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Abusi edilizi: tutele per chi compra un immobile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24008/2025, ha esaminato il caso di un acquirente che scopriva abusi edilizi su un immobile dopo la compravendita. La Corte ha chiarito che la dichiarazione generica del venditore sull’epoca di costruzione non lo esonera da responsabilità per ampliamenti abusivi successivi. La vicenda, qualificata non come ‘aliud pro alio’ ma come vendita di cosa gravata da oneri, ha portato a una riduzione del prezzo e a un risarcimento parziale del danno, cassando con rinvio la sentenza d’appello per una nuova valutazione di alcuni aspetti del risarcimento.

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Abusi edilizi: quali tutele per chi acquista? L’analisi della Cassazione

L’acquisto di un immobile rappresenta un passo fondamentale, ma cosa succede se dopo il rogito si scoprono degli abusi edilizi non dichiarati? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24008 del 2025, offre importanti chiarimenti sulle tutele a disposizione dell’acquirente, distinguendo tra i diversi rimedi legali e precisando la responsabilità del venditore. Questo provvedimento analizza un caso complesso, offrendo spunti decisivi per chi si trova ad affrontare una situazione simile.

I fatti di causa: l’acquisto di un immobile con sorprese

Una signora acquistava un immobile per uso abitativo dai precedenti proprietari. Successivamente, avviando una pratica di ristrutturazione, scopriva l’esistenza di alcuni corpi aggiuntivi realizzati senza la necessaria licenza edilizia. A causa di questi abusi, il Comune non solo negava il permesso per i lavori, ma ordinava la demolizione delle parti illegittime.

L’acquirente citava in giudizio i venditori chiedendo la risoluzione del contratto per ‘aliud pro alio’ (ovvero per aver ricevuto un bene completamente diverso da quello pattuito), la restituzione del prezzo e il risarcimento dei danni. In subordine, chiedeva la risoluzione per vizi o la riduzione del prezzo.
Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda principale, risolvendo il contratto e condannando i venditori alla restituzione del prezzo e al risarcimento.

La decisione della Corte d’Appello: da aliud pro alio a onere non dichiarato

In secondo grado, la Corte d’Appello ribaltava parzialmente la decisione. I giudici escludevano che le irregolarità configurassero un’ipotesi di ‘aliud pro alio’, ritenendo più corretta l’applicazione dell’art. 1489 del codice civile, che disciplina la vendita di una cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi non apparenti.

Secondo la Corte territoriale, gli abusi edilizi e il conseguente ordine di demolizione rappresentano un ‘onere’ che limita il godimento del bene. Di conseguenza, invece di risolvere il contratto, disponeva una significativa riduzione del prezzo di vendita e riduceva l’importo del risarcimento del danno, includendovi però anche una quota delle spese sostenute dall’acquirente per il mutuo e l’intermediazione.

L’analisi della Cassazione sugli abusi edilizi

I venditori, insoddisfatti della decisione d’appello, ricorrevano in Cassazione basandosi su diversi motivi, tra cui la presunta erronea applicazione della normativa urbanistica dell’epoca e la contestazione sulla conoscenza dello stato dell’immobile da parte dell’acquirente.

Il primo motivo: l’applicabilità della legge urbanistica

I ricorrenti sostenevano che gli ampliamenti non fossero abusivi perché realizzati in un’epoca (1964) in cui, a loro dire, non era necessario uno strumento urbanistico specifico per quella zona. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che la legge urbanistica del 1942 richiedeva la licenza edilizia per nuove costruzioni o ampliamenti nei ‘centri abitati’, a prescindere dall’esistenza di un piano regolatore dettagliato. Pertanto, i corpi aggiuntivi erano stati correttamente ritenuti illegittimi.

Il secondo motivo: la conoscenza dell’acquirente

Il punto cruciale era se l’acquirente fosse a conoscenza degli abusi edilizi. I venditori affermavano di sì, sostenendo che l’acquirente aveva accettato la dichiarazione in atto che l’immobile era stato costruito prima del 1967. La Cassazione ha ritenuto questa argomentazione infondata. Sebbene l’acquirente avesse visionato l’immobile, i venditori avevano generato un legittimo affidamento sulla sua completa regolarità, dichiarando un’unica epoca di costruzione anteriore al 1967 e omettendo di specificare che gli ampliamenti erano successivi e illegittimi. Questa omissione ha impedito all’acquirente di avere una piena e corretta informazione.

Il terzo motivo: la richiesta di risarcimento

I venditori contestavano anche la condanna al risarcimento di alcune spese (come quelle per l’assicurazione sul mutuo), sostenendo che fossero state richieste dall’acquirente solo in relazione all’ipotesi di risoluzione del contratto, non a quella di riduzione del prezzo. La Cassazione ha accolto parzialmente questo motivo, ritenendo che la Corte d’Appello avesse concesso un risarcimento per voci non esplicitamente richieste (‘extra petita’) in relazione alla domanda di riduzione del prezzo.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha stabilito che la dichiarazione generica del venditore sull’epoca di costruzione di un immobile non è sufficiente a escludere la sua responsabilità se, di fatto, occulta l’esistenza di ampliamenti successivi e abusivi. L’affidamento dell’acquirente sulla regolarità urbanistica dell’intero bene deve essere tutelato. Una dichiarazione incompleta o fuorviante integra una violazione del dovere di buona fede e correttezza.

Inoltre, la Corte ha cassato la sentenza d’appello nella parte relativa alla liquidazione del danno, poiché il giudice di secondo grado aveva incluso nel risarcimento voci di spesa che non erano state specificamente collegate alla domanda di riduzione del prezzo. Il caso è stato quindi rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione di questo specifico punto, attenendosi al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale a tutela di chi compra casa: il venditore ha un obbligo di informazione completa e leale sulla condizione urbanistica del bene. La presenza di abusi edilizi non sanabili costituisce un grave onere che, se non dichiarato, dà diritto all’acquirente di ottenere una riduzione del prezzo e il risarcimento dei danni. La semplice dichiarazione di costruzione ‘ante ’67’ non è uno scudo per il venditore se nasconde irregolarità che compromettono il pieno godimento del bene.

Quali tutele ha chi acquista un immobile con abusi edilizi non dichiarati?
Secondo la sentenza, l’acquirente ha diritto a chiedere una riduzione del prezzo di vendita e il risarcimento dei danni. La Corte ha qualificato l’abuso edilizio non come un vizio che rende la cosa totalmente inidonea all’uso (‘aliud pro alio’), ma come un ‘onere’ che grava sull’immobile ai sensi dell’art. 1489 c.c.

La dichiarazione in atto che l’immobile è stato costruito prima del 1967 protegge il venditore da responsabilità?
No. La Cassazione ha chiarito che una dichiarazione così generica non è sufficiente se il venditore omette di informare l’acquirente circa ampliamenti successivi e abusivi. Tale omissione viola il principio di buona fede e genera un falso affidamento sulla regolarità dell’intero immobile.

Il risarcimento del danno può includere tutte le spese sostenute dall’acquirente?
Il risarcimento del danno deve essere limitato a quanto specificamente richiesto in giudizio in relazione alla domanda accolta. Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse erroneamente incluso nel risarcimento voci di spesa (diverse da quelle di registro e notarili) che l’acquirente aveva collegato solo alla domanda di risoluzione del contratto, e non a quella, poi accolta, di riduzione del prezzo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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