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Società in house: vale come ente impositore?

Una società di riscossione, operante come società in house di un Comune, ha visto respingere la sua domanda di ammissione a un passivo fallimentare. La Cassazione ha cassato la decisione, stabilendo che il giudice di merito ha errato nel non valutare la natura di ‘in house’ della società. Tale qualifica, se provata, la equipara a un ente impositore, consentendole di fondare la propria pretesa creditoria sui soli avvisi di accertamento definitivi, senza necessità di notificare cartelle di pagamento.

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Società in house: può agire come ente impositore nel fallimento?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33726/2024, affronta una questione cruciale che intreccia diritto tributario e fallimentare: una società in house, partecipata interamente da un ente pubblico per la gestione e riscossione dei tributi, può essere considerata essa stessa un ‘ente impositore’? La risposta a questa domanda determina le modalità con cui tale società può far valere i propri crediti nel contesto di una procedura fallimentare. La pronuncia chiarisce che la natura di braccio operativo dell’ente pubblico non può essere ignorata.

I Fatti di Causa

Una società concessionaria per la riscossione dei tributi di un Comune presentava domanda di insinuazione al passivo del fallimento di un’azienda per crediti di natura fiscale, basando la propria richiesta su due avvisi di accertamento. Il Tribunale rigettava la domanda, sostenendo che la società concessionaria non potesse essere qualificata come ‘ente impositore’. Secondo il giudice di merito, essa agiva in un mero rapporto di collaborazione e avrebbe dovuto quindi provare il proprio credito non con i semplici avvisi di accertamento, ma attraverso l’iscrizione a ruolo dei crediti e la notifica delle relative cartelle di pagamento.

Contro questa decisione, la società di riscossione ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo di essere una società in house e, in quanto tale, una ‘longa manus’ del Comune, una sua diretta articolazione operativa. Di conseguenza, essa doveva essere considerata a tutti gli effetti come l’ente impositore, con il potere di fondare la propria pretesa sui soli avvisi di accertamento divenuti definitivi.

La natura della società in house e le sue prerogative

Il cuore della controversia risiede nella corretta qualificazione giuridica della società ricorrente. Una società in house non è un semplice fornitore di servizi per la Pubblica Amministrazione. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, affinché una società possa essere definita ‘in house’, devono sussistere tre requisiti fondamentali:

1. Capitale interamente pubblico: Il capitale sociale deve essere detenuto integralmente da uno o più enti pubblici.
2. Attività prevalente: La società deve svolgere la maggior parte della sua attività a favore degli enti pubblici che la controllano.
3. Controllo analogo: L’ente pubblico deve esercitare sulla società un controllo simile a quello che esercita sui propri uffici interni, con un’intensità di comando che va oltre i normali poteri di un socio.

Quando queste condizioni sono soddisfatte, viene meno l’alterità sostanziale tra la società e l’ente pubblico. La società cessa di essere un soggetto giuridico distinto e diventa, a tutti gli effetti, un’articolazione della stessa Amministrazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondati i motivi di ricorso, censurando la decisione del Tribunale. Il giudice di merito, infatti, ha completamente omesso di valutare la questione preliminare e decisiva della natura di società in house della ricorrente. Tale omissione ha viziato l’intera motivazione.

La Cassazione ha affermato che, se fosse stata accertata la natura di ‘in house’, la società avrebbe dovuto essere considerata come lo stesso ente impositore (il Comune). In tal caso, gli avvisi di accertamento, una volta divenuti definitivi per mancata impugnazione, costituiscono titolo sufficiente per provare il credito nell’ambito della procedura fallimentare. Non è necessaria, in questa ipotesi, l’ulteriore procedura di iscrizione a ruolo e notifica della cartella di pagamento, che è tipica degli agenti della riscossione esterni e non delle articolazioni dirette dell’ente impositore.

Il Tribunale ha quindi reso una motivazione carente, non affrontando il thema decidendum sottopostogli e basando la sua decisione su un principio errato. Per questo motivo, la Corte ha cassato il decreto impugnato e ha rinviato la causa allo stesso Tribunale, in diversa composizione, per un nuovo esame.

Conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: la forma giuridica non deve prevalere sulla sostanza dei rapporti. Una società in house che gestisce tributi per conto di un Comune non è un terzo, ma parte integrante dell’amministrazione impositrice. Le implicazioni pratiche sono notevoli:

* Semplificazione probatoria: Le società di riscossione ‘in house’ possono insinuarsi al passivo fallimentare provando il loro credito con i soli avvisi di accertamento definitivi, rendendo la procedura più snella ed efficace.
* Riconoscimento sostanziale: Viene riconosciuto che il controllo esercitato dall’ente pubblico sulla società è così pervasivo da annullare la sua autonomia, equiparandola a un ufficio interno dell’ente stesso.
* Onere del giudice: I giudici di merito sono tenuti a esaminare attentamente la natura del rapporto tra ente pubblico e società partecipata prima di decidere sulle modalità di prova del credito tributario.

In conclusione, la decisione della Cassazione chiarisce che la qualifica di società in house ha conseguenze sostanziali e non meramente formali, estendendo alla società le prerogative tipiche dell’ente impositore che la controlla.

Che cos’è una società in house secondo la Cassazione?
È una società che, pur avendo una personalità giuridica distinta, agisce come un braccio operativo di un ente pubblico. Devono sussistere tre requisiti: capitale interamente pubblico, attività svolta prevalentemente per l’ente controllante e sottoposizione a un ‘controllo analogo’ a quello che l’ente esercita sui propri uffici.

Una società in house può provare un credito tributario in un fallimento con il solo avviso di accertamento?
Sì. Secondo la Corte, se la natura di ‘in house’ viene accertata, la società si qualifica come ente impositore. Di conseguenza, gli avvisi di accertamento, una volta divenuti definitivi, sono un titolo idoneo a dimostrare il credito nell’ambito della procedura di insinuazione al passivo, senza necessità della cartella di pagamento.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha annullato la precedente decisione del Tribunale?
La decisione è stata annullata perché il Tribunale ha completamente omesso di esaminare la questione, sollevata dalla società ricorrente, della sua natura di ‘società in house’. Questa valutazione era un presupposto logico e giuridico indispensabile per decidere correttamente la controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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