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Tassazione concordato fallimentare: la Cassazione

La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla tassazione del concordato fallimentare con terzo assuntore. L’Amministrazione Finanziaria aveva applicato l’imposta di registro proporzionale del 3% sull’accollo dei debiti. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che per le operazioni soggette a IVA, come l’accollo di debiti commerciali, si applica il principio di alternatività IVA/Registro, con imposta di registro in misura fissa e non proporzionale. Il ricorso dell’Agenzia è stato ritenuto inammissibile perché tentava di spostare il focus su una diversa disposizione patrimoniale (la cessione di un’azione revocatoria) che non era alla base dell’atto impositivo originale.

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Tassazione Concordato Fallimentare: La Cassazione sul Principio di Alternatività IVA/Registro

La corretta tassazione del concordato fallimentare è un tema di grande rilevanza che interseca diritto tributario e fallimentare. Con la sentenza n. 15727 del 5 giugno 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato equilibrio tra imposta di registro e IVA, in particolare nel caso di un concordato con intervento di un terzo assuntore. La decisione chiarisce l’applicazione del principio di alternatività, offrendo importanti spunti per operatori e imprese.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dall’impugnazione di un avviso di liquidazione emesso dall’Amministrazione Finanziaria. L’atto impositivo riguardava il decreto di omologa di un concordato fallimentare di una ditta individuale. Nel concordato era intervenuta una società specializzata come terzo assuntore, la quale si era accollata i debiti della massa fallimentare.

L’Agenzia Fiscale aveva applicato l’imposta di registro in misura proporzionale del 3%, calcolandola sul valore dell’accollo dei debiti concorsuali, ritenendola la disposizione patrimoniale più onerosa ai sensi dell’art. 21, comma 2, del D.P.R. 131/1986.

La società contribuente aveva impugnato l’avviso e sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale le avevano dato ragione. I giudici di merito avevano stabilito che i debiti oggetto di accollo verso fornitori, banche e istituti di credito, essendo riconducibili a operazioni soggette a IVA, dovevano scontare l’imposta di registro in misura fissa, in virtù del principio di alternatività IVA/Registro. L’imposta proporzionale poteva essere applicata solo su una quota residuale di debiti (verso dipendenti ed enti pubblici), non rientranti nel campo di applicazione dell’IVA.

L’Amministrazione Finanziaria ha quindi proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali: la presunta violazione dell’art. 112 c.p.c. (mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato) e la violazione delle norme sull’imposta di registro (art. 21, comma 2, e artt. 8 e 9 della tariffa allegata al D.P.R. 131/1986).

La Decisione della Corte sulla Tassazione del Concordato Fallimentare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria inammissibile, confermando di fatto la decisione dei giudici di merito.

Il cuore della controversia, secondo la difesa erariale, risiedeva nell’applicabilità dell’art. 21, comma 2, del Testo Unico sull’Imposta di Registro. Questa norma stabilisce che, in presenza di un atto contenente più disposizioni connesse, la tassazione debba avvenire applicando l’imposta prevista per la disposizione più onerosa. L’Agenzia sosteneva che la disposizione più onerosa fosse l’accollo dei debiti, a fronte della cessione di un’azione revocatoria (un’azione legale) al terzo assuntore, e che su tale accollo dovesse applicarsi l’imposta proporzionale.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, giudicandola infondata e inammissibile. In primo luogo, ha chiarito che non vi è stata alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. I giudici di merito hanno correttamente affrontato la questione centrale sollevata dall’Agenzia, ossia l’applicabilità dell’art. 21, comma 2, e hanno concluso che, nel caso specifico, dovesse prevalere il principio di alternatività IVA/Registro.

Il secondo motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile perché tentava di deviare l’oggetto del contendere. L’atto impositivo originale (causa petendi) si fondava sull’accollo dei debiti della massa fallimentare. La Corte ha osservato che la difesa dell’Agenzia, nel ricorso, ha cercato erroneamente di spostare l’attenzione sull’irrilevanza del principio di alternatività rispetto a un’altra operazione: la cessione dell’azione revocatoria. Tuttavia, il giudice di merito aveva correttamente basato la propria decisione sull’operazione che era stata effettivamente tassata, ovvero l’accollo dei debiti, rilevandone la riconducibilità ad operazioni soggette a IVA.

In sostanza, la Cassazione ha stabilito che non si può ignorare il principio di alternatività deducendo l’erronea applicazione di tale principio a una disposizione patrimoniale (la cessione dell’azione legale) che era di fatto estranea alla causa petendi dell’avviso di liquidazione. La tassazione doveva essere valutata sull’operazione di accollo dei debiti verso fornitori e banche, che, essendo connessa a scambi commerciali, rientra a pieno titolo nell’ambito IVA e sconta quindi l’imposta di registro solo in misura fissa.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale per la tassazione del concordato fallimentare e, più in generale, per tutti gli atti che contengono plurime disposizioni. Le conclusioni pratiche sono le seguenti:
1. Prevalenza del Principio di Alternatività: Quando un’operazione, come l’accollo di debiti commerciali, è riconducibile a fattispecie soggette a IVA, l’imposta di registro si applica in misura fissa. Questo principio non può essere superato invocando genericamente la regola della “disposizione più onerosa” di cui all’art. 21, comma 2, D.P.R. 131/1986.
2. Centralità della Causa Petendi: La legittimità di un atto impositivo deve essere valutata con riferimento alle ragioni giuridiche e fattuali su cui esso si fonda. Non è possibile, in sede di contenzioso, modificare la base della pretesa fiscale introducendo elementi nuovi o diversi.
3. Chiarezza per gli Operatori: La decisione offre certezza agli operatori del settore delle crisi d’impresa, in particolare ai terzi assuntori, chiarendo che il carico fiscale derivante dall’imposta di registro deve tenere conto della natura delle obbligazioni assunte, distinguendo quelle soggette a IVA da quelle che non lo sono.

Come viene tassato ai fini dell’imposta di registro un concordato fallimentare con terzo assuntore?
La tassazione dipende dalla natura delle disposizioni contenute nell’atto. Se l’accollo dei debiti da parte del terzo assuntore riguarda operazioni soggette a IVA (es. debiti verso fornitori o banche), si applica il principio di alternatività IVA/Registro e l’imposta di registro è dovuta in misura fissa. L’imposta proporzionale si applica solo sui debiti relativi a operazioni fuori campo IVA (es. debiti verso dipendenti o enti pubblici).

Perché il principio di alternatività IVA/Registro è così importante in questo contesto?
Perché evita una doppia imposizione sulla stessa ricchezza. Se una transazione commerciale è già stata (o sarà) soggetta a IVA, sottoporre l’atto che la formalizza (come un accollo di debito) a un’imposta di registro proporzionale equivarrebbe a tassare due volte lo stesso presupposto economico. L’imposta fissa ha la funzione di mera certificazione giuridica dell’atto.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché l’Amministrazione Finanziaria ha tentato di contestare la sentenza di merito basandosi su un’argomentazione (la tassazione legata alla cessione di un’azione legale) che era estranea alla base della pretesa fiscale originale (l’accollo dei debiti). In pratica, ha cercato di cambiare in corsa la ‘causa petendi’ dell’atto impositivo, pratica non consentita nel processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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