Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14664 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14664 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16907 -2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del
Curatore pro tempore, rappresentato e difeso dall’ Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 4247/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 29/10/2019;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti motivi ; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/5/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva accolto l’appello erariale avverso la sentenza n. 1666/2018 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, in accoglimento dei ricorsi, riuniti, proposti avverso avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato , ai fini dell’imposta di registro, il valore dell’azienda oggetto di cessione fallimentare in data 18.5.2015.
Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo il Fallimento ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 44 d.P.R. n. 131/1986 per avere la Commissione tributaria erroneamente ritenuto legittima la rettifica, da parte dell’Ufficio , del valore del complesso aziendale sebbene oggetto di cessione nell’ambito di procedur a di cd. «vendita fallimentare» ai sensi dell’art. 107 Legge Fallimentare .
1.2. La censura è fondata.
1.3. Come si legge nella sentenza impugnata e negli scritti difensivi delle parti, la vicenda che ha dato luogo all’adozione dell’avviso di liquidazione impugnato è la seguente: nell’ambito della procedura fallimentare di RAGIONE_SOCIALE su istanza della curatela, il Giudice delegato aveva dapprima autorizzato l’affitto d’azienda a RAGIONE_SOCIALE per poi autorizzarne la vendita; era stato pubblicato il bando di vendita mediante diffusione a mezzo stampa e siti web specializzati; stante la mancanza di offerte, l’azienda era stata infine ceduta (senza immobili) a RAGIONE_SOCIALE con atto di cessione stipulato in data 29.4.2015; in seguito, l’Ufficio aveva emesso l’avviso di rettifica e liquidazione impugnato, rettificando il valore del compendio aziendale.
1.4. Ciò posto, in diritto occorre evidenziare quanto segue.
1.5. Ad opera del D.Lgs. n. 5/2006 per tutte le vendite, mobiliari ed immobiliari, è stato introdotto il modello procedimentale delle c.d. «vendite competitive».
1.6. L’art. 107, comma 1, l. fall. così come modificato nel 2006, vigente ratione temporis, prevede che «le vendite e gli altri atti di liquidazione sono effettuati dal curatore, tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati», ciò sulla base del dichiarato intento di superare «le farraginose e poco efficienti norme sulle vendite modellate sul sistema delle esecuzioni coattive individuali» (così la relazione di accompagnamento alla novella del 2006).
1.7. Successivamente, con il D.L. n. 83/2015 è stato modificato l’art. 107 l. fall. ed è stato previsto che, alternativamente al sistema appena delineato, le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili.
1.8. Si tratta di due modelli procedurali formalmente distinti, ma sostanzialmente e progressivamente speculari tra loro, la cui differenza caratterizzante, più che nel diverso grado di rigidità del procedimento, risiede nel diverso organo, curatore o giudice delegato, posto a capo della procedura di vendita, fermo restando che entrambi possono affidare le incombenze della procedura ad un professionista terzo.
1.9. Per quanto attiene al caso in esame, in base all’art. 107, comma 1, l. fall. il modulo procedimentale «privatistico» deve rispettare i seguenti principi fondamentali: a) il soggetto che esegue gli atti di liquidazione è il curatore, personalmente, per il tramite di delegati ex art. 104ter , comma 3, l. fall. o avvalendosi di soggetti specializzati ex art. 107, comma 7, l. fall.; b) la liquidazione deve avvenire tramite: «procedure competitive»; «sulla base di stime effettuate da parte di operatori esperti, salvo che per i beni di modesto valore»; «assicurando la massima partecipazione ed informazione degli interessati a mezzo di adeguate forme di pubblicità».
1.10. Tra le regole specifiche applicabili ad entrambi i modelli mette conto porre in rilievo l’art. 108, comma 1, l. fall., che attribuisce al giudice delegato, «su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, previo parere dello stesso comitato dei creditori», il potere discrezionale di «sospendere, con decreto motivato, le operazioni di vendita, qualora ricorrano gravi e giustificati motivi» ovvero, su istanza presentata dai medesimi soggetti entro dieci giorni dal deposito della relazione informativa di cui al comma 4, di «impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato».
