Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31575 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31575 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25602/2022 R.G., proposto
DA
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
RICORRENTE
CONTRO
‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, con sede in Londra ( Regno Unito di Gran Bretagna), in persona del ‘ Managing Director ‘ pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Lucca, elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in allegato al controricorso;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 24 marzo 2022, n. 480/05/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28 novembre 2024 dal Dott. NOME COGNOME
IMPOSTA DI REGISTRO ACCERTAMENTO SOCIETÀ CANCELLATA PER TRASFERIMENTO DELLA SEDE ALL’ESTERO RESPONSABILITÀ DEI SOCI
RILEVATO CHE:
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 24 marzo 2022, n. 480/05/2022, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione (n. 14/1T/001531/000/P001) delle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale per l’importo complessivo di € 122.600,00, in dipendenza del conferimento di un coacervo di immobili ubicati in Gallicano (LU) dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ nella ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ , dopo la cancellazione dal registro delle imprese (per trasferimento della sede all’estero) -con decorrenza dal 29 maggio 2014 – della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘, della quale la ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ era unico socio, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti della ‘ RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca il 17 ottobre 2017, n. 467/01/2017, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva accolto il ricorso originario della contribuente – sul rilievo che, per quanto la cancellazione dal registro delle imprese non precludesse l ‘emanazione dell’atto impositivo nei confronti dei soci subentrati nella responsabilità per i debiti tributari della società cancellata nei limiti mente fissati dall’art. 2495, secondo comma, cod. civ. (nel testo novellato dall’art. 4 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) , tuttavia, l’amministrazione finanziaria non aveva provato l’assegnazione alla contribuente di beni o diritti sociali in sede di liquidazione.
La ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ha resistito con controricorso.
La controricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
1. Il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale si denuncia violazione dell’art. 2495, secondo comma, cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che « l’Amministrazione finanziaria non possa notificare ai soci della società estinta atti impositivi in assenza della dimostrazione del fatto che questi hanno percepito somme all’esito della scioglimento della società ».
A suo dire, « l’avviso di accertamento notificato – entro il termine di decadenza -ai soci successivamente alla cancellazione riguarda crediti della società cancellata, per il quale gli stessi soci sono chiamati a rispondere in quanto legittimi successori della medesima: a seguito dei chiarimenti operati dalle Sezioni Unite, infatti, non può che ritenersi che l’estinzione dell’ente giuridico, pur modificando il contraddittore formale del Fisco (il socio in luogo della società) non provoca alcuna trasformazione del debito fiscale, il quale, in via successoria, confluisce nella sfera patrimoniale del socio mantenendo la propria causa e la propria natura, con conseguente possibilità, per l’Erario, di notificare l’atto impositivo relativo ai debiti sociali direttamente -e per la prima volta nei confronti dei soci, in quanto ‘eredi’ della società estinta (alla stregua quindi, sotto tale profilo, dell’erede persona fisica che subentra in tutte le situazioni soggettive del defunto comprese quelle di natura tributaria, attive e passive). (…) Il fatto, nella specie pacifico nel bilancio di liquidazione non sia stato esposto alcun attivo o che comunque il socio non abbia percepito nulla all’esisto dello scioglimento della società non impedisce dunque all’Amministrazione di procedere
all’accertamento della posizione fiscale della società notificando l’avviso di accertamento ai soci ».
1.1 Il predetto motivo è infondato, per quanto, nonostante la correttezza del dispositivo in punto di diritto, la motivazione della sentenza impugnata debba essere emendata nei termini specificati in appresso, ai sensi dell’art. 384, quarto comma, cod. proc. civ.
1.2 Va premesso che la fattispecie (società cancellata dal registro delle imprese dal 29 maggio 2014) non rientra ratione temporis nella previsione dell’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, a tenore del quale: « Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del registro delle imprese ».
Difatti, secondo l’interpretazione consolidata di questa Corte, il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, secondo comma, cod. civ., che, ai sensi dell’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, opera soltanto nei confronti dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi o contributi, si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese, che costituisce il presupposto di tale differimento, sia stata presentata nella vigenza della disposizione, e pertanto il 13 dicembre 2014 o successivamente, in quanto la norma reca disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal registro delle imprese e non ha pertanto efficacia retroattiva (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 2 aprile 2015, n. 6743; Cass.,
Sez. 6^-5, 24 luglio 2015, n. 15648; Cass., Sez. 6^-5, 21 febbraio 2020, n. 4536; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, n. 14340; Cass., Sez. 6^-5, 3 giugno 2021, n. 15320; Cass., Sez. 6^-5, 4 febbraio 2022, n. 3556; Cass., Sez. Trib., 18 luglio 2023, n. 20932; Cass., Sez. Trib., 7 agosto 2024, n. 22311). In proposito, si è osservato che, con riguardo all’ambito temporale di efficacia della norma, questa intende limitare (per il periodo da essa previsto) gli effetti dell’estinzione societaria previsti dal codice civile, mantenendo parzialmente per la società una capacità e soggettività (anche processuali) altrimenti inesistenti, al « solo » fine di garantire (per il medesimo periodo) l’efficacia dell’attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiedere tributi o contributi, con sanzioni ed interessi. Pertanto, la norma opera su un piano sostanziale e non « procedurale », in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione (in termini: Cass., Sez. 6^-5, 21 febbraio 2020, n. 4536).
Per cui, la riconducibilità della fattispecie all’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, deve essere esclusivamente verificata rispetto all’istanza di cancellazione dal registro delle imprese, che sia stata depositata dopo il 13 dicembre 2014, essendo irrilevante rispetto al dies a quo della vigenza della norma speciale l’epoca di formazione o notificazione di un atto impositivo o di un atto processuale; per cui, la risalenza della richiesta di cancellazione ad epoca successiva è l’unico presupposto per l’ultrattività ex lege della rappresentanza processuale del liquidatore della società cancellata.
1.3 Per il resto, pur pervenendo a conclusioni contrastanti, sia il giudice di appello che la ricorrente danno per scontata
l’applicabilità dell’art. 2495, secondo comma, cod. civ., nel testo novellato dall’art. 4 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (secondo cui: « Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società. »), anche al caso della cancellazione della società dal registro delle imprese per trasferimento della sede all’estero .
1.4 Tale premessa è errata.
In un primo approccio alla complessa questione del trasferimento all’estero della sede legale di società italiana, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che spetta al giudice italiano la giurisdizione con riguardo all’istanza di fallimento presentata nei confronti di società di capitali, già costituita in Italia, che, dopo il manifestarsi della crisi dell’impresa, abbia trasferito all’estero (nella specie: in Lussemburgo) la sede statutaria e quella amministrativa, quando a detto trasferimento consegua, con la cancellazione della società dal registro delle imprese in Italia, la perdita della nazionalità italiana e l’assunzione della nazionalità (alla stregua del principio della sede) del Paese in cui è avvenuto il trasferimento. Difatti, l’art. 25 della legge 31 maggio 1995, n. 218, individua in generale al primo comma il criterio di collegamento nella legge del luogo in cui si è perfezionato il procedimento di costituzione della società, e questa legge richiama anche per disciplinare le vicende della società, mentre – ai sensi del terzo comma – il trasferimento della sede
all’estero in tanto ha efficacia, come continuità del soggetto giuridico, in quanto, essendo stato il trasferimento medesimo posto in essere conformemente alle leggi degli Stati interessati, questi concordino sugli effetti da attribuire alla vicenda societaria, il che non si verifica quando (come nella specie) la società, come ente societario italiano, venga meno, e la società ex novo costituita all’estero sia assoggettata esclusivamente alla nuova lex societatis (Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2004, n. 1244 -nello stesso senso: Cass., Sez. 1^, 28 settembre 2005, n. 18944).
In seguito, occupandosi di un procedimento teso alla dichiarazione di fallimento di una società cancellata dal registro delle imprese, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ulteriormente chiarito che la previsione dell’art. 10 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (in forza della quale gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese), non trova applicazione laddove la detta cancellazione venga effettuata, non a compimento del procedimento di liquidazione dell’ente o a seguito del verificarsi di altra situazione che implichi la cessazione dell’attività, ma in conseguenza del trasferimento all’estero della sede, e quindi sull’assunto che detta società continui l’esercizio dell’impresa, sia pure in un altro Stato, atteso che un siffatto trasferimento non determina il venir meno della continuità giuridica della società trasferita (Cass., Sez. Un., 11 marzo 2013, n. 5945 -vedansi anche: Cass., Sez. 1^, 4 maggio 2018, n. 10793; Cass., Sez. 6^-1, 21 febbraio 2022, n. 5614; Cass., Sez. 1^, 31 luglio 2023, n. 23258; Cass., Sez. 1^, 26 aprile 2024, n. 11321; Cass., Sez. 1^, 28 maggio 2024, n. 14841).
Del resto, che un soggetto giuridico costituito in forma societaria rimanga tale, anche in caso di trasferimento della sua sede all’estero, si ricava chiaramente da quelle disposizioni codicistiche (artt. 2437, primo comma, lett. c), e 2473, primo comma, cod. civ.), che attribuiscono ai soci nelle società per azioni e nelle società a responsabilità limitata il diritto di recesso « nel caso di trasferimento della sede all’estero »; e ciò sull’evidente presupposto della continuità della personalità giuridica, ancorché la società si sia, appunto, cancellata dal registro delle imprese (Cass., Sez. 5^, 6 agosto 2020, n. 16775).
Dal che si è correttamente desunto che la cancellazione della società dal registro delle imprese per trasferimento della sede sociale all’estero non implica la cessazione della sua attività, sicché tale società, non venendo meno, non perde la sua legittimazione processuale ad agire o resistere in giudizio (Cass., Sez. 3^, 12 febbraio 2020, n. 3375; Cass., Sez. 1^, 2 aprile 2021, n. 9195; Cass., Sez. 5^, 28 dicembre 2021, n. 41803; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2021, nn. 41882 e 41903; Cass., Sez. Trib., 19 ottobre 2022, n. 30797; Cass., Sez. Trib., 26 aprile 2023, n. 11022).
Inoltre, ad ulteriore conferma della ricostruzione del fenomeno in esame, si può aggiungere che il recente d.lgs. 2 marzo 2023, n. 19, in attuazione della direttiva n. 2019/2121/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019, nel disciplinare la c.d. ‘ trasformazione transfrontaliera ‘ come « l’operazione mediante la quale una società, senza essere sciolta né sottoposta a liquidazione e pur conservando la propria personalità giuridica, muta la legge a cui è sottoposta e il suo tipo sociale, adottandone uno previsto dalla legge dello Stato di destinazione e individuando la sede sociale nel rispetto
di tale legge » (art. 6, lett. a), ha previsto che: « La società risultante dalla trasformazione conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali della società che ha effettuato la trasformazione » (art. 15, comma 3).
1.5 Come ulteriore corollario di tali principi sul piano fiscale, si è coerentemente affermato che, in tema di avviso di accertamento, la cancellazione dal registro delle imprese di una società a seguito del trasferimento della sua sede all’estero non determina alcun effetto estintivo ex art. 2945 cod. civ., sicché nell’ambito dei rapporti fiscali rimangono fermi sia la titolarità passiva delle obbligazioni tributarie che la capacità della persona giuridica contribuente (Cass., Sez. 5^, 6 agosto 2020, n. 16775; Cass., Sez. 5^, 28 dicembre 2021, n. 41803; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2021, nn. 41882 e 41903; Cass., Sez. Trib., 13 ottobre 2022, n. 30012; Cass., Sez. Trib., 19 ottobre 2022, n. 30797; Cass., Sez. Trib., 26 aprile 2023, n. 11022; Cass., Sez. Trib., 30 aprile 2024, n. 11632).
1.6 Ne deriva, altresì, per le società a responsabilità limitata con unico socio (quale è il caso della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘, il cui capitale era interamente partecipato , per l’appunto, dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘), che la sopravvivenza della personalità giuridica nell’ordinamento italiano al trasferimento della sede legale all’estero comporta che la responsabilità personale dell’unico socio anche per i debiti tributari continua ad essere regolata dall’art. 2462, secondo comma, cod. civ. (in relazione agli adempimenti previsti dagli artt. 2464 e 2470 cod. civ.). Nella società a responsabilità limitata c.d. unipersonale lo schermo societario opera, difatti, in termini tendenzialmente analoghi a quanto avviene per le società con pluralità di soci. La società unipersonale non si identifica con il socio unico,
cosicché gli atti da essa compiuti, sia pure attraverso il socio unico in veste di amministratore, non sono direttamente imputabili a quest’ultimo. La responsabilità illimitata del socio unico dipende quindi dal verificarsi delle condizioni dettate nell’art. 2462 cod. civ.; in mancanza di esse, la disciplina della responsabilità del socio unico è la stessa delle società con pluralità di soci (Cass., Sez. 5^, 13 maggio 2021, n. 12856; vedasi anche: Cass., Sez. 1^, 15 febbraio 2024, n. 4216). Laddove, nel cas o in esame, l’Agenzia delle Entrate neanche ha allegato il verificarsi di tali condizioni.
1.7 Ad ogni buon conto, non occorre attendere l’esito della remissione alle Sezioni Unite della questione « se la condizione testualmente fissata dall’art. 2495 cod. civ., al fine di consentire ai creditori sociali di fare valere i loro crediti, dopo la cancellazione della società, nei confronti dei soci, si rifletta sul requisito dell’interesse ad agire in capo all’Amministrazione finanziaria o sulla legittimazione passiva del socio medesimo ai fini della prosecuzione del processo originariamente instaurato contro la societ à e se la riconducibilità nell’ambito dell’una condizione dell’azione o dell’altra implichi conseguenze specifiche in tema di onere della prova », e « (c)iò tenuto conto anche che il processo tributario è annoverabile tra quelli di «impugnazione-merito» e della affermata natura dinamica dell’interesse ad agire, che come tale può assumere una diversa configurazione, ma fino al momento della decisione » (Cass., Sez. Trib., 14 marzo 2023, n. 7425), giacché la suddetta norma non viene in rilievo (come si è detto) per la decisione della presenta controversia.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la infondatezza del l’unico motivo dedotto, il ricorso deve essere rigettato.
La novità della questione esaminata giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
Nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228), un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 28 gennaio 2022, n. 2615; Cass., Sez. 5^, 3 febbraio 2022, n. 3314; Cass., Sez. 5^, 7 febbraio 2022, nn. 3814 e 3831; Cass., Sez. 5^, 20 giugno 2022, n. 19747; Cass., Sez. 5^, 27 ottobre 2023, n. 29956; Cass., Sez. 5^, 15 ottobre 2024, n. 26720).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 28 novembre