Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12462 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12462 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11955/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona della legale rappresentante pro tempore , nonché da COGNOME rappresentate e difese dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura alle liti in calce al ricorso per cassazione, con domicilio presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO c/o Avv. NOME COGNOME.
PECEMAIL
– ricorrenti- contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i
cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
PECEMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della PUGLIA, n. 3091/22, depositata in segreteria in data 21 aprile 2022, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale, definitivamente pronunciando sugli appelli principali ed incidentali, rispettivamente proposti dall’Agenzia delle Entrate, da un lato, e dalla RAGIONE_SOCIALE e da COGNOME, dall’altro lato, appelli avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Taranto n. 168/2012, nonché sull’appello dell ‘ Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 1491/2015 della Commissione tributaria provinciale di Taranto, ha così provveduto: « 1.Accoglie ”appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Taranto n. 168/2012, dichiara inammissibile quello di COGNOME e rigetta quello di RAGIONE_SOCIALE.p.a. avverso la medesima sentenza e, per l’effetto, in riforma della stessa, rigetta l’originario ricorso in opposizione contro ravviso di accertamento n.TVP070501484/2010; 2. Rigetta l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 1491/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Taranto ».
I giudici di secondo grado, con riferimento alla sentenza n. 168/2012, hanno ritenuto che:
-) era priva di pregio l’eccezione del ricorso incidentale relativa alla nullità dell’avviso di accertamento per mancata notifica degli allegati al
processo verbale di constatazione in quanto non era necessaria alcuna allegazione essendo l’atto opposto chiaramente comprensibile, tanto da aver determinato diffuse difese da parte della Sifj s.p.a.; inoltre, la contribuente lamentava la carenza di allegati non dell’atto opposto, ma del prodromico processo verbale di constatazione, che, dunque, non dovevano essere notificati unitamente ad un atto di cui non erano parte integrante;
-) sulla ripresa a tassazione di sopravvenienze passive per euro 1.731.677.26, originate da transazioni del 23 dicembre 2006, con cui la RAGIONE_SOCIALE s.p.a. aveva rinunciato a larga parte dei crediti vantati nei riguardi della RAGIONE_SOCIALE s.n.c. e della Scuderia Statte s.n.c., sopravvenienze ritenute non inerenti dall’Agenzia delle Entrate ex articolo 109, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, con avviso di accertamento opposto, la tesi della società contribuente era infondata per molteplici ragioni; le transazioni a monte, quelle con gli istituti di credito, non si sapeva se e come fossero state onorate ovvero se e quando RAGIONE_SOCIALE avesse effettivamente sborsato quanto assumeva (per evitare il fallimento delle due s.n.c.); non si comprendeva, ancora, in base a quali criteri le dette s.n.c., asseritamente finanziate da RAGIONE_SOCIALE, sarebbero state debitrici verso il ceto creditizio; non era dato sapere, ancora, in quale modo si perveniva alla somma oggetto di gratuita rimessione (euro 1.731.677.26), laddove erano gli stessi appellanti incidentali a parlare di cifre ben minori; non si comprendeva, ancora, per quale ragione la RAGIONE_SOCIALE, si sarebbe accollato i rilevantissimi debiti delle due s.n.c., «in quanto, a differenza delle altre società del gruppo», RAGIONE_SOCIALE «era l’unica società che poteva offrire al ceto bancario una garanzia patrimoniale»; nulla era dato sapere delle (eventuali) garanzie prestate nei riguardi del ceto creditizio da parte della RAGIONE_SOCIALE e, dunque, dei suoi reali obblighi giuridici di far fronte ai (pretesi) debiti delle s.n.c.; non si comprendeva cosa doveva rilevarsi dai bilanci e dai mastrini allegati tenuto conto della irrilevanza della
mera e formale correttezza della contabilità e del fatto che le due s.n.c. asseritamente finanziate erano da tempo inoperanti e già largamente indebitate; era del tutto inconferente il richiamo ad una pretesa responsabilità della Sifj s.p.a. ex articolo 2497 c.c. e seguenti; da ultimo non si comprendeva quale utilità imprenditoriale avesse per la RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE la rimessione di tale suo (ipotetico) credito verso le s.n.c. e perché la stessa rimessione dovesse essere operata proprio nell’anno in questione; il sequestro ed il pegno operati sulle azioni dei soci della RAGIONE_SOCIALE nulla diceva sul restante patrimonio degli stessi soci e, dunque, sulle reali possibilità di recupero del credito vantato, nei riguardi di RAGIONE_SOCIALE s.n.c. e RAGIONE_SOCIALE.n.cRAGIONE_SOCIALE, da parte di RAGIONE_SOCIALE, agendosi nei riguardi dei singoli soci; fortissimi elementi emergevano sulla gestione domestica delle s.n.c.. ma non in funzione delle attività imprenditoriali di RAGIONE_SOCIALE o almeno non solo in tale funzione, quanto delle sue necessità fiscali (o, per la precisione, per le sue necessità di evasione fiscale); non si vedeva come fosse stato possibile che società altamente indebitate ed inattive da tempo abbiano potuto disporre di rilevantissime somme di denaro da erogare alla RAGIONE_SOCIALE s.p.a.;
-) era pure legittima la ripresa a tassazione di costi (per euro 203.490,70, con Iva pari ad euro 61.633,39) per la locazione, le provvigioni, la pulizia e l’ammortamento di attrezzature inerenti l’immobile sito in Roma, INDIRIZZO ritenuti non inerenti con ravviso di accertamento opposto, in ragione dell’antieconomicità dell’operazione e del contenuto del contratto di comodato; se l’immobile in esame fosse stato strategico la RAGIONE_SOCIALE non se ne sarebbe riservato l’uso di soli 30 metri quadri, lasciandolo, per la quasi totalità al Circolo comodatario, né il mancato utilizzo della detta sede garantiva «una rilevante pubblicità ed una ottima organizzazione per la riuscita delle riunioni e dei convegni»; le dichiarazioni allegate erano, poi prive di qualsivoglia autentica e senza neppure l’allegazione di un
documento di riconoscimento dei dichiaranti, assolutamente generiche e non credibili in quanto non era plausibile che gli eventi fossero avvenuti senza che se ne fosse potuto indicare (men che meno documentare, ad esempio con locandine pubblicitarie) anche uno solo specificamente;
-) era legittima anche la ripresa a tassazione di costi (per euro 32.925,00) asseritamente sostenuti, dalla RAGIONE_SOCIALE, per pubblicizzare i convegni svolti nei mesi di settembre ed ottobre 2006, con esborso a favore del Circolo Giovani di Roma, in quanto la regolarità formale della contabilità e dei pagamenti non era prova assoluta della fondatezza e veridicità dell’esborso e il consistente esborso risultava del tutto privo di specifica causale;
-) in ordine ai servizi di manutenzione ordinaria, di custodia e vigilanza degli edifici di proprietà Fintecna s.p.a., relativi ai mesi di novembre e dicembre 2006, doveva ritenersi che l’incasso per i mesi di novembre e dicembre 2006 fosse stato chiaramente (ed artificiosamente) differito al 2007, con la conseguenza del corretto recupero a tassazione per tutte le imposte dovute sul detto importo e che, altrettanto correttamente, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato, per il 2006, l’omessa fatturazione di un importo maturato in quell’anno a favore di RAGIONE_SOCIALE.p.a.;
-) quanto alla deducibilità della fattura n. 1 del 24 gennaio 2006 di euro 110.000,00, emessa dalla RAGIONE_SOCIALE dello RAGIONE_SOCIALE, era infondata la dedotta violazione dell’art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986 e del relativo principio di competenza, dato che per il 2006 erano già stati addotti i costi mensili (per complessivi euro 110.000,00 annui) maturati a favore della Ippodromo dello RAGIONE_SOCIALE (di cui alle fatture n. 2 del 24 luglio 2006 e n. 1 dell’8 gennaio 2007, espressamente riferita, quest’ultima, al 2° semestre 2006), risultava evidente che l’ulteriore importo di uguale entità fatturato in precedenza (il 24 gennaio 2006) non poteva che riferirsi al periodo di imposta precedente (2005);
-) era inammissibile il gravame avverso l’omessa pronuncia sull’istanza proposta da COGNOME relativa all’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento, in quanto, poiché nulla risultava disposto e accertato, la stessa era priva di interesse all’azione .
Infine, i giudici di secondo grado, con riferimento alla sentenza n. 1491 del 2015, hanno ritenuto che gli utili fossero stati dichiarati dalla RAGIONE_SOCIALE nel 2007 e, pertanto, la stessa non ne aveva disposto distribuendoli ai soci, avendoli, invece, dichiarati nel 2007.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a dodici motivi, cui resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Con proposta ex art. 380 bis , comma 1, cod. proc. civ., debitamente comunicata, il consigliere delegato ha concluso per la manifesta inammissibilità del ricorso e la ricorrente ha tempestivamente presentato rituale istanza di decisione del ricorso corredata da nuova procura speciale, ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c.;
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria in data 16 marzo 2025 e successiva memoria in data 21 marzo 2025, quest’ultima inammissibile perché tardiva ai sensi dell’art. 372 c.p.c. (come modificato dall’art. 3, comma 27, lett. h, del d.lgs. n. 149 del 2022 (Cass., 27 ottobre 2023, n. 29933) , con l’ulteriore corollario che la documentazione prodotta non riguarda, comunque, l’ammissibilità del ricorso e del controricorso (Cass., Sez. U., 4 agosto 2021 n. 22302).
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo deduce la v iolazione dell’art. 360 , primo comma, n. 4, c.p.c. Nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 115 c.p.c. Omessa valutazione da parte della CGT di secondo grado di tutte le prove documentali legittimamente prodotte dalla ricorrente e acquisite al procedimento e mai contestate dall’Ufficio, nonché omessa valutazione da parte della CGT di secondo grado di tutti i fatti dedotti dal contribuente ricorrente e non specificamente
contestati dalla parte costituita e cioè dall’ Agenzia delle Entrate. Prove decisive ai fini dell’accertamento in sentenza della sussistenza dei requisiti della inerenza e certezza delle poste passive.
2. Il secondo motivo deduce la v iolazione dell’art. 360 , primo comma, n. 5, c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Nullità della sentenza per omesso esame dei seguenti fatti decisivi: a) creazione da parte di due dei tre soci di RAGIONE_SOCIALE e cioè di COGNOME NOME e COGNOME COGNOME (rispettivamente padre e figlia, la terza socia NOME COGNOME NOME era rispettivamente moglie e madre) delle due società satelliti ossia di RAGIONE_SOCIALE (poi s.n.c.) e RAGIONE_SOCIALE (poi s.n.c.) unicamente per finalità di strumentalità reddituale per RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE , tant’è che dette società avevano quale unico cliente la medesima RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE che le eterodirigeva; b) circostanza di dazione in pegno delle azioni RAGIONE_SOCIALE da parte di COGNOME, COGNOME e COGNOME NOME, che tutte le banche creditrici delle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE non agivano esecutivamente singolarmente, sia dal lato attivo, sia dal lato passivo, ma agivano cumulativamente quali creditori, nei confronti del cumulo delle società debitrici, tant’è che in data 26 settembre 1993 avevano stipulato, tutti i soggetti attivi e tutti i soggetti passivi, un documento di concessione in pegno di tutte le azioni RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE con espresso obbligo di non danneggiare il patrimonio RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE; c) Omesso esame del fatto che a garanzia delle creditorie del ceto bancario anche COGNOME NOME aveva concesso in pegno le sue 200.000 azioni di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. e che la stessa era moglie di COGNOME NOME e madre di COGNOME COGNOME. Stesse pagine di riferimento e del fatto storico per cui per poter realizzare le corse di cavalli su cui operare le scommesse in sede ed in collegamento televisivo occorreva un numero minimo di cavalli partecipanti, nonché del fatto storico per cui la notorietà dei cavalli partecipanti, richiamava la partecipazione di altri cavalli dello stesso valore, ed aumentava il monte giocate degli
scommettitori in sede e fuori sede; d) per ottenere i contributi Unire, secondo la convenzione stipulata da RAGIONE_SOCIALE con il ridetto ente statale, la RAGIONE_SOCIALE doveva realizzare campagne pubblicitarie televisive in materia di Ippica, doveva realizzare i programmi televisivi delle sue corse, doveva inviare il segnale televisivo dell’andamento delle corse in tempo reale agli altri ippodromi, doveva inviare i dati delle scommesse con segnale televisivo e che a tali operazioni provvedeva non la RAGIONE_SOCIALE ma la società RAGIONE_SOCIALE; e) solo dopo la cessazione dell’attività imprenditoriale i soci delle due società satelliti e cioè COGNOME COGNOME e COGNOME operarono la trasformazione da RAGIONE_SOCIALE a dimostrazione che non vi era in loro alcun intento frodatorio; f) le due società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avevano cessato la loro utilità per la esclusiva produttività reddituale di RAGIONE_SOCIALE, non per motivi economici o scelte imprenditoriali proprie, ma per factum principis e cioè per provvedimenti normativi o paranormativi provenienti dall’U nire e cioè dal soggetto, unico cliente di RAGIONE_SOCIALE e che alla medesima corrispondeva i contributi a fondo perduto, e che non le consentiva più di utilizzare le attività imprenditoriali da esse esercitate quali società eterodirette; g) RAGIONE_SOCIALE per poter transigere le sue debitorie con il ceto bancario doveva fare le sue proposte per estinguere le debitorie di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, perché gli istituti di credito non accettavano proposte transattive inerenti le debitorie della sola RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE che era l’unico soggetto con garanzia patrimoniale; h) RAGIONE_SOCIALE aveva finanziato i condoni previdenziali delle società quando ancora erano s.r.lRAGIONE_SOCIALE e quindi senza responsabilità economica di COGNOME e COGNOME proprio per evitare il fallimento delle due società satelliti ed un probabile coinvolgimento della medesima RAGIONE_SOCIALE quale unico soggetto che aveva goduto delle loro prestazioni in termini di monopolio e che ne aveva determinato i costi imprenditoriali; i) l’incasso effettivo da parte di RAGIONE_SOCIALE.p.a.
dell’importo complessivo di euro 750.000,00, quale prezzo delle due transazioni stipulate con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non godevano di alcuna garanzia patrimoniale in caso di esecuzione forzata nei loro confronti; sui limitati beni mobili ed immobili di COGNOME NOME e di COGNOME al momento della transazione erano state accese ipoteche e pendevano procedure esecutive immobiliari; COGNOME NOME aveva corrisposto con bonifici bancari dal suo conto corrente a quello di RAGIONE_SOCIALE. la complessiva somma di euro 500.000,00; l’incasso effettivo da parte di RAGIONE_SOCIALE dell’importo complessivo di euro 750.000,00 quale prezzo delle due transazioni stipulate con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE Per le ipoteche, i pegni, i sequestri, le procedure esecutive immobiliari che pendevano sui beni mobili ed immobili di proprietà di COGNOME NOME e COGNOME Milva le possibilità di recupero del credito vantato da parte di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano inesistenti o comunque enormemente inferiori all’importo complessivo di circa euro 750.000,00 ottenuto dalla stipula delle transazioni. P er l’espletamento da parte di S ifj delle procedure esecutive immobiliari nei confronti di COGNOME e COGNOME occorreva un lasso di tempo notevole ed imprevedibile, di perlomeno un decennio e comunque di molti anni; j) tutte le operazioni di pagamento effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in conto transazioni e in conto finanziamenti, risultavano sia dalla contabilità di tutte e tre le società, sia dalle quietanze e cioè dalla documentazione civile, fiscale e bancaria.
3. Il terzo motivo deduce la v iolazione dell’art. 360 , primo comma, n. 3, c.p.c. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Mancata applicazione dell’art. 1965 c.c. e falsa applicazione degli art. 769 e ss . c.c. e dell’art. 1236 c.c., in quanto la fattispecie concreta sottoposta all’attenzione della C GT di secondo grado , su cui valutare l’inerenza e
la certezza, erano due atti di transazione su crediti che avevano natura onerosa e non gratuita.
Il quarto motivo deduce la v iolazione dell’art. 360 , primo comma, n. 5, c.p.c. Omesso esame del fatto relativo all’interesse economico della RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE ad introitare l’importo complessivo di euro 742.146,97, riveniente dalle due transazioni stipulate in data 23 dicembre 2006 con RAGIONE_SOCIALE per euro 325.919,24 e con RAGIONE_SOCIALE.lRAGIONE_SOCIALE per euro 416.227,73. Omessa valutazione del fatto per cui a causa della eterodirezione realizzata da RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, per proprio interesse economico, in caso di fallimento delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE poteva subire dal Curatore fallimentare di sua iniziativa o sollecitato dai creditori sociali delle due società, richieste di risarcimento ex art. 2043 c.c. per i debiti sociali di queste ultime, oltre che responsabilità penali previste per il reato di ba ncarotta fraudolenta patrimoniale di cui all’art. 216 legge fallimentare.
Il quinto motivo deduce la violazione dell’ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Violazione art. 2043 c.c. Violazione art. 2496 c.c. Mancata applicazione della norma per cui in caso di eterodirezione di società del gruppo, la società dirigente nel proprio interesse risponde, in eventuale sede fallimentare delle società eterodirette, delle debitorie di queste ultime che erano state da essa causate. Responsabilità economica e penale di RAGIONE_SOCIALE in caso di fallimento di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Il sesto motivo deduce la v iolazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. Omessa valutazione del fatto che tutte le spese per transazioni ed anticipazioni effettuate da RAGIONE_SOCIALE in favore delle due società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano successive al 1998 e, quindi, correttamente ricomprese e riportate nelle scritture contabili prodotte.
Il settimo motivo deduce la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. Violazione del minimo costituzionale della motivazione. Totale mancanza di logicità dell’apparato motivazionale. Grave ed insanabile contrasto di motivazione. Impossibilità di ricostruire il ragionamento logico seguito dalla CGT di secondo grado. Motivazione tautologica, incomprensibile, in insanabile contrasto con tutto il significato oggettivo dell’intero compendio probatorio acquisito al processo.
L’ottavo motivo deduce la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. Omissione assoluta di motivazione rispetto alla esistenza/inesistenza dei requisiti della inerenza e della certezza delle poste passive dedotte in contabilità dalla Sifj s.p.a. Violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Errore di diritto per violazione dell’art. 109, commi 1 e 5, TUIR circa l’insussistenza della inerenza e della certezza della perdita portata in passività.
Il nono motivo deduce la violazione dell’ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Errore di diritto per violazione dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 nel considerare non attendibili le scritture contabili di RAGIONE_SOCIALE per quanto inerisce i dati delle anticipazioni fatte da RAGIONE_SOCIALE per conto di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Il decimo motivo deduce la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. A) Nullità della sentenza per insistenza e insanabile contrasto di motivazione in merito alla mancata valutazione delle scritture contabili per la decisione. B) Violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. Omessa valutazione di fatto decisivo. Omessa valutazione di dati registrati nelle scritture contabili.
L’undicesimo motivo deduce la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. Nullità della sentenza per mancata valutazione ai sensi dell’art. 115 c.p.c. sia dei fatti dedotti dalla ricorrente NOME e non contestati dall’Ufficio in sede di controdeduzioni e costituzione in giudizio di primo grado, né nelle difese successive, sia delle prove
documentali prodotte dalla ricorrente RAGIONE_SOCIALE e non contestate dall’Ufficio in primo.
Il dodicesimo motivo deduce la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. Omesso esame delle dichiarazioni di COGNOME COGNOME in sede di accertamento; del contenuto del verbale di accertamento da cui risultava che oltre alla stanza direzionale di 30 mq la RAGIONE_SOCIALE utilizzava altre due stanze; della presenza in sede a Roma e gli interessi del Presidente di RAGIONE_SOCIALE a Roma che imponevano la creazione della sede secondaria; del contratto di comodato tra RAGIONE_SOCIALE ed il Circolo che aveva inizio solo a dicembre 2006 e cioè l’ultimo mese dell’anno 2006 oggetto di accertamento ; l’utilizzo da parte di RAGIONE_SOCIALE della sala delle conferenze ogniqualvolta si tenevano riunioni e conferenze; del fatto che il servizio di segreteria della RAGIONE_SOCIALE a Roma nella sede secondaria di INDIRIZZO veniva svolto gratuitamente e senza aggiunta di alcun costo da personale del Circolo.
