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Trasferimento sede all’estero: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che il trasferimento della sede legale di una società in un altro Stato membro dell’UE non ne comporta l’estinzione. Di conseguenza, non sussistono i presupposti per applicare la responsabilità sussidiaria degli amministratori per i debiti fiscali della società, come previsto dall’art. 36 del D.P.R. 602/1973. L’Amministrazione Finanziaria aveva contestato la responsabilità di un amministratore di fatto di una S.r.l. cancellata dal Registro Imprese italiano dopo essersi trasferita nel Regno Unito. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che la continuità giuridica della società impedisce di rivalersi sull’amministratore.

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Trasferimento Sede all’Estero: Quando l’Amministratore Non Risponde dei Debiti Fiscali

Il trasferimento sede all’estero di una società rappresenta una scelta imprenditoriale sempre più comune nel contesto europeo, ma solleva importanti questioni riguardo alle responsabilità fiscali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33771 del 2024, ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che tale operazione non comporta automaticamente l’estinzione della società e, di conseguenza, non attiva la responsabilità sussidiaria degli amministratori per i debiti tributari.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a un contribuente, ritenuto amministratore di fatto di una società a responsabilità limitata. L’Ufficio contestava al professionista la responsabilità per i debiti fiscali della società, in base all’art. 36 del D.P.R. 602/1973. La pretesa si fondava sul fatto che la società era stata cancellata dal Registro delle Imprese italiano a seguito del trasferimento della propria sede legale nel Regno Unito.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente, sostenendo che il trasferimento della sede non equivaleva a un’estinzione della persona giuridica. Secondo i giudici di merito, la società aveva semplicemente continuato la propria esistenza sotto la legge britannica, mantenendo la propria soggettività giuridica. Di conseguenza, mancava il presupposto fondamentale per l’applicazione della responsabilità degli amministratori: l’estinzione della società debitrice.

La Continuità Giuridica nel Trasferimento Sede all’Estero

L’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso in Cassazione, insistendo sul fatto che il trasferimento fosse meramente fittizio e finalizzato a ostacolare l’attività di accertamento. La Corte Suprema, tuttavia, ha rigettato il ricorso, consolidando un principio fondamentale del diritto societario e tributario europeo. I giudici hanno affermato che il trasferimento sede all’estero è un’operazione legittima, prevista sia dal diritto interno (art. 2510-bis c.c.) che dal diritto dell’Unione Europea (artt. 49 e 54 TFUE), in ossequio al principio della libertà di stabilimento.

L’Inapplicabilità dell’Art. 36 D.P.R. 602/1973

La norma chiave in discussione è l’art. 36 del D.P.R. 602/1973, che disciplina la responsabilità di liquidatori, amministratori e soci per le imposte non pagate da società estinte. La Corte ha chiarito che il presupposto indispensabile per l’applicazione di questa norma è la definitiva cessazione dell’esistenza giuridica della società, che si realizza con la cancellazione dal Registro delle Imprese a seguito di liquidazione.
Nel caso di trasferimento transfrontaliero, invece, la società non si estingue ma si trasforma, continuando a operare secondo le leggi dello Stato di destinazione. La sua capacità giuridica e la titolarità passiva delle obbligazioni tributarie rimangono intatte. Pertanto, la pretesa fiscale deve essere rivolta direttamente alla società nella sua nuova sede e non ai suoi amministratori.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su una chiara ratio decidendi: la sopravvivenza della società dopo il trasferimento della sede sociale all’estero impedisce l’applicazione della responsabilità sussidiaria degli amministratori. I giudici hanno sottolineato che la giurisprudenza consolidata, sia nazionale che europea, riconosce che tale operazione non determina un effetto estintivo.
La Corte ha inoltre osservato che l’argomentazione dell’Amministrazione Finanziaria, secondo cui il trasferimento sarebbe stato fittizio, costituiva una questione di merito già valutata e respinta dai giudici dei gradi precedenti. Questi ultimi avevano accertato in fatto che non vi era stata una cessazione dell’attività d’impresa, ma una conservazione della “continuità giuridica” della società. Tale accertamento non è sindacabile in sede di legittimità.
Essendo la motivazione basata sulla non estinzione della società sufficiente e autonoma a sorreggere la decisione, la Corte ha ritenuto assorbiti tutti gli altri motivi di ricorso, inclusi quelli relativi alla prova della qualifica di amministratore di fatto.

Le Conclusioni

La sentenza n. 33771/2024 rafforza la certezza del diritto per le imprese che operano a livello transnazionale all’interno dell’Unione Europea. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Protezione per gli Amministratori: Gli amministratori non possono essere chiamati a rispondere personalmente dei debiti fiscali di una società per il solo fatto che questa abbia trasferito la propria sede legale in un altro Stato membro.
2. Onere della Prova a Carico del Fisco: Spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare non solo il trasferimento, ma anche l’eventuale carattere fittizio dell’operazione, finalizzato unicamente a sottrarsi agli obblighi fiscali, e la conseguente estinzione di fatto della società.
3. Conferma della Libertà di Stabilimento: La decisione ribadisce che il trasferimento della sede è un legittimo esercizio della libertà di stabilimento garantita dai trattati UE, e non può essere interpretato a priori come un meccanismo elusivo.

Il trasferimento della sede di una società in un altro Stato UE ne causa l’estinzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il trasferimento della sede sociale all’estero, in conformità con il diritto italiano ed europeo, non determina un effetto estintivo. La società conserva la propria personalità giuridica e continua a esistere secondo le leggi dello Stato di destinazione.

L’amministratore di una società trasferita all’estero risponde dei debiti fiscali della stessa?
No, non automaticamente. La responsabilità sussidiaria dell’amministratore, prevista dall’art. 36 D.P.R. 602/1973, scatta solo in caso di estinzione della società. Poiché il trasferimento della sede non comporta l’estinzione, l’amministratore non può essere chiamato a rispondere dei debiti, che rimangono in capo alla società stessa.

Cosa succede se l’Amministrazione Finanziaria sostiene che il trasferimento all’estero è fittizio?
L’Amministrazione Finanziaria può sostenere che il trasferimento sia meramente formale e finalizzato a ostacolare la riscossione. Tuttavia, questa è una circostanza di fatto che deve essere provata dall’Ufficio e accertata dai giudici di merito. Se i giudici accertano che la società ha mantenuto la sua “continuità giuridica” all’estero, la tesi del trasferimento fittizio viene respinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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