Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33771 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33771 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6554/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
COGNOME (C.F. DLLFDN70C21F839P), rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE) e dall’avv. NOME COGNOMEC.F.
Oggetto: tributi – società – cancellazione – trasferimento all’estero – art. 36 d.P.R. n. 602/1973
FCCGFR56R11F839C) in virtù di procura speciale allegata al controricorso, elettivamente domiciliato pressi i domicili digitali (PEC)
e
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 4998/23/22, depositata in data 28 giugno 2022 Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella pubblica udienza del 6 novembre 2024; udita la relazione del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso ; dell’Avvocatura Generale dello Stato
udito l’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Il contribuente COGNOME ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2014, con il quale, a seguito di PVC elevati nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE (nelle more cancellata dal Registro delle Imprese), gli si contestava il ruolo di amministratore di fatto di diverse società dedite alla creazione di fittizie eccedenze di imposta, con conseguente recupero di imposte dirette, indirette e irrogazione di sanzioni. L’avviso di accertamento ven iva emesso a termini dell’art. 36 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
La CTP di Napoli ha accolto il ricorso.
La CTR della Campania, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello che la cancellazione della società contribuente RAGIONE_SOCIALE è avvenuta per trasferimento all’estero (Londra UK), circostanza che non fa venir meno la « continuità giuridica » della società, circostanza in esito alla
quale non si sarebbe potuto fare applicazione dell’art. 36 d.P.R. n. 602/1973, atteso il permanere della soggettività giuridica della società. La sentenza impugnata ha, inoltre, ritenuto insussistenti i presupposti per la responsabilità del contribuente, non ravvisandosi l’esistenza di condotte di gestione specifiche e non occasionali aventi rilevanza esterna. La sentenza di appello ha, inoltre, ritenuto che l’Ufficio non avrebbe provato l’ esistenza di un bilancio finale di liquidazione, né di una percezione di somme da esso rinvenienti in favore dei soci.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a quattro motivi, cui resiste il contribuente con controricorso.
E’ stata emessa in data 16 ottobre 2023 proposta di definizione anticipata, ritualmente opposta dal ricorrente. La causa, fissata per la discussione in adunanza camerale, è stata rimessa in pubblica udienza. Il ricorrente ha depositato memoria, allegando un precedente di questa Corte inter partes relativo al periodo di imposta successivo (2015).
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2495 cod. civ. e dell’art. 36 d .P.R. n. 602/1973, nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato che il trasferimento di una società all’estero non coincide con la sua estinzione. Osserva parte ricorrente come non possa ritenersi sussistente una continuità giuridica tra la società cancellata dal Registro delle Imprese e la società risultante dalla iscrizione nel Registro delle Imprese britannico (Companies House), la quale ha assunto la denominazione RAGIONE_SOCIALE. Parte ricorrente deduce che la società britannica non avrebbe proseguito nel Regno Unito alcuna attività di impresa. Deduce, inoltre, come il trasferimento della società all’estero sarebbe avvenuto al solo scopo di ostacolare le attività accertative dell’Ufficio, non diversamente dai trasferimenti
all’estero di sede sociale finalizzati ad evitare la dichiarazione di insolvenza, in quanto atto di natura meramente formale.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2697, 2728 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 36 d.P.R. n. 602/1973, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto insussistenti i presupposti della responsabilità sussidiaria degli amministratori, liquidatori e soci ex art. 36 d.P.R. n. 602/1973 cit. con riferimento al « capo di sentenza che recita: ‘…Ne discende, altresì, l’inapplicabilità dell’art. 36 DPR 602/73 atteso il permanere della società stessa e non essendo emersa prova della esistenza di un bilancio finale di liquidazione ovvero di percezione di somme da esso rinvenienti’ ». Osserva parte ricorrente come la sentenza di appello avrebbe violato la presunzione relativa di cui all’art. 28, comma 5, d. lgs. 21 novembre 2014, n. 175 che -novellando l’art. 36 n. 602/1973 -ha introdotto la presunzione legale, operante per gli avvisi di accertamento notificati in epoca successiva al 31 dicembre 2014, circa l’avvenuta ripartizione di utili o assegnazione di beni ai soci, presunzione che può essere vinta dal contribuente ma non essere addossata all’Ufficio.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per difetto di motivazione o motivazione apparente in violazione degli artt. 111, sesto comma, cost., 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 118 disp. att. cod. proc. civ., nella parte in cui ha escluso la sussistenza dei presupposti per la configurazione della qualifica di amministratore di fatto in capo al contribuente.
Con il quarto motivo si deduce in via gradata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 39, secondo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 54 d.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633, per avere la sentenza impugnata ritenuto non provato lo status di amministratore di fatto del contribuente. Osserva parte ricorrente che la qualifica di amministratore di fatto deriva dall’accertamento in capo alla persona fisica di poteri gestori, inserito nell’organizzazione aziendale con poteri di direzione nei co nfronti del personale, oltre che di generale potere organizzativo, circostanze risultanti dal PVC elevato nei confronti della società, trascritto per specificità.
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di tardività del ricorso, in quanto (come emerso durante la discussione orale) il ricorso rientra nella finestra temporale della l. n. 197/2022, per cui devono ritenersi sospesi per nove mesi i termini di impugnazione delle pronunce giurisdizionali (art. 1, comma 199, l. n. 197 cit.).
Va, inoltre, osservato in via preliminare come la sentenza impugnata è fondata su una doppia ratio decidendi , una incentrata sulla inapplicabilità dell’art. 36 d.P.R. n. 602/1973 , non sussistendo estinzione della società (in tesi) amministrata dal controricorrente, la seconda sulla insussistenza in concreto dei presupposti per rubricare la qualità di amministratore di fatto del controricorrente.
Il primo motivo è infondato. Il trasferimento della sede all’estero è espressamente previsto dal diritto interno (secondo la disciplina pro tempore ) dall’art. 2437 , primo comma, lett. c) cod. civ. (oggi art. 2510bis cod. civ.) ed è conforme al diritto dell’Unione, che stanti gli artt. 49 e 54 TFUE – accorda il beneficio della libertà di stabilimento e, ove il trasferimento avvenga in altro Stato membro, riconosce il beneficio della disciplina nazionale nello Stato membro ospitante (CGUE, 27 febbraio 2020, RAGIONE_SOCIALE, C -405/18, punti 27 e 31).
Per l’effetto, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che il trasferimento della sede sociale all’estero da parte della società non determina un effetto estintivo ai sensi dell’art. 2945 cod. civ., sicché
nell’ambito dei rapporti fiscali rimangono fermi sia la titolarità passiva delle obbligazioni tributarie, sia la capacità della persona giuridica contribuente (Cass., Sez. V, 6 agosto 2020, n. 16775; Cass., Sez. III, 12 febbraio 2020, n. 3375) , sull’assunto che l’attività imprenditoriale prosegua all’estero (Cass., Sez. U., 11 marzo 2013, n. 5945). Di conseguenza, la sopravvivenza della società comporta che non possa essere invocata la responsabilità degli amministratori di società di capitali ex art. 36 d.P.R. n. 602/1973, mancando il presupposto dell’estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese (Cass., Sez. V, 4 aprile 2023, n. 9236).
9. Il ricorrente ha inteso contrastare tale fatto impeditivo (sopravvivenza della società all’estero), allegando la circostanza in fatto che il trasferimento della sede sarebbe meramente fittizio, in quanto non accompagnato dal trasferimento effettivo dell’attività imprenditoriale della società RAGIONE_SOCIALE con conseguente estinzione della società all’atto della cancellazione dal Registro delle Imprese (come ribadito dal Pubblico Ministero durante la discussione orale). L ‘enunciazione del la natura fittizia del trasferimento della sede all’estero è, peraltro, circostanza meramente enunciata dal ricorrente, che rinvia nel ricorso ad atti di indagine non trascritti nel PVC (pag. 4 ricorso) e a un allegato al PVC che riporta stralci di conversazioni (pag. 8 ricorso). Su tale circostanza in fatto si sono, tuttavia, pronunciati concordemente i giudici dei due gradi del giudizio di merito, accertando in fatto (con accertamento qui incensurabile) che non si è verificata la cessazione dell ‘ attività di impresa, con conseguente conservazione della « continuità giuridica » della società trasferita all’estero .
10. Stante l’inapplicabilità nel caso di specie della responsabilità di cui all’art. 36 d. lgs. ult. cit., deve ritenersi consolidata l’autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata; è, pertanto, assorbito l’esame degli ulteriori motivi di ricorso. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con
spese regolate dalla soccombenza e liquidate da dispositivo, a distrarsi in favore dei difensori dichiaratisi antistatari.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 18.000,00, oltre 200,00 per esborsi, 15% spese generali e accessori di legge, da distrarsi in favore dei difensori dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Roma, in data 6 novembre 2024