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Società cancellata: impugnazione nulla del liquidatore

La Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso presentato dal liquidatore contro un avviso di accertamento fiscale, notificato dopo la cancellazione della società dal Registro delle Imprese, è inammissibile. Una volta estinta, la società cancellata perde la capacità processuale, rendendo nullo l’intero giudizio intentato in suo nome.

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Società cancellata: l’impugnazione del liquidatore è inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25415/2024, affronta un tema cruciale all’incrocio tra diritto societario e tributario: la sorte degli atti impositivi notificati a una società cancellata dal Registro delle Imprese. La pronuncia chiarisce che il liquidatore non ha più la legittimazione a impugnare tali atti in nome di un ente ormai estinto, delineando un principio procedurale di fondamentale importanza pratica.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una verifica fiscale condotta dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una S.r.l., sospettata di essere coinvolta in una “frode carosello” con il ruolo di “missing trader”. Al termine della verifica, l’Amministrazione finanziaria emetteva un avviso di accertamento e un atto di contestazione per sanzioni.

Tuttavia, prima che questi atti venissero notificati, la società era stata messa in liquidazione e successivamente cancellata dal Registro delle Imprese in data 24 gennaio 2014. Gli atti impositivi venivano quindi notificati dopo la sua estinzione. L’ex liquidatrice, ritenendo illegittimi gli accertamenti, impugnava gli atti agendo in giudizio “in qualità di liquidatrice e ultima amministratrice pro tempore” della società ormai estinta. Le Commissioni Tributarie, sia in primo che in secondo grado, accoglievano il suo ricorso. L’Agenzia delle Entrate, però, non si arrendeva e ricorreva in Cassazione, lamentando un vizio di fondo nel processo.

La questione giuridica e la società cancellata

Il nodo centrale della controversia, come evidenziato dalla Suprema Corte, riguarda un presupposto processuale fondamentale: la capacità di stare in giudizio. Può un’entità giuridicamente inesistente, come una società cancellata, agire in giudizio tramite il suo ex rappresentante legale? Secondo la Cassazione, la risposta è un netto no.

L’articolo 2495 del Codice Civile stabilisce che la cancellazione dal Registro delle Imprese determina l’estinzione irreversibile della società. Questo fenomeno estintivo non ha solo effetti sostanziali, ma anche e soprattutto processuali. La società, cessando di esistere come soggetto di diritto, perde la capacità di essere parte in un processo. Di conseguenza, chi la rappresentava (amministratore o liquidatore) perde ogni potere di rappresentanza.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha accolto il primo motivo di ricorso dell’Agenzia, ritenendolo fondato e assorbente rispetto a tutti gli altri. I giudici hanno sottolineato che l’impugnazione degli atti fiscali era stata proposta dall’ex liquidatrice in nome e per conto di un ente che, al momento dell’instaurazione del giudizio, non esisteva più.

Questa circostanza determina un “vizio insanabile e originario del processo”. L’azione giudiziaria, provenendo da un soggetto privo di capacità processuale, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile sin dal primo grado di giudizio. La Corte afferma che la cancellazione, avvenuta prima della notifica dell’avviso e dell’inizio della causa, ha travolto la legittimazione del liquidatore a rappresentare l’ente.

Di conseguenza, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata “senza rinvio”, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., dichiarando nullo l’intero giudizio. La mancanza di un presupposto processuale essenziale non consente di proseguire la causa, che si chiude con una pronuncia meramente processuale.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante monito: la tempistica della cancellazione di una società è determinante per la gestione del contenzioso. Una volta che la società è estinta, non può più essere parte attrice o convenuta in un giudizio. L’eventuale azione intrapresa dal suo ex rappresentante legale è destinata a essere dichiarata inammissibile.

Questo non significa che i debiti fiscali si estinguano con la società. L’ordinamento prevede meccanismi per cui i creditori sociali (incluso il Fisco) possono rivalersi sui soci o sui liquidatori, ma ciò deve avvenire attraverso azioni dirette nei loro confronti, non più verso la società estinta. La decisione della Cassazione ribadisce con forza un principio cardine del diritto processuale: non c’è giudizio senza un soggetto giuridicamente esistente.

Può un ex liquidatore impugnare un avviso di accertamento notificato dopo la cancellazione della società?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una volta che la società è cancellata dal Registro delle Imprese, si estingue e perde la capacità di stare in giudizio. Di conseguenza, il suo ex liquidatore non ha più il potere di rappresentarla e qualsiasi azione legale intrapresa in nome della società estinta è inammissibile.

Cosa accade a un processo iniziato in nome di una società cancellata?
Il processo è affetto da un vizio procedurale insanabile fin dall’origine. La Corte di Cassazione, rilevato tale difetto, annulla la sentenza impugnata senza rinviare il caso a un altro giudice e dichiara la nullità dell’intero procedimento giudiziario.

La cancellazione della società estingue i suoi debiti fiscali?
No, la sentenza non afferma questo. L’estinzione della società impedisce solo che essa possa agire o essere convenuta in giudizio. I creditori, incluso il Fisco, conservano la possibilità di agire direttamente nei confronti dei soci (nei limiti di quanto da loro percepito in base al bilancio finale di liquidazione) e del liquidatore, qualora ne ricorrano i presupposti di responsabilità personale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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