Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16448 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16448 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 23008/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Massa Lubrense (NA), alla INDIRIZZO, in persona dei soci accomandatari, amministratori e legali rappresentanti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Torino, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO (indirizzo pec EMAIL).
-controricorrente e ricorrente in via incidentale-
COGNOME NOME; COGNOME NOME; RAGIONE_SOCIALE -intimati – avverso la sentenza, n. cron. 1118/2020, della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, pubblicata il giorno 12/03/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
07/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME e le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE citarono RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Torre Annunziata, Sezione distaccata di Sorrento, perché venisse accertata la responsabilità della banca per abusiva concessione di credito, confusione patrimoniale, indebita gestione finanziaria, violazione dei principi generali di buona fede, correttezza e diligenza professionale del buon banchiere e, conseguentemente, venisse condannata al pagamento, in loro favore, della complessiv a somma di € 12.000.000,00, a titolo di risarcimento danni, oltre interessi sino all’effettivo soddisfo, ovvero di quella diversa somma, maggiore o minore, che fosse risultata ad essi dovuta. Chiesero, inoltre, il risarcimento del danno all’immagine, nonch é morale, biologico, di relazione ed esistenziale, per l’ulteriore importo di € 1.000.000,00 ciascuno.
1.1. Costituitesi in giudizio RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che entrambe contestarono le avverse pretese, l’adito tribunale, con sentenza del 20 maggio/4 luglio 2014, n. 1713, disattesa una formulata eccezione d’incompetenza territoriale, accolse la sola domanda di risarcimento per abusiva concessione di credito, condannando la banca al pagamento dell’importo di € 732.802,05, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo, rigettando tutte le altre pretese.
Il gravame promosso da RAGIONE_SOCIALE avverso tale decisione fu interamente accolto dall’adita Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza del
27 febbraio/12 marzo 2020, n. 1118, pronunciata nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e nella contumacia di NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte, riportato il contenuto delle ivi formulate doglianze, osservò che: i ) « nel caso in esame, poco rileva la qualificazione della responsabilità della Banca in chiave contrattuale o extracontrattuale, atteso che la domanda non può essere accolta poiché, come condivisibilmente sostenuto dall’appellante, manca la prova del danno ». Invero, « affermata l’illegittimità della condotta della Banca, sia essa di natura contrattuale o extracontrattuale, il danno che il soggetto finanziato subisce a causa dell’illegittimo comportamento del finanziatore non può che consistere nella differenza tra la condizione economica in cui si sarebbe trovato se l’abusivo finanziamento non fosse stato erogato e l’effettiva condizione in cui versa a causa delle conseguenze derivate dal finanziamento concesso. Non v’è dubbio, dunque, che il danno, come ha giustamente affermato l’appellante, è costituito dall’aggravamento del dissesto, causato dal finanziamento abusivo »; ii ) « Nel caso in esame, l’RAGIONE_SOCIALE ha ben illustrato, mediante il richiamo alle CTU svoltesi in altri giudizi intentati dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e dei fideiussori per ottenere il pagamento del saldo negativo dei c.c. di cui erano titolari, quale sarebbe stata la loro situazione economica se il finanziamento abusivo del 15.11.1990 non fosse stato concesso. . Di contro l’appellato, in merito alle sue attuali condizioni economiche, ha genericamente dedotto che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha sottoposto a pig noramento l’intero patrimonio immobiliare dei coniugi COGNOMECOGNOME e delle loro società, stimato dal c.t.u. nominato in sede esecutiva in circa 30 miliardi di vecchie lire, senza tuttavia indicare la somma per cui il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE stava procedendo né l’esito delle procedure; che non avevano più potuto accedere ad altri finanziamenti; che i garanti erano stati costretti a svolgere attività lavorative anche lontane dal luogo di residenza, per potersi garantire un sostentamento; che non avevano potuto riacquistare, se non per quote limitate, i propri beni di volta in volta venduti all’asta; che non avevano potuto ampliare la
ricettività alberghiera dell’RAGIONE_SOCIALE; che non avevano potuto portare a termine l’attività edilizia della RAGIONE_SOCIALE; che non avevano potuto accrescere con nuove iniziative le proprie attività imprenditoriali. Di tali conseguenze negative elencate, tuttavia, il danneggiato non ha indicato quali e per quale importo fossero da ricondurre alla condotta illecita del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, atteso che dagli atti emerge che l’RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME avessero esposizioni debitorie anche nei confronti di altri Istituti Bancari. Non ha precisato quali immobili sono stati venduti e per quale valore, né ha dato la prova di ciò, avendo prodotto solo copia del provvedimento di pignoramento. Peraltro, lo stesso giudice di primo grado in relazione ai suddetti pregiudizi lamentati, per i quali gli attori hanno chiesto un risarcimento di € 12.000.000, ha affermato che ‘la parte attrice non ha chiarito in base a quali criteri tali importi sono stati determinati, con la conseguenza che il danno non può dirsi provato per il solo fatto della mancata contestazione »; iii ) l’impostazione che aveva condotto il tribunale a considerare quale danno patito dall’appellata, l’esposizione debitoria al 17.11.1993 non ripianata, di £ 872.573.730, non era « condivisibile ». In particolare, muovendo dall’assunto che « il danno da abusiva concessione del credito è costituito dall’aggravamento del dissesto del debitore finanziato, ed in particolare dalla differenza tra il debito complessivo all’esito dell’abusiva con cessione di credito ed il debito preesistente all’abusiva concessione di credito e non semplicemente dalla posizione debitoria », ed esaminata la documentazione concernente la ricostruzione dei rapporti dare/avere tra le parti, escluse che, nella specie, l’appellata avesse fornito la prova del danno lamentato, cioè dell’effetto, per la stessa negativo, del credito concessole successivamente alla data del 17 novembre 1993.
3. Per la cassazione di questa sentenza ha promosso ricorso RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), affidandosi a quattro motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. Ha resistito, con controricorso, corredato da analoga memoria, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (incorporante per fusione RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.p.a.), proponendo anche ricorso
incidentale condizionato recante un motivo. Sono rimasti solo intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi del ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Violazione art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. -Violazione artt. 1175, 1218, 1223, 1226, 1227, 1375, 2043 e 2056 cod. civ. -Violazione art. 112 c.p.c. -Illogicità e difetto di motivazione -Violazione art. 132 c.p.c. -Sentenza nulla ». Si assume che « La Corte territoriale partenopea -volutamente tralasciata ogni pur dovuta considerazione in relazione a condotta illecita, sua caratterizzazione, intensità (assenza di buona fede e violazione di norme contrattuali) e qualificazione giuridica -ha escluso un danno o la esistenza della sua prova per acritica -causa pure di illogicità del percorso argomentativo espresso -valutazione delle vicende (oggettive e soggettive) che avevano, nella specie, caratterizzato il rapporto contrattuale al suo esame ed ha reso una decisione ingiusta »;
II) « Violazione art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. -Violazione artt. 1362 e ss., 1175, 1375, 1218, 1221, 1223, 1225, 1226, 1227 e 2056 cod. civ. -Illogicità e difetto di motivazione -Violazione art. 132 c.p.c. – Sentenza nulla ». Si deduce che la corte distrettuale, « con l’affermato principio ‘Il danno da abusiva concessione di credito è costituito dall’aggravamento del dissesto del debitore finanziato, ed in particolare dalla differenza tra il debito complessivo all’esito dell’abusiva concessione di credito ed il debito preesistente all’abusiva concessione di credito, e non semplicemente dalla posizione debitoria pregressa’, ha escluso dal proprio percorso argomentativo gli insegnamenti di codesto Giudice della nomofilachia in tema di risarcimento danni da responsabilità contrattuale ove il soggetto responsabile è di norma il contraente inadempiente e la sua individuazione non pone un problema di nesso di causalità tra comportamento ed evento dannoso; così, mentre l’accertamento della responsabilità è impront ato alla ricerca del nesso di causalità, quella dell’estensione della responsabilità si fonda su un giudizio in
termini ipotetici, coincidendo il danno risarcibile con la perdita ed il mancato guadagno conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento, delimitati in base al giudizio ipotetico sulla differenza tra situazione dannosa e situazione quale sarebbe stata se il fatto dannoso non si fosse verificato (Cass. 116291999 »;
III) « Violazione art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. -Violazione art. 1362 e ss. artt. 1175, 1375 cod. civ. -Violazione art. 132 c.p.c. -Illogicità e difetto di motivazione – Sentenza nulla ». Si sostiene che la corte d’appello, « al fine di neutralizzare gli effetti delle vicende del rapporto contrattuale del 17/11/1990, ha richiamato consulenze, prive di effetti decisori, disposte ben oltre una decina di anni dopo le contestate violazioni contrattuali e la sentenza n. 271/2007 del Tribunale di Torre Annunziata ». Si rappresenta, tuttavia, la non attinenza della richiamata documentazione con quanto era oggetto della contestata concessione abusiva di credito (mutuo DM e apertura di credito ipotecario), con la posizione della ricorrente società e con la resa decisione;
IV) « Violazione art. 91 c.p.c. ». Si deduce che « La chiesta cassazione della decisione comporta una rivalutazione del criterio dettato dall’art. 91 c.p.c., nel senso che l’auspicato accoglimento del ricorso comporta anche nuova decisione sulle spese di causa del primo e secondo grado di giudizio ».
Le prime tre descritte doglianze possono scrutinarsi congiuntamente in ragione delle plurime e comuni ragioni di inammissibilità che le caratterizzano.
2.1. Innanzitutto, -anche volendosi prescindere dai profili di carenza di autosufficienza che connotano soprattutto il terzo motivo (in ragione del generico richiamo ad atti di altri giudizi, quali relazioni di c.t.u. e sentenze del Tribunale di Torre Annunziata nn. 156/2006 e 271/2007, di cui non è trascritto, in parte qua , l’effettivo contenuto, ma solo, parzialmente, il dispositivo) -esse prospettano genericamente e cumulativamente vizi di natura eterogenea (censure motivazionali ed errores in iudicando ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per Cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di
isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure ( cfr., ex plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022; Cass. n. 33348 del 2018; Cass. nn. 19761, 19040, 13336 e 6690 del 2016; Cass. n. 5964 del 2015; Cass. nn. 26018 e 22404 del 2014). In altri termini, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione ( cfr . Cass. n. 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878 e 27505 del 2023; Cass. nn. 11222 e 2954 del 2018; Cass. nn. 27458, 23265, 16657, 15651, 8335, 8333, 4934 e 3554 del 2017; Cass. nn. 21016 e 19133 del 2016; Cass. n. 3248 del 2012; Cass. n. 19443 del 2011). Una tale impostazione, che assegna al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze della parte ricorrente al fine di decidere successivamente su di esse, finisce con il sovvertire i ruoli dei diversi soggetti del processo e rende il contraddittorio aperto a conclusioni imprevedibili, gravando l’altra parte del compito di farsi interprete congetturale delle ragioni che il giudice potrebbe discrezionalmente enucleare dal conglomerato dell’esposizione avversaria.
2.1.1. È sicuramente vero, peraltro, che, in tema di ricorso per cassazione, l’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati ( cfr . Cass. n. 39169 del 2021. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass., SU, n. 9100 del 2015; Cass. n. 7009 del 2017; Cass. n. 26790 del 2018). Tanto, però, non si
rinviene nei motivi di ricorso in esame, i quali, per come concretamente argomentati, non consentono di individuare, con chiarezza, le doglianze riconducibili agli invocati vizi, rispettivamente, ex art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4 ( sub specie di illogicità e difetto di motivazione, in rapporto all’art. 132 cod. proc. civ.), cod. proc. civ., in modo tale da consentirne un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare quella teoricamente proponibili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse. Né a tanto può porre rimedio il contenuto di una memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., esclusivamente destinata ad illustrare le cesure già proposte, senza poterne introdurre di nuove ( cfr., ex multis , Cass. n. 17893 del 2020; Cass. n. 24007 del 2017; Cass. n. 26332 del 2016; Cass., SU, n. 11097 del 2006), ed alla quale, pertanto, certamente non può attribuirsi pure la funzione di eliminare cause di inammissibilità dei formulati motivi di ricorso.
2.1.2. Resta solo da aggiungere, quanto alla violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. lamentata con il primo motivo, che, nella specie, essa sicuramente non sussiste, atteso che la corte distrettuale si è pronunciata su tutti i formulati motivi di gravame e le eccezioni dell’appellata.
2.1.2.1. Va ricordato, dunque, da un lato, che, concretizzandosi il vizio di omessa pronuncia nel difetto del momento decisorio, per integrare lo stesso occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e ciò si verifica quando il giudice non decide su alcuni capi della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte ovvero quando egli pronuncia solo nei confronti di alcune parti ( cfr . Cass. n. 23084 del 2023) ; dall’altro che, giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non è indispensabile che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti al fine di condividerle o confutarle, essendo necessario e sufficiente, invece, che il giudice abbia comunque indicato le ragioni del proprio convincimento in modo tale da rendere evidente che tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse siano state implicitamente rigettate ( cfr ., anche nelle
rispettive motivazioni, Cass. nn. 9807 e 2607 del 2024; Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 29860 del 2022; Cass. n. 3126 del 2021; Cass. n. 25509 del 2014; Cass. n. 5586 del 2011; Cass. n. 17145 del 2006; Cass. n. 12121 del 2004; Cass. n. 1374 del 2002; Cass. n. 13359 del 1999).
2.2. Quanto, poi, ai denunciati vizi motivazionali, giova rimarcare che, come ancora ribadito, in motivazione, da Cass. nn. 15033, 13621, 9807 e 6127 del 2024, la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come introdotta dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis , risultando impugnata una sentenza resa il 12 marzo 2020), ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 27501 del 2022; Cass. n. 26199 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 9017 del 2018) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, -tutte fattispecie concretamente insussistenti rispetto alla sentenza della corte partenopea oggi impugnata -esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. n. 20042 del 2020 e Cass. n. 23620 del 2020; Cass. n. 395 del 2021, Cass. n. 1522 del 2021 e Cass. n. 26199 del 2021; Cass. n. 27501 del 2022; Cass. n. 33961 del 2022) o di su a ‘ contraddittorietà ‘ (cfr. Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 33961 del 2022).
2.2.1. Va sottolineato, altresì, che il vizio di motivazione, ancor più in rapporto al già richiamato, attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod.
proc. civ. ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014), non può consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice predetto individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova; mentre alla Corte di cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti ( cfr . Cass. n. 30878 del 2023). In altri termini, l’attuale art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo ( cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 15033, 14677, 9807 e 6127 del 2024; Cass. nn. 28390, 27505, 4528 e 2413 del 2023; Cass. n. 31999 del 2022; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. nn. 9351, 2195 e 595 del 2022; Cass. nn. 4477 e 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015). A tanto deve solo aggiungersi che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 3845 del 2018; Cass. n. 9253 del 2017), così come il mancato esame di elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia costituisce vizio di omesso esame di un fatto decisivo solo se le risultanze processuali non
esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza, e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi viene a trovarsi priva di fondamento ( cfr. , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 3845 del 2018; Cass. n. 20188 del 2017).
2.3. Quanto, invece, al vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (pure specificamente invocato dalla ricorrente in ciascuna delle doglianze in esame), esso può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr . Cass. n. 5436 del 2024; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 3246 del 2022; Cass. n. 596 del 2022; Cass. n. 40495 del 2021; Cass. n. 28462 del 2021; Cass. n. 25343 del 2021; Cass. n. 4226 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 27909 del 2020; Cass. n. 4343 del 2020; Cass. n. 27686 del 2018). È opportuno evidenziare, inoltre, che questa Corte, ancora recentemente ( cfr ., pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. 35041 del 2022, Cass. n. 33961 del 2022 e Cass. n. 13408 del 2022), ha chiarito, tra l’altro, che: a ) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; b ) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa ( cfr . Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del
2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c ) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito ( cfr . Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
2.3.1. Nella specie, la corte distrettuale, dopo aver opinato che, « affermata l’illegittimità della condotta della Banca, sia essa di natura contrattuale o extracontrattuale, il danno che il soggetto finanziato subisce a causa dell’illegittimo comportamento del finanziatore non può che consistere nella differenza tra la condizione economica in cui si sarebbe trovato se l’abusivo finanziamento non fosse stato erogato e l’effettiva condizione in cui versa a causa delle conseguenze derivate dal finanziamento concesso. Non v’è dubbio, dunque, che il danno, come ha giustamente affermato l’appellante, è costituito dall’aggravamento del dissesto, causato dal finanziamento abusivo », ha ampiamente argomentato le ragioni per cui ha ritenuto insussistente la dimostrazione di un siffatto danno a carico dell’appellata ( cfr . pag. 9-14 della sentenza impugnata, peraltro in larga parte già riportate nel § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘).
2.3.2. Non resta, dunque, che prendere atto dei relativi accertamenti compiuti dalla corte predetta, chiaramente di natura fattuali, rispetto ai quali le argomentazioni, affatto generiche, delle censure in esame, appaiono sostanzialmente volte ad ottenerne un riesame, così dimenticando che: i ) il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo
istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 15033 del 2024; Cass. nn. 13408, 10033 e 9014 del 2023; Cass. n. 31071 del 2022; Cass. nn. 28462 e 25343 del 2021; Cass. n. 16700 del 2020. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, « in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa »); ii ) il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429, 10712 e 15033 del 2024).
Il quarto motivo del ricorso principale, privo di qualunque autonomia rispetto ai precedenti, oltre che sfornito di qualsivoglia specifica argomentazione a suo sostegno, si rivela, dunque, anch’esso inammissibile.
Con riguardo, da ultimo, all’unico motivo del ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE, rubricato « Violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per aver affermato che il debitore finanziato RAGIONE_SOCIALE rientra tra i soggetti danneggiati dalla
cessione abusiva di credito -e legittimati ad azionare la relativa pretesa risarcitoria -e che sarebbe irrilevante la qualificazione della responsabilità », esso risulta dichiaratamente proposto in via condizionata ( cfr . pag. 27 e ss. del controricorso, nonché le relative conclusioni). Pertanto, deve considerarsi assorbito, atteso il già descritto complessivo esito negativo del ricorso principale.
In definitiva, quindi, l’odierno ricorso principale promosso da RAGIONE_SOCIALE deve essere dichiarato inammissibile, mentre quello incidentale condizionato di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è assorbito.
5.1. Le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente restano a carico della menzionata ricorrente principale, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, ad opera della medesima ricorrente principale (non anche della controricorrente, il cui ricorso incidentale è stato ritenuto assorbito. Cfr ., tra le più recenti, in motivazione, Cass. n. 14702 del 2024), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE ed assorbito quello incidentale condizionato di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, liquidate in complessivi € 20.000,00 per
compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della medesima ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile