Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5134 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5134 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 9587/2022 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata n. 221/02/2021, depositata il 6.10.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Potenza accoglieva il ricorso proposto dai soci della RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (estinta a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, avvenuta in data 11.03.2014) avverso gli avvisi di accertamento per IVA e altro, emessi nei confronti della predetta società, per gli anni 2012 e 2013,
Oggetto:
Tributi
e notificati anche ai suoi soci, e dichiarava inammissibile, per carenza di legittimazione processuale, il ricorso proposto avverso i medesimi atti impositivi dalla società e dal suo liquidatore;
con la sentenza in epigrafe indicata, la Commissione tributaria regionale della Basilicata rigettava l’appello proposto dall ‘Agenzia delle entrate, affermando che l’effettiva percezione delle somme, da parte dei soci, in base al bilancio finale di liquidazione, e la loro entità dovevano essere provate dall’Amministrazione finanziaria che agiva contro i soci per i pregressi debiti tributari della società e che, nella specie, dei debiti fiscali della società non dovevano rispondere i soci della società estinta, in quanto risultava incontestato che gli stessi non avevano percepito somme in sede di bilancio finale di liquidazione;
-l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
–NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE rimanevano intimati.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, l ‘Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR escluso erroneamente la responsabilità degli ex soci per i debiti fiscali della società solo sulla base della mancanza di prova circa la percezione delle somme ripartite in sede di liquidazione della società, senza considerare che la presunta mancata riscossione di somme da parte dei soci non esclude l’interesse ad agire dell’Amministrazione finanziaria nei loro confronti nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo riguardante l’obbligazione tributaria della società estinta; aggiunge che altrettanto erroneamente la CTR ha ritenuto che la
prova di detta percezione dovesse essere fornita da ll’Agenzia delle entrate;
con il secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, per motivazione apparente, in quanto la CTR non ha specificato da quali elementi ha desunto il mancato incasso del residuo di liquidazione da parte dei soci, posto che l’Ufficio aveva già evidenziato in primo grado che nel bilancio finale di liquidazione era stato iscritto un ‘capitale finale di liquidazione’ pari ad € 20.484,00, da distribuire ai soci che non avevano provato la mancata riscossione di dette somme, sebbene il piano di riparto prevedesse la distribuzione di utili ai soci;
il secondo motivo, che per ragioni di priorità logica va esaminato per primo, è infondato;
è stato più volte affermato che ‘la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ‘ (Cass., Sez. U. 3.11.2016, n. 22232);
la motivazione della sentenza impugnata non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto presenta una motivazione che, a prescindere dalla sua correttezza o meno, palesa l’ iter logico seguito dai giudici di appello, che hanno ritenuto di confermare la sentenza impugnata e, quindi, l’annullamento della ripresa, in quanto risultava incontestata la mancata percezione di somme da parte dei soci della
società estinta, a seguito della redazione del bilancio finale di liquidazione, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
il primo motivo è, invece, fondato;
occorre premettere che, come hanno affermato le Sezioni Unite di questa Corte, dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese, a seguito della riforma del diritto societario, attuata dal decreto legislativo n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, « pendente societate », siano limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (Cass., Sez. U., 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071 e 6072);
i soci sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all’esito della liquidazione, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano
goduto, o no, di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione;
-l’orientamento giurisprudenziale più recente, a cui il Collegio intende dare continuità, ha chiarito, infatti, che i soci, per il solo fatto di possedere tale qualità, rispondono delle obbligazioni tributarie facenti capo alla società cancellata, non definiti al momento della liquidazione, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione (Cass. n. 30536 del 2021; Cass. n. 26758 del 2022; Cass. 22692 del 2023; Cass. n. 8633 del 2024, principio ribadito, da ultimo, dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 3625 del 2025);
l’Amministrazione Finanziaria ha infatti interesse a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, potendovi essere la possibilità di sopravvenienze attive o di beni e diritti non contemplati nel bilancio, suscettibili di aggressione da parte di tale creditore;
la CTR non ha applicato i richiamati principi affermando che l’effettiva percezione delle somme, da parte dei soci, in base al bilancio finale di liquidazione, e la loro entità dovevano essere provate dall’Amministrazione finanziaria e che, nella specie, dei debiti fiscali della società non dovevano rispondere i soci della società estinta, in quanto non risultava che gli stessi avessero percepito somme in sede di bilancio finale di liquidazione;
in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso e rigettato il secondo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, per nuovo esame e per la liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche
per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 3 dicembre 2024