1.11. Si può, quindi, affermare che il contratto con il quale si dispone il trasferimento della proprietà del bene all’esito di una procedura fallimentare, anche « competitiva », ha sempre natura coattiva, atteso che, in ogni caso, la stessa procedura di vendita persegue finalità liquidatorie, è sottoposta alla legittimazione dell’alienante da parte di un organo pubblico nonché ad un regime vincolato di scelta dell’acquirente,
è subordinata ai controlli e all’autorizzazione del giudice delegato , essendo prevista la possibilità che il giudice possa sospendere le operazioni di vendita (art. 108, comma 1, l. fall.), e si svolge contro la volontà del debitore.
1.12. La natura di vendita coattiva va attribuita, invero, non solo alle vendite nelle quali il giudice aggiudica e trasferisce il bene, ma anche a quelle che si perfezionano per il tramite del curatore con forme privatistiche, trovando la loro legittimazione, la loro origine qualificante, nel provvedimento autorizzativo del giudice delegato a seguito di controllo e verifica di adeguatezza dell’intera procedura.
1.13. Poste tali premesse, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 44, al comma 1 stabilisce che per la vendita di beni mobili ed immobili fatta in sede di espropriazione forzata ovvero all’asta pubblica e per i contratti stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto la base imponibile è costituita dal prezzo di aggiudicazione.
1.14. La norma costituisce, dunque, una deroga espressa alla regola generale prevista nel precedente art. 43, comma 1, lett. A, secondo cui la base imponibile dell’imposta di registro è rappresentata dal valore dell’immobile trasferito (cfr. Cass. n. 25526/2018).
1.15. Nei trasferimenti coattivi – invece – la base imponibile per l’imposta di registro non è mai il valore dell’immobile ma il prezzo pagato, e ciò per quelle ragioni di pubblico affidamento che garantisce la procedura (cfr. Cass. n. 13217/2007).
1.16. La ratio ostativa all’esercizio del potere di accertamento si rinviene, invero, proprio nelle garanzie procedimentali insite nello svolgimento della gara pubblica sotto il controllo dell’autorità giudiziaria (o amministrativa), ingenerando una presunzione iuris et de iure di corrispondenza o di prossimità del prezzo di aggiudicazione al valore venale (cfr. Cass. n. 4054/2019; Cass. n 25526/2018).
1.17. Tale scelta rende, inoltre, evidente la volontà legislativa di non appesantire l’attività di controllo degli uffici finanziari (nonché degli organi giurisdizionali) ove si possa a priori escludere una collusione delle parti in
danno dell’Erario, non configurandosi come plausibile un eventuale giudizio di congruità da parte dell’Amministrazione finanziaria (cfr. Cass. n. 1187/2024 in motiv., Cass. n. 33286/2022 in motiv.).
1.18. In ordine a tale disposizione questa Corte ha inoltre già avuto modo di chiarire che la «forma pubblica» delle «vendite» nella procedura fallimentare è volta a perseguire interessi pubblicistici e, pertanto, le vendite all’incanto dei beni che attraverso di essa vengono effettuate, date anche le forme di pubblicità assicurate, sono tali da garantire il miglior prezzo di realizzo dei beni posti in vendita, considerato anche che, in caso di prezzo ritenuto basso dal giudice, quest’ultimo può sospendere la vendita, con facoltà per i terzi di aumentare di un sesto il prezzo di aggiudicazione (cfr. Cass. n. 4956/2006, Cass. n. 14148/2003), mentre per la mancanza di quelle garanzie il trasferimento di immobili disposto in esecuzione di concordato preventivo con cessione dei beni non può essere compreso, né mediante interpretazione estensiva, né in via di applicazione analogica, tra le ipotesi (espropriazione forzata e trasferimenti coattivi) per le quali l’art. 44 D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, richiamato, predetermina la base imponibile per l’ imposta di registro con norma di natura eccezionale, sostanzialmente identica a quella di cui al previgente art. 42 D.P.R. n. 634 del 1972 – nel prezzo di aggiudicazione o nell’ammontare dell’indennizzo, con la conseguenza che all’amministrazione finanziaria non è precluso l’accertamento di un valore del bene maggiore di quello dichiarato nell’atto di trasferimento.
1.19. In senso analogo, Cass. n. 6403 del 2003, in materia di cessione di beni a trattativa privata in sede fallimentare, ha escluso l’applicabilità del l’art. 44 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, atteso che in tale caso non si riscontra alcuna forma pubblica di gara determinativa di un prezzo del bene prossimo ai valori reali, dal quale – quello fissato autoritativamente dal giudice – potrebbe discostarsi per le ragioni più varie.
1.20. Nel caso di specie sussistono, dunque, gli estremi di forma e di sostanza per l’applicazione della norma speciale (che deroga ai normali criteri di determinazione del valore ai fini dell’imposizione).
1.21. Sussistono i presupposti formali perché il trasferimento è avvenuto non con trattativa privata, ma con aggiudicazione a seguito di avviso pubblico di vendita, che fissava un prezzo minimo di offerta e contestualmente richiedeva offerte genericamente superiori al tetto imposto.
1.22. Sussistono parimenti i presupposti di sostanza perché nel caso di specie si è svolta -come previsto nelle ipotesi contemplate dalla norma- una pubblica sollecitazione idonea a dimostrare ufficialmente che proprio quello era il valore reale del bene trasferito, e non è emerso, né è stato dedotto in alcun modo, che il trasferimento del compendio aziendale sia intervenuto per un prezzo inferiore.
1.23. È opportuno, inoltre, evidenziare che sebbene il primo comma del l’art. 44 cit. , a differenza del secondo, non contenga alcun riferimento alle aziende, deve tuttavia ritenersi che anche in tale ipotesi il prezzo di aggiudicazione non sia soggetto a rettifica per evitare che i singoli beni, mobili o immobili, inseriti nel complesso aziendale, possano essere oggetto di giudizio di congruità dell’amministrazione finanziaria , considerato peraltro che oggetto di vendita forzata non è l’azienda nel suo complesso ma i singoli beni che ne fanno parte.
Va dunque affermato , all’esito di un percorso interpretativo che non è analogico bensì meramente attuativo degli stessi principi più volte affermati da questa Corte e poc’anzi ricordati, il seguente principio di diritto: in tema di liquidazione dell’attivo fallimentare, qualora il curatore opti per una procedura competitiva deformalizzata ex art. 107, comma 1, l. fall., avendo il trasferimento dei beni natura di vendita coattiva, è applicabile l’art. 44, comma 1, del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 44, che stabilisce che per la vendita di beni mobili ed immobili fatta in sede di espropriazione forzata ovvero all’asta pubblica e per i contratti stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto, la base imponibile è costituita
dal prezzo di aggiudicazione, il che esclude che possa essere oggetto di rettifica da parte dell’Amministrazione finanziaria.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata perché fondata su di un ‘ erronea interpretazione delle conferenti norme, assorbito il secondo motivo (circa i criteri di stima del valore del compendio aziendale), il terzo motivo (sul lamentato omesso esame del fatto decisivo della valutazione «in continuità» dell’azienda al momento della cessione) ed il quarto motivo (sulla violazione dell’art. 5 d.lgs. n. 472/1997, in relazione alle applicate sanzioni).
La causa – in quanto non bisognevole di nessun accertamento di fatto- ai sensi dell’art. 384 c.p.c., deve essere, inoltre, decisa nel merito da questa Corte con l’accoglimento del ricorso di primo grado della contribuente
Stante la novità della questione trattata si ritiene opportuno compensare tra le parti le spese processuali delle fasi di merito e di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo di parte contribuente; compensa tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità