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Buste paga rilasciate al lavoratore, efficacia probatoria

Secondo consolidata giurisprudenza, le copie delle buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro, ove munite dei requisiti previsti dalla L. n. 4 del 1953, articolo 1, comma 2, (vale a dire, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest’ultimo), hanno piena efficacia probatoria del credito che il dipendente intenda insinuare al passivo della procedura fallimentare riguardante il suo datore di lavoro (si vedano in questo senso, ex multis, Cass.

Pubblicato il 26 July 2020 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Secondo consolidata giurisprudenza, le copie delle buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro, ove munite dei requisiti previsti dalla L. n. 4 del 1953, articolo 1, comma 2, (vale a dire, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest’ultimo), hanno piena efficacia probatoria del credito che il dipendente intenda insinuare al passivo della procedura fallimentare riguardante il suo datore di lavoro (si vedano in questo senso, ex multis, Cass.17413/2015, Cass. 10123/2017, Cass. 10041/2017, Cass.17930/2016, Cass. 1074 /1986).

Un simile valore probatorio discende non tanto dal disposto degli articoli 2709 e 2710 c.c., (dato che al curatore fallimentare, che agisca non in via di successione in un rapporto precedentemente facente capo al fallito ma nella sua funzione di gestione del patrimonio di costui, non è opponibile l’efficacia probatoria tra imprenditori, di cui agli articoli 2709 e 2710 c.c., delle scritture contabili regolarmente tenute; Cass. 14054/2015, Cass., Sez. U., 4213/2013) o dalla applicazione dell’articolo 2735 c.c., (atteso che nell’ambito dell’accertamento del passivo il curatore, quale rappresentante della massa dei creditori, si pone in posizione di terzietà rispetto all’imprenditore fallito), ma – a mente del combinato disposto del Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 39, L. n. 4 del 1953, articoli 1, 2 e 5, – dal fatto che il contenuto delle buste paga è obbligatorio e sanzionato (un tempo penalmente e ora) in via amministrativa e, come tale, è di per sé sufficiente a provare il credito maturato dal lavoratore.

Simili principi presuppongono tuttavia che il libro unico del lavoro sia stato tenuto in modo regolare e completo.

Ne discende che il curatore non solo è abilitato a confutare il valore probatorio del medesimo libro a motivo della sua irregolare formazione, ma può anche contestarne le risultanze con mezzi contrari di difesa o, semplicemente, con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice (Cass. 6501/2012).

Le buste paga, quindi, devono trovare corrispondenza nel libro unico del lavoro, ivi compreso il calendario delle presenze del singolo lavoratore, per quanto attiene agli elementi che compongono la retribuzione, sicché le indicazioni ivi contenute di voci a titolo di ferie, permessi ed ex festività non godute contribuiscono a costituire la base probatoria necessaria a dimostrare il fatto costitutivo del relativo credito che il lavoratore intende insinuare al passivo e vanno valutate in uno con le contestazioni del curatore in merito alla regolare tenuta del libro unico del lavoro sulla base del quale le stesse erano state formate, i mezzi probatori di opposto segno eventualmente addotti dalla procedura o gli argomenti utili a dimostrare il loro inesatto contenuto (Cass. n. 13006/2019).

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza n. 13781 del 6 luglio 2020

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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