Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11357 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 11357 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26069/2021 R.G. proposto da NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, da ll’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma in INDIRIZZO;
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa ex lege dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 44/2021 della Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, depositata in data 19/3/2021, non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal AVV_NOTAIO nella pubblica udienza del 20 marzo 2024;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE, dottAVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO , che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; l’Avvocato RAGIONE_SOCIALE udit o l’AVV_NOTAIO per il ricorrente e RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME per l’RAGIONE_SOCIALE;
Fatto
In data 31/10/2003 fu presentata la dichiarazione NUMERO_DOCUMENTO, completo di Quadro RM ( ‘redditi a tassazione separata’ ), nella cui sezione III furono indicati redditi pari ad euro 3.957.817, derivanti dalla liquidazione della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , con indicazione del credito di imposta limitato di euro 462.147 e del credito d’imposta pieno pari ad euro 2.128.167.
NOME COGNOME (d’ora in poi, anche ‘ la contribuente’ o ‘ la ricorrente’ ) si aspettava la liquidazione di un credito d’imposta pari ad euro 1.411.650, poi rideterminato in euro 1.113.136.
Essendo rimasta inerte l’amministrazione, la contribuente presentò istanza di rimborso.
L ‘RAGIONE_SOCIALE non diede seguito alla domanda di rimborso. Avverso il silenzio rifiuto, la contribuente propose ricorso dinanzi alla C.T.P. di Pordenone.
La COGNOME era nuda proprietaria RAGIONE_SOCIALE quote della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , dalla cui liquidazione volontaria fu distribuito un residuo attivo, dopo il pagamento di tutti i debiti.
La contribuente sostiene la tesi che il residuo attivo risultante dalla liquidazione volontaria della società spetti al socio nudo proprietario, non all’usufruttuario .
Nella fase di scioglimento del vincolo sociale, la posta di patrimonio netto dalla quale vengono prelevate le somme diverrebbe irrilevante: al socio che ha conferito denaro verrebbe conferito denaro in esito alla liquidazione della società, e qualora vi sia un ‘plusvalore’, esso apparterrebbe al socio , sicché il rapporto di imposta generatore del credito d’imposta si instaurerebbe tra l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e il socio nudo proprietario, non tra l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l’usufruttuario.
La RAGIONE_SOCIALE rigettò il ricorso, con sentenza confermata in appello.
Avverso la sentenza della C.T.R. la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.
Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Il sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, ha depositato requisitoria scritta.
La contribuente ha depositato memoria.
Diritto
1.Con l’unico motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 981, 982, 984, 1000 e 2352 c.c., 44, comma 7 e 14 Tuir (vigenti ratione temporis), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza impugnata in merito alla spettanza del diritto al rimborso fatto valere.
La contribuente sostiene che, una volta che si addivenga alla liquidazione volontaria della società, il residuo attivo che risulta dalla soddisfazione di tutti i creditori sociali deve essere distribuito ai soci e diventa una ‘massa patrimoniale indistinta’ , all’interno della quale
non possono distinguersi gli utili, sicché quella massa patrimoniale indistinta spetterebbe interamente al socio nudo proprietario.
Aggiunge la contribuente che la preoccupazione che l’usufruttuario veda svanire il suo diritto reale non sussiste , in quanto l’art. 1000 c.c. prevede il mantenimento de ll’usufrutto sulle somme assegnate al socio, il quale potrà disporne solo col consenso dell’usufruttuario. Il residuo attivo altro non sarebbe che capitale da restituire al socio, tant’è vero che non viene distribuito in seguito ad una delibera assembleare, ma quale ‘ultimo necessitato atto della vita sociale’ . non costituiscono tecnicamente un dividendo e, non essendo tali, non
Le somme derivanti dal residuo attivo di liquidazione spetterebbero all’usufruttuario, bensì al nudo proprietario.
Sostanzialmente, per il contribuente il diritto dell’usufruttuario della partecipazione sociale si estenderebbe solo ai dividendi la cui distribuzione sia deliberata dall’assemblea.
Il ricorso è infondato.
Le questioni di diritto che pone la ricorrente sono due.
2.1. In primo luogo, occorre stabilire quando cessi il diritto di usufrutto che abbia ad oggetto una partecipazione sociale di una società a responsabilità limitata.
2.2. In secondo luogo, occorre stabilire quali siano i diritti patrimoniali, collegati alla partecipazione sociale, spettanti al soggetto in favore del quale sia stato costituito un usufrutto sulla stessa.
3.1. Si deve premettere che in tema di società a responsabilità limitata, ai fini che qui ci interessano, l’art. 2471-bis c.c. opera un rinvio formale all’art. 2352 c.c. , che a sua volta non contiene alcuna disposizione circa le cause di estinzione dell’usufrutto su partecipazioni sociali.
Con riferimento, poi, ai diritti patrimoniali connessi alle partecipazioni sociali, il citato articolo si limita a disporre che al socio, e non all’usufruttuario, spetta il diritto di opzione attribuito dalle partecipazioni costituite in usufrutto; che, nel caso di aumento
gratuito del capitale sociale , l’usufrutto si estende alle azioni di nuova emissione; che, se sono richiesti versamenti sulle partecipazioni costituite in usufrutto, l’usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al termine dell’usufrutto.
Orbene, osserva il Collegio che le disposizioni di cui all’art. 2352 c.c. contengono RAGIONE_SOCIALE norme che si pongono in un rapporto di specie a genere rispetto alle norme generali del codice civile in tema di usufrutto, con la conseguenza che, fuori dal campo di applicazione RAGIONE_SOCIALE norme speciali, si applicano le norme generali, con i necessari adattamenti resi necessari dal peculiare oggetto (la partecipazione sociale) del diritto di usufrutto.
In assenza, dunque, di una norma ad hoc che disciplini l’estinzione del diritto di usufrutto su una partecipazione sociale, non si può che applicare la disciplina generale di cui all’art. 1014 c.c., sicché l’usufrutto sulla partecipazione sociale non cessa con la messa in liquidazione della società: se non sia scaduto il termine di durata ( non superiore al tempo di vita dell’usufruttuario persona fisica o ai trent’anni se l’usufruttuario è una persona giuridica) , ed a parte i casi di cui ai nn. 1) e 2) dell ‘art. 1014 c.c., l’usufrutto cessa ‘per il totale perimento della cosa su cui è costituito’ .
Quando, cioè, viene totalmente a mancare l’oggetto dell’usufrutto , il diritto si estingue.
Sicché, anche quando l’usufrutto sulla partecipazione sociale sia costituito per tutta la vita del beneficiario persona fisica, il venir meno della partecipazione sociale nella sua consistenza giuridica determina, comunque, in base alle norme generali, l’estinzione dell’usufrutto .
Non vi è dubbio, d’altra parte, che la partecipazione sociale di una società a responsabilità limitata, quale bene immateriale che rappresenta la misura dei diritti e degli obblighi di un socio, non viene meno (non ‘perisce’ , per usare il termine normativo) con la
liquidazione volontaria della società, bensì con la cancellazione di quest’ultima dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, che ne determina l’estinzione.
3.2. Se dunque, da una parte, l’usufrutto su una partecipazione sociale di una RAGIONE_SOCIALE si estingue certamente con la cancellazione della società dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, d’altra parte non vi è alcuna norma che limiti l’estensione oggettiva dei diritti dell’usufruttuario ai dividendi che si sia deciso di distribuire durante la vita ‘ordinaria’ (prima della messa in liquidazione) della società.
In altri termini, non si può affermare che i diritti dell’usufruttuario di una partecipazione sociale siano limitati ai dividendi : l’usufruttuario fa suoi tutti i frutti civili prodotti dalla partecipazione sociale in costanza di usufrutto, sicché , una volta chiarito che l’usufrutto (se non si estingue prima per una RAGIONE_SOCIALE altre cause enunciate nell’art. 1014 c.c.) si estingue certamente con l’estinzione della società (e dunque, per la RAGIONE_SOCIALE, con la cancellazione di quest’ultima dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese), il problema da risolvere è se anche dopo la messa in liquidazione della società la partecipazione sociale possa produrre utili.
A tale problema deve darsi risposta positiva.
L’individuazione di quali siano i frutti civili prodotti da un bene giuridico, infatti, deve essere risolto in base all’intero ordinamento giuridico, compreso quello tributario.
Orbene, sovviene a questo punto, ai nostri fini , l’art. 47 (ex art. 44) , comma 7, del Tuir (d.P.R. n. 917 del 1986), a norma del quale ‘ le somme ricevute dai soci in caso di liquidazione RAGIONE_SOCIALE società costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione RAGIONE_SOCIALE azioni o quote annullate’ .
Ne consegue che, quando si tratta di determinare il reddito imponibile di un socio di società di capitali, deve essere considerata anche la quota di patrimonio netto attribuitagli risultante dalla liquidazione, nella misura prevista dal citato comma 7 dell’art. 47 (ex art. 44) del Tuir.
Tale misura, allora, in quanto ‘utile’ , rappresenta un frutto civile della partecipazione sociale, sicché esso spetta, in costanza di usufrutto, all’usufruttuario di detta partecipazione (cfr. l’art. 1008 c.c., a norma del quale, per la durata del suo diritto, l’usufruttuario è tenuto al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte che gravano sul ‘reddito’ ).
Il fatto, dunque, che, sul piano RAGIONE_SOCIALE nozioni strettamente commercialistiche, vi sia una netta distinzione tra ‘utili netti’ e ‘patrimonio netto risultante dalla liquidazione’ (art. 2350 c.c.) non esclude che la differenza tra la somma spettante in caso di liquidazione e il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione della quota costituisca un ‘reddito’ , cioè un frutto civile della partecipazione sociale, con la conseguenza che, nel caso in cui tale partecipazione sociale sia costituita in usufrutto, quel reddito spetta all’usufruttuario e non al socio.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, in base al seguente principio di diritto: ‘ nel caso in cui la quota sociale di una società a responsabilità limitata sia costituita in usufrutto, le somme ricavate dalla liquidazione volontaria della società, costituenti un utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione RAGIONE_SOCIALE quote , spettano all’usufruttuario, con la conseguenza che il rapporto d’imposta avente ad oggetto tale utile sorge, ad ogni effetto, tra l’amministrazione e l’usufruttuario’ .
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna NOME COGNOME al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità in favore del l’RAGIONE_SOCIALE, che si liquidano in euro diciottomila per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, il 20 marzo 2024.