In via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività sollevata dall’Agenzia delle Entrate nel controricorso.
13.1 L’eccezione è fondata.
13.2 Va rilevato, infatti, che a fronte della avvenuta pubblicazione della sentenza impugnata, in data 21 aprile 2022, la notifica del ricorso è avvenuta, in data 19 maggio 2023 (momento di perfezionamento per il soggetto notificante, giusta ricevuta di avvenuta accettazione, in atti), oltre il termine di sei mesi ( si tratta di giudizio instaurato dopo il 4 luglio 2009 essendo stato impugnato l’avviso di accertamento notificato nel mese di ottobre 2010, cfr. pag. 6 del ricorso per cassazione ) dalla pubblicazione della sentenza impugnata.
13.3 Ed invero, in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 cod. proc. civ. introdotta dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58,
comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cass., 3 aprile 2019, n. 9206).
13.4 Non si applica, invero, la norma di cui all’art. 1, comma 199, della legge n. 197 del 2022, che recita che « Per le controversie definibili sono sospesi per undici mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore della presente legge e il 31 ottobre 2023 », in quanto il termine di impugnazione della sentenza di secondo grado era già scaduto alla data di entrata in vigore della legge n. 197 del 2022 (1 gennaio 2023) e non facendo parte la norma d cui all’art. 1, comma 199, tra le norme che entrano in vigore il 29 dicembre 2022 (ovvero le disposizioni di cui ai commi 160, 161, 162, 163, 164, 165, 544, 595, 596, 597, 598, 599, 600, 601, 602, 781, 782, 783, 784, 833, 894 e 895).
13.5 Come questa Corte ha già precisato, il termine lungo per la proposizione dell’impugnazione, stabilito dall’art. 327 c.p.c., decorre dal giorno della pubblicazione della sentenza e non da quello della comunicazione dell’avvenuto deposito effettuata dal canc elliere alla parte costituita, giacché l’attività partecipativa del cancelliere resta estranea al procedimento di pubblicazione e non costituisce un elemento costitutivo, né integrativo dell’efficacia stessa ( Cass., 3 febbraio 2022, n. 3372; Cass., 8 marzo 2017, n. 5946; Cass., 15 giugno 2010, n. 14297).
13.6 In argomento, anche la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 297 del 25 luglio 2008, ha dichiarato non fondata, in riferimento all’art. 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 327 c.p.c., nella parte in cui prevede la decorrenza del termine (all’epoca annuale, ora semestrale) per l’impugnazione della pu bblicazione della sentenza,
anziché dalla sua comunicazione a cura della cancelleria. L’art. 327 c.p.c., che prevede la decadenza dalla impugnazione dopo il decorso di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, indipendentemente dalla notificazione di questa, opera, infatti, un ragionevole bilanciamento tra l’indispensabile esigenza di tutela della certezza de lle situazioni giuridiche e il diritto di difesa.
13.7 Né è consentita l’applicazione dell’istituto della rimessione in termini, in quanto la decadenza da un termine processuale, incluso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell’omessa comunicazione della data dell’udienza di trattazione e/o della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte di quest’ultima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa (Cass., 29 dicembre 2023, n. 36369).
14. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, sostenute dall’Agenzia controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo, non applicandosi, stante la non conformità tra la proposta opposta e la presente decisione, il novellato art. 380 bis, comma 3, c.p.c., nella parte in cui prevede la condanna ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. e il pagamento in favore della cassa delle ammende, di un ulteriore importo, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c. (Cass., 1 agosto 2024, n. 21668).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la parte ricorrente, al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 8.200,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, con onere a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 27 marzo 2025.