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Società di fatto: l’onere della prova spetta al Fisco

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, confermando che l’onere di provare l’esistenza di una società di fatto spetta interamente all’ente impositore. Nel caso specifico, l’Agenzia non ha fornito prove sufficienti riguardo agli elementi costitutivi della società, come il fondo comune e l’affectio societatis, rendendo illegittimo l’accertamento fiscale a carico del presunto socio per redditi da partecipazione.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di fatto: l’onere della prova spetta sempre al Fisco

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia tributaria: la prova dell’esistenza di una società di fatto ai fini dell’accertamento fiscale è un onere che grava interamente sull’Amministrazione Finanziaria. Quando il Fisco non riesce a dimostrare con elementi concreti la sussistenza dei requisiti essenziali del vincolo societario, l’accertamento basato su tale presunzione è illegittimo. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a un contribuente per l’anno d’imposta 2009. L’Amministrazione Finanziaria gli imputava un reddito da partecipazione di oltre 500.000 euro, sostenendo che fosse socio di fatto, con una quota del 20%, di alcune società di capitali di diritto olandese, ritenute esterovestite e operanti in Italia. Secondo l’ente impositore, il contribuente, grazie a incarichi strategici ricoperti all’interno di un noto gruppo imprenditoriale, doveva essere considerato partner occulto di tali entità.

Il contribuente ha impugnato l’atto impositivo, contestando radicalmente la ricostruzione del Fisco. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale gli hanno dato ragione, annullando l’avviso di accertamento. I giudici di merito hanno stabilito che l’ufficio non aveva provato in alcun modo gli elementi sintomatici necessari a configurare una società di fatto, ovvero il fondo comune, l’affectio societatis, la partecipazione al rischio d’impresa e la manifestazione esterna del vincolo sociale.

Il Ricorso in Cassazione e la società di fatto

L’Amministrazione Finanziaria ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su quattro motivi principali:

1. Nullità della sentenza per motivazione apparente: Secondo il Fisco, la decisione dei giudici d’appello era viziata da una motivazione insufficiente e apodittica.
2. Violazione del litisconsorzio necessario: L’ente sosteneva che il processo avrebbe dovuto coinvolgere anche gli altri presunti soci di fatto, data l’inscindibilità della causa.
3. Mancata sospensione del processo: Si lamentava la decisione di non sospendere il giudizio in attesa dell’esito di altri procedimenti pregiudicanti relativi alle società.
4. Violazione delle norme sulla prova presuntiva: Il motivo centrale, con cui si contestava ai giudici di non aver correttamente valutato gli elementi indiziari che, secondo l’Agenzia, provavano l’esistenza della società di fatto.

L’onere della prova sulla società di fatto

La Corte di Cassazione ha esaminato congiuntamente il primo e il quarto motivo, considerandoli connessi e centrali per la risoluzione della controversia. I giudici supremi hanno concluso che il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria era infondato perché non si confrontava realmente con le ragioni della decisione impugnata.

La Corte ha sottolineato che i giudici di merito avevano chiaramente indicato la carenza probatoria da parte del Fisco. L’ufficio si era limitato a ribadire le sue tesi senza specificare:
* In cosa consistesse il conferimento di beni o servizi per la costituzione del fondo comune.
* Da quali elementi si potesse desumere l’affectio societatis (l’intento di associarsi).
* Come fosse stata provata la partecipazione agli utili o la sopportazione delle perdite.

Il solo fatto che il contribuente ricoprisse un ruolo di rilievo in altre società del medesimo gruppo imprenditoriale non dimostrava nulla riguardo alla sua partecipazione a una diversa e non formalizzata società di fatto. La ricorrente, in sostanza, non ha illustrato analiticamente le prove, anche presuntive, che avrebbe offerto a supporto delle sue affermazioni, limitandosi a riproporre le proprie tesi in modo generico.

Le Motivazioni

La Corte ha rigettato anche gli altri due motivi di ricorso. Riguardo al litisconsorzio necessario, ha chiarito che tale principio si applica quando l’esistenza di una società di fatto è un dato accertato e si discute del reddito del socio. In questo caso, però, era la stessa esistenza della società a essere contestata e, infine, esclusa dai giudici di merito. Pertanto, non vi era alcuna necessità di coinvolgere altri soggetti nel processo. Inoltre, essendo il ricorso palesemente infondato, integrare il contraddittorio avrebbe rappresentato un’inutile lungaggine processuale, contraria ai principi di economia e ragionevole durata del processo.

Anche il motivo sulla mancata sospensione del giudizio è stato respinto. La Corte ha ricordato che, in presenza di una sentenza non definitiva in un giudizio pregiudicante, il giudice ha la facoltà discrezionale, e non l’obbligo, di sospendere il processo. La Commissione Tributaria Regionale ha legittimamente esercitato questa discrezionalità scegliendo di non sospendere.

Le Conclusioni

In definitiva, la sentenza conferma un caposaldo del diritto tributario: chi accusa deve provare. L’Amministrazione Finanziaria non può fondare un accertamento fiscale sulla mera presunzione dell’esistenza di una società di fatto senza fornire prove concrete, precise e concordanti dei suoi elementi costitutivi. Un ruolo manageriale, per quanto importante, non è di per sé sufficiente a dimostrare la qualifica di socio occulto. Questa pronuncia rafforza le garanzie del contribuente, imponendo al Fisco un rigoroso rispetto dell’onere della prova e impedendo la costruzione di accuse basate su indizi generici e non adeguatamente circostanziati.

Chi deve provare l’esistenza di una società di fatto in un accertamento fiscale?
In base alla sentenza, l’onere della prova ricade interamente sull’Amministrazione Finanziaria. È l’ente impositore che deve dimostrare, con elementi concreti, la sussistenza del vincolo societario.

Quali sono gli elementi essenziali per dimostrare una società di fatto?
Per provare l’esistenza di una società di fatto, è necessario dimostrare la presenza di elementi sintomatici quali un fondo comune (costituito da conferimenti dei soci), l’affectio societatis (l’intento comune di collaborare), la partecipazione ai profitti e alle perdite e la manifestazione esteriore del rapporto societario.

Un ruolo dirigenziale in un gruppo di imprese è una prova sufficiente per essere considerati soci di fatto?
No. La Corte ha stabilito che ricoprire un ruolo di rilievo, anche in società appartenenti a un importante gruppo imprenditoriale, non è di per sé una prova sufficiente a dimostrare la partecipazione a una distinta e non formalizzata società di fatto. Le prove devono essere specifiche e pertinenti alla presunta società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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