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Deroga art. 1957 c.c.: i limiti del giudice di rinvio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, annulla per la seconda volta una decisione della Corte d’Appello, ribadendo i rigidi limiti imposti al giudice di rinvio. Il caso riguarda una fideiussione e la presunta deroga all’art. 1957 c.c., che libera il garante se il creditore non agisce entro sei mesi. La Suprema Corte stabilisce che il giudice di rinvio non può cercare nuove clausole contrattuali per giustificare una deroga già esclusa in un precedente giudizio di cassazione, ma deve attenersi strettamente al principio di diritto enunciato e ai fatti già accertati.

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Deroga art. 1957 c.c.: la Cassazione Fissa i Paletti per il Giudice di Rinvio

L’ordinanza della Corte di Cassazione in commento affronta un tema cruciale che interseca il diritto bancario e la procedura civile: la deroga all’art. 1957 c.c. e, soprattutto, i poteri del giudice di rinvio. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: dopo un annullamento con rinvio per violazione di legge, il giudice successivo non ha la facoltà di riaprire questioni già decise, ma deve limitarsi ad applicare il principio di diritto enunciato dalla Cassazione. Analizziamo insieme questa complessa vicenda processuale.

I Fatti di Causa

La controversia trae origine da due contratti di finanziamento stipulati nel 1992, con cui una banca concedeva ingenti somme a due società di produzione cinematografica. Un soggetto privato si costituiva garante (fideiussore) per l’adempimento delle obbligazioni assunte dalle società. A seguito dell’inadempimento delle debitrici principali, la banca agiva in giudizio contro il garante per ottenere il pagamento delle somme dovute.

Il Percorso Giudiziario: Un Doppio Annullamento in Cassazione

Il percorso giudiziario è stato particolarmente articolato.

Il Primo Giudizio di Cassazione

Inizialmente, la Corte d’Appello aveva condannato il garante al pagamento, interpretando una clausola di solidarietà presente nei contratti come una rinuncia implicita alla tutela offerta dall’art. 1957 c.c. Tale norma, ricordiamo, prevede che il fideiussore sia liberato se il creditore non agisce contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione.
La Corte di Cassazione, con una prima ordinanza, aveva annullato questa decisione, stabilendo un principio chiaro: la semplice previsione della solidarietà tra garante e debitore principale non è sufficiente a configurare una deroga all’art. 1957 c.c.. La causa veniva quindi rinviata alla Corte d’Appello con un mandato preciso: verificare se, nei fatti, il termine di sei mesi fosse stato rispettato o sospeso, senza più discutere della presunta rinuncia implicita.

Il Giudizio di Rinvio e il Secondo Ricorso

Incredibilmente, la Corte d’Appello, in sede di rinvio, ha disatteso le indicazioni della Suprema Corte. Invece di limitarsi alla verifica fattuale del termine, ha riesaminato i contratti e, basandosi su altre clausole (relative all’impegno dei garanti a non sollevare eccezioni), ha concluso nuovamente per l’esistenza di una deroga implicita all’art. 1957 c.c. Contro questa nuova sentenza, l’erede del garante ha proposto un secondo ricorso per cassazione.

Deroga art. 1957 c.c. e i Poteri del Giudice di Rinvio

La Corte di Cassazione, con l’odierna ordinanza, accoglie il ricorso e annulla nuovamente la sentenza d’appello. Il punto centrale della decisione è la violazione, da parte del giudice di rinvio, dei limiti dei suoi poteri, come delineati dall’art. 384 del codice di procedura civile.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte spiega che quando una sentenza viene annullata per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (il cosiddetto error iuris), il giudice di rinvio è vincolato ad un doppio limite:
1. Uniformarsi al principio di diritto: Deve applicare la regola giuridica enunciata dalla Cassazione.
2. Non modificare l’accertamento dei fatti: Deve basare la sua nuova decisione sui fatti così come già acquisiti e valutati nel processo, senza poterli rimettere in discussione o cercarne di nuovi.

Nel caso di specie, la prima ordinanza di Cassazione aveva già risolto la questione giuridica: le clausole di solidarietà non bastavano a derogare l’art. 1957 c.c. Il perimetro del giudizio di rinvio era quindi circoscritto alla sola verifica del rispetto del termine di decadenza. Andando a ‘scovare’ altre clausole per fondare nuovamente la tesi della deroga, la Corte d’Appello ha ecceduto i propri poteri, violando il giudicato implicito formatosi sulla questione di diritto.

Conclusioni: L’Importanza dei Limiti Imposti al Giudizio di Rinvio

Questa decisione è un monito importante sull’architettura del processo civile e sul ruolo della Corte di Cassazione come organo nomofilattico. Il giudizio di rinvio non è un’occasione per riaprire da capo l’intera controversia. Al contrario, esso deve svolgersi all’interno del perimetro tracciato dalla Suprema Corte, la cui decisione su una specifica questione di diritto diventa vincolante per le fasi successive del medesimo processo. Ciò garantisce la certezza del diritto e l’efficienza processuale, evitando che le liti si protraggano all’infinito su questioni già risolte. La causa torna ora, per la seconda volta, alla Corte d’Appello di Napoli, che dovrà finalmente attenersi al mandato originario: verificare, e solo verificare, il rispetto del termine semestrale previsto dall’art. 1957 c.c.

Una clausola di solidarietà nel contratto di fideiussione implica automaticamente una deroga all’art. 1957 c.c.?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il semplice inserimento di una clausola che esprime il carattere solidale dell’obbligazione di garanzia non è incompatibile con l’applicazione dell’art. 1957 c.c. e, pertanto, non può essere interpretato come una rinuncia implicita alla tutela prevista da tale norma.

Quali sono i poteri del giudice di rinvio dopo un annullamento della Cassazione per violazione di legge?
Il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti già acquisiti al processo. Non può riesaminare questioni di diritto già decise né cercare nuovi elementi per aggirare il principio stabilito.

Perché la Corte d’Appello ha sbagliato nel suo secondo giudizio?
Ha sbagliato perché ha violato i limiti dei suoi poteri. Invece di limitarsi a verificare se il termine di decadenza di sei mesi fosse stato rispettato, come ordinato dalla Cassazione, ha condotto una nuova interpretazione dei contratti per trovare altre clausole che potessero giustificare una deroga all’art. 1957 c.c., una questione giuridica che la Cassazione aveva già risolto in senso negativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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