Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20376 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20376 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33888/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE con unico socio, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO);
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, MILANO n. 2291/2018 depositata il 18/05/2018; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L ‘Agenzia delle Entrate ha notificato alla società oggi ricorrente l’a vviso di liquidazione n. 2014/001/OM/OOOO11970/0/002, relativo al decreto di omologa n. 11970/2014 emesso dal Tribunale Civile di Milano, inerente un Concordato fallimentare proposto dalla società ricorrente medesima nel RAGIONE_SOCIALE
proposta di concordato prevedeva il rilievo integrale de ll’a ttivo fallimentare da parte del terzo assuntore e il soddisfacimento dei creditori privilegiati e chirografari (questi ultimi nella misura del 18%), a fronte del pagamento di un corrispettivo di euro 450.000 che unitamente alle disponibilità di cassa del fallimento pari ad euro 719.753,88, avrebbe consentito il soddisfacimento dei creditori (per un importo complessivo pari a €1.052.374,00). Trattandosi di due disposizioni correlate da un vincolo di derivazione necessaria, l’ Ufficio liquidava l’imposta “‘come se l’ atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa’ (art. 21, comma 2, del D.P.R. n. 131/86). L’Agenzia delle Entrate, pertanto, applicava l’aliquota del 3% stabilita dall’a rt. 9 della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986, determinando, in tal modo, un’imposta di registro pari a € 31.571,00 oltre diritti di notifica.
Avverso l’avviso di liquidazione è stato proposto dalla contribuente ricorso innanzi alla CTP di Milano, ritenendo la contribuente che fosse errata la modalità di tassazione applicata dall ‘Ufficio all’atto giudiziario oggetto di registrazione , invocando la declaratoria di annullamento parziale errata e falsa applicazione degli artt. 37, 21 comma 2 del DPR 131/86 e 9 della Tariffa, Parte Prima, allegata al citato DPR 131/1986.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con sentenza n. 7729/47/16, ha rigettato il ricorso.
Avverso tale sentenza, la Società contribuente ha proposto appello per violazione dell’art. 36 D.Lgs. 546/1992 ed errata e falsa applicazione degli artt. 37, 21 comma 2 del DPR 131/86 e artt. 8 e 9 della Tariffa Parte Prima allegata al citato DPR 131/86.
La CTR ha respinto l’appello con la sentenza in epigrafe indicata, rilevando che l’imponibile oggetto di tassazione non può essere solo il corrispettivo pattuito per la cessione dell’attività illiquida del fallimento, ma l’intero contenuto della proposta avanzata al ceto
creditorio e da questo accettata, proposta che ha un chiaro contenuto economico e comprende, con un vincolo indissolubile, sia quanto versato dall’assuntore che ha rilevato solo parte dell’attivo fallimentare sia le disponibilità liquide direttamente erogate ai creditori dalla Procedura. Inoltre, ha rilevato che solo con la disponibilità della complessiva somma di € 1.052.374 il proponente ha potuto garantire il pagamento integrale delle spese di procedura, dei crediti in prededuzione e privilegiati e dei chirografari nella misura del 18%, pur con la propria limitazione di responsabilità all’apporto di € 450.000, che costituisce tuttavia solo una parte della proposta, unitaria e inscindibile, al cui accoglimento ed omologazione sono conseguiti effetti liberatori per la società RAGIONE_SOCIALE
Avverso la suddetta sentenza di gravame la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 5 motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate
Successivamente parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380. bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare va analizzata la eccezione con la quale parte controricorrente ha dedotto la inammissibilità del ricorso in quanto, in presenza di una ‘doppia conforme’ preclusiva della possibilità di ricorrere ex art. 360. comma 1, n. 5) c.p.c., parte ricorrente avrebbe veicolato sub specie di nullità della sentenza rilevabili ex art. 360 comma 1 nn. 3) e 4) la richiesta di riesaminare nel merito le risultanze probatorie, richiedendo un riesame dei fatti e delle prove fomite in giudizio e prospettato una conclusione diversa rispetto a quella prospettata dalla CTR.
La eccezione è infondata, perché il ricorrente non chiede una rilettura di fatti, come sostiene il controricorrente, ma invece formula precise contestazioni in diritto.
Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.., si deduce la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, in violazione degli arti. 132 c.p.c., 36 del d,lgs. n. 546/1992 e 112 della Costituzione. Le conclusioni della sentenza gravate sarebbero ‘prive di qualsiasi logica, in quanto non trovano riscontro negli atti sopra indicati’ e ‘ Non si comprenderebbe ‘attraverso quale ragionamento i giudici di secondo grado siano pervenuti alla diversa conclusione ‘.
2.1. La censura non è fondata.
2.2. Per costante giurisprudenza la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^5, 15 aprile 2021, n. 9975). Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘motivazione apparente’, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184).
Nel caso in esame, invero, il decisum -a prescindere dalla sua correttezza in diritto – raggiunge la soglia del minimo costituzionale, avendo i giudici di appello argomentato la loro decisione.
2.3. Il motivo non merita dunque accoglimento.
Con il secondo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.., si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 132 c.p.c. e 36 del d.lgs. n. 546/1992, perché i giudici di merito avrebbero frainteso la materia del contendere, atteso che la proposta di concordato fallimentare aveva ad oggetto solo ed esclusiv amente l’acquisizione dell’attivo illiquido fallimentare (esclusa la Cassa) di valore pari al corrispettivo pagato di € 450.000,00 e non anche l’accol lo o alcuna forma di garanzia di soddisfacimento dei creditori.
Con il terzo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.., si deduce la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia, con conseguente violazione dell’art 112 c.p.c.: parte ricorrente aveva ritualmente eccepito la violazione e falsa applicazione (anche) degli artt. 37 e 21, comma 2 del d.p.r. n. 131/1986 e degli artt. 8 e 9 della Tariffa, Parte Prima allegata allo stesso decreto, cui non è stato dato riscontro.
Con il quarto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.., si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 43 e 21, comma 2 del d.p.r. n. 131/1986, nonché degli arti. 8, lett. a) e 9 della Tariffa, Parte Prima, allegata allo stesso decreto: il decreto di omologa del Tribunale Civile di Milano presentato per la registr azione, è un atto dell’autorità giudiziaria che ha evidenti effetti traslativi, in quanto ha determinato, in conformità a quanto indicato nella proposta di concordato fallimentare solo ed esclusivamente la cessione dell’attivo illiquido fallimentare in favore della Società, a fronte del pagamento del relativo corrispettivo di € 450.000,00 – e non anche l’accollo dei debiti.
Con il quinto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.., si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. e dell’art. 1273 e cod. civ. La CTR avrebbe
erroneamente ritenuto che il decreto di omologa presentato per la registrazione riguardasse un’ipotesi di concordato fallimentare con terzo assuntore dell’acquisizione dell’attivo illiquido fallimentare e dell’accollo implicito dei debiti del fallimento, d a parte del soggetto terzo assuntore benché risultasse per tabulas (sia dal decreto di omologa, sia dalla proposta concordataria) che la contribuente avesse proposto, viceversa, solo ed esclusivamente l’acquisizione dell’attivo fallimentare, a fronte del pagamento del corrispettivo di € 450.000,00, senza alcun accollo dei debiti.
Per il criterio della ragione più liquida (per tutte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11458 del 11/05/2018, Rv. 648510 -01) può affrontarsi con priorità il motivo n. 4, con il quale si rileva la violazione e la non corretta applicazione degli articoli 43 e 21, comma 2, del D.P.R. n. 131/1986, nonché degli articoli 8, lettera a), e 9 della Tariffa, Parte Prima, allegata al medesimo decreto, perché il decreto di omologa del Tribunale Civile di Milano, presentato per la registrazione, costituirebbe un atto dell’autorità giudiziaria con evidenti effetti traslativi, in quanto ha disposto, in conformità alla proposta di concordato fallimentare, esclusivamente la cessione dell’attivo illiquido fallimentare a favore della Società, a fronte del pagamento del corrispetti vo di € 450.000,00, senza prevedere l’accollo dei debiti.
7.1. La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di chiarire che in tema d’imposta di registro, al decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, deve essere applicato il criterio di tassazione correlato all’art. 8, lett. a), della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, con commisurazione dell’imposta in misura proporzionale al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti e con esclusione, dalla base imponibile, del contestuale accollo dei debiti collegato a detta cessione dei beni fallimentari (Cass., 6 maggio 2021, n. 11925 cui adde Cass., 13 novembre 2023, n. 31530; Cass., 12 ottobre 2021, n. 27669);
Nella fattispecie la parte, in realtà, contesta anche che si sia trattato di concordato con terzo assuntore (cioè assume che non v’era stato accollo di debiti della massa che andavano soddisfatti con l’importo offerto in proposta, pari ad € 450.000,00 e con le disponibilità in Cassa del fallimento) ma, nella sostanza, può dubitarsi che non vi sia stato accollo di debiti almeno nei limiti delle somme offerte per rilevare l’attivo fallimentare (esclusa la Cassa) .
7.2. La pretesa del ricorrente appare in ogni caso fondata, atteso che l’imposta, in virtù del principio sopra menzionato, deve essere calcolata con esclusione, dalla base imponibile, del contestuale accollo dei debiti collegato a detta cessione dei beni fallimentari. Ne consegue che, quanto alla quantificazione, vertendosi in tema d’imposta di registro, al decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, deve essere comunque applicato il criterio di tassazione correlato all’art.8, lett. a), della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, con commisurazione dell’imposta in misura proporzionale al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti e con esclusione, dalla base imponibile, del contestuale accollo dei debiti collegato a detta cessione dei beni fallimentari. (Cass, 06/05/2021, n. 11925 (Rv. 661258 – 01).
7.3. La censura merita pertanto accoglimento.
All’accoglimento del quarto motivo consegue l’assorbimento delle ulteriori censure.
In conclusione, il ricorso va accolto nei termini sopra indicati e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, assorbiti i residui motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di
secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 13/02/2025.