di insolvenza fatta dal Tribunale e dalla Corte d’Appello?
No. La valutazione della sussistenza dello stato di insolvenza è un giudizio di fatto riservato ai giudici di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo per verificare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale della motivazione, non per effettuare una nuova valutazione delle prove e dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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