Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18053 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18053 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 12004/2018, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa, per procura in calce al controricorso , dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso l’ordinanza n. 204/2017 della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 20 marzo 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Amministrazione finanziaria notificò a NOME COGNOME eri un avviso di accertamento con il quale riprendeva a tassazione il reddito da partecipazione della predetta nella società RAGIONE_SOCIALE, corrispondente alla quota del 90% detenuta dalla contribuente.
L’atto impositivo faceva seguito a quello precedentemente notificato alla società, relativo a maggiori redditi accertati per l’anno d’imposta 2001.
La contribuente impugnò l’avviso innanzi alla C.T.P. di Massa Carrara, che accolse il ricorso, sul rilievo del fatto che la C.T.P. di Lucca aveva nel frattempo annullato l’avviso concernente la società.
L’Agenzia delle entrate propose appello avverso la decisione.
La C.T.R., preso atto della contemporanea pendenza del gravame erariale sul primo avviso, sospese il giudizio ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ.
Successivamente, i giudici regionali presero atto del fatto che la causa pregiudiziale era stata decisa con sentenza parzialmente favorevole all’Erario , impugnata per revocazione ex art. 395, num. 4), cod. proc. civ.; il ricorso per revocazione era stato successivamente rinunziato dalla contribuente, sicché i giudici regionali, nulla opponendovi l’Ufficio, avevano dichiarato estinto il giudizio per intervenuta cessazione della materia del contendere.
Su tali presupposti, e avuto riguardo al fatto che, rispetto alla pronunzia di estinzione, era «decorso ogni tempo utile senza che nessuno degli aventi interesse abbia provveduto alla riassunzione», la C.T.R. pronunziò «ordinanza definitiva» con la quale dichiarava estinto il giudizio.
Qualificato detto provvedimento come sentenza, l’Amministrazione lo ha impugnato con ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
L’intimata ha resistito con controricorso.
La stessa ha successivamente depositato istanza di definizione della controversia, datata 23 maggio 2019, ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119/2018, alla quale l’Ufficio ha tuttavia opposto diniego, non ricorrendo il presupposto della soccombenza erariale ai fini della riduzione operata. Detto diniego non è stato impugnato.
Considerato che:
L’unico motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 327 cod. proc. civ. -nel testo vigente ratione temporis , anteriore alla modifica apportata dall’art. 46, comma 17, della l. n. 69/2009 -nonché degli artt. 58, comma 1, della l. n. 69/2009, 43, comma 1, e 45, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992.
L’Ufficio denunzia un errore dei giudici regionali nell’individuazione del dies a quo per il computo del termine semestrale di riassunzione del processo sospeso.
Nel caso di specie, in particolare, tale giorno andava individuato nella data di passaggio in giudicato della sentenza che aveva dichiarato l’estinzione del giudizio di revocazione, e a tale ultimo fine (non essendovi stata notifica della sentenza) occorreva fare riferimento al termine ‘lungo’ per impugnare previsto dall’art. 327 cod. proc. civ.
Qui si innestava l’errore dalla C.T.R., che aveva applicato il termine semestrale, quantunque al giudizio in corso fosse ancora applicabile il previgente termine annuale, trattandosi di giudizio introdotto prima del 4 luglio 2009, e perciò non soggetto alla modifica in base alla disposizione transitoria contenuta nell’art. 58 della l. n. 69/2009.
Il motivo è fondato.
I fatti dedotti dalla ricorrente sono pacifici e constano tutti da rilievi documentali.
Risulta, in particolare, che la sentenza con la quale la C.T.R. della Toscana dichiarò estinto il giudizio di revocazione sulla decisione ‘pregiudiziale’ è stata depositata il 27 agosto 2015 e che la stessa era stata resa in un giudizio introdotto, in primo grado, anteriormente alla data del 4 luglio 2009, indicata dalla disposizione transitoria contenuta nell’art. 58 della l. n. 69/2009 .
Il termine per impugnare detta sentenza era dunque quello di un anno, previsto dall’art. 327 cod. proc. civ. nel testo previgente.
In proposito, è appena il caso di richiamare il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui il termine di impugnazione semestrale si applica ai soli giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della legge n. 69/2009 che lo ha introdotto, restando irrilevante il momento di una successiva fase o di un successivo grado del giudizio (cfr. Cass. n. 6784/2012).
Avuto pertanto riguardo al termine annuale per impugnare, la pronunzia resa all’esito del giudizio di revocazione è divenuta definitiva il 4 ottobre 2016; da quella data decorreva il termine per la riassunzione del giudizio sospeso, che venne perciò riassunto tempestivamente, risultando dalla sentenza impugnata che l’Erario vi aveva provveduto il 1° dicembre 2016.
Ha dunque errato la C.T.R. nel ritenere tardiva la riassunzione del giudizio.
Il ricorso va pertanto accolto; la sentenza impugnata è cassata con rinvio al giudice a quo affinchè riesamini la vicenda alla luce del principio indicato e provveda, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Toscana anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema