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Società cancellata: debiti e responsabilità soci

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha rinviato a pubblica udienza un caso riguardante una società cancellata dal registro imprese. L’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento agli ex soci e all’ex liquidatore dopo la cancellazione. Il punto cruciale è l’interpretazione dell’art. 28 del d.lgs. 175/2014, che estende la vita della società ai soli fini fiscali per cinque anni. La Corte ritiene necessario un approfondimento sulla legittimazione del liquidatore a stare in giudizio dopo la scadenza di tale termine e sulla trasmissibilità delle sanzioni tributarie agli ex soci e liquidatore.

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Società cancellata: debiti e responsabilità soci dopo 5 anni

La chiusura di un’attività imprenditoriale è un momento complesso. Ma cosa succede se, anni dopo, il Fisco bussa alla porta degli ex soci per debiti della società cancellata? Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione riaccende i riflettori su questo tema, sollevando questioni cruciali sulla responsabilità di soci e liquidatori una volta superato il limite temporale di cinque anni dalla cancellazione.

Il Fatto: un accertamento fiscale per una società estinta

Una società a responsabilità limitata veniva cancellata dal registro delle imprese il 30 settembre 2015. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2013, indirizzandolo direttamente all’ex liquidatore e agli ex soci. L’accertamento contestava costi indeducibili e Iva indetraibile, con conseguenti sanzioni e interessi.

Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari davano ragione all’Agenzia delle Entrate. Gli ex soci e l’ex liquidatore, ritenendo ingiusta la pretesa fiscale, proponevano quindi ricorso in Cassazione. Il ricorso veniva notificato il 18 aprile 2021, ovvero oltre cinque anni dopo la richiesta di cancellazione della società (datata 25 settembre 2015).

La normativa sulla società cancellata e i debiti fiscali

Il cuore del problema risiede nell’articolo 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014. Questa norma stabilisce una sorta di “ultrattività” della società ai soli fini fiscali. In pratica, per un periodo di cinque anni dalla richiesta di cancellazione, la società si considera ancora esistente per gli atti di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi.

Questo meccanismo crea una finzione giuridica per consentire al Fisco di agire, ma solleva due interrogativi fondamentali che la Corte ha deciso di approfondire:

1. Cosa succede alla scadenza dei cinque anni? Una volta trascorso questo periodo, la società è da considerarsi definitivamente estinta anche per il Fisco? Di conseguenza, l’ex liquidatore ha ancora la “legittimazione processuale”, cioè il potere di rappresentare in giudizio un ente che non esiste più?
2. Le sanzioni sono trasmissibili? Le sanzioni tributarie hanno carattere personale e punitivo. Possono essere trasferite agli ex soci e all’ex liquidatore per violazioni commesse dalla società quando era in vita?

Le motivazioni della Corte di Cassazione

L’ordinanza in esame non fornisce una risposta definitiva, ma svolge una funzione essenziale: evidenziare la complessità e la rilevanza delle questioni. La Corte ritiene necessario un approfondimento, soprattutto alla luce di una recente sentenza delle Sezioni Unite (n. 3625 del 2025) che ha ribadito come, allo scadere del quinquennio, la disciplina ordinaria dell’articolo 2495 del codice civile riprenda pieno vigore.

Il Collegio ha quindi deciso di non decidere il caso in camera di consiglio, ma di rinviarlo a una pubblica udienza. Questa scelta indica che la Corte intende esaminare con la massima attenzione le implicazioni di una decisione che potrebbe creare un importante precedente. In particolare, si vuole chiarire se, trascorsi i cinque anni, l’azione del Fisco debba considerarsi preclusa nei confronti della società cancellata e se i suoi rappresentanti possano ancora difendersi in giudizio.

Inoltre, la questione della trasmissibilità delle sanzioni è un tema dibattuto, che tocca il principio della personalità della responsabilità. La Corte vuole valutare se e in che limiti gli ex soci e l’ex liquidatore debbano rispondere personalmente per sanzioni irrogate alla società estinta.

Le conclusioni

Questa ordinanza interlocutoria è un segnale importante. Pur non decidendo il caso, la Corte di Cassazione si prepara a fare luce su un’area grigia della normativa fiscale e societaria. La futura sentenza avrà conseguenze pratiche significative per chiunque sia stato socio o liquidatore di una società cancellata. Stabilirà con maggiore chiarezza i limiti temporali e soggettivi della responsabilità per i debiti tributari, offrendo (si spera) maggiori certezze a imprenditori e professionisti. Per ora, resta l’attesa per una pronuncia che potrebbe ridefinire le regole del gioco a distanza di anni dalla chiusura di un’impresa.

Cosa succede ai debiti fiscali di una società cancellata?
Secondo l’art. 28 del d.lgs. 175/2014, ai soli fini fiscali, l’estinzione della società ha effetto solo dopo cinque anni dalla richiesta di cancellazione. Durante questo periodo, l’Agenzia delle Entrate può ancora notificare atti di accertamento e riscossione.

L’ex liquidatore può rappresentare in giudizio una società dopo 5 anni dalla sua cancellazione?
Questa è una delle questioni chiave che la Corte di Cassazione ha deciso di approfondire. L’ordinanza solleva il dubbio che, scaduto il quinquennio di “ultrattività” fiscale, l’ex liquidatore perda la legittimazione a stare in giudizio, poiché la società è da considerarsi definitivamente estinta a tutti gli effetti.

Le sanzioni tributarie della società estinta si trasferiscono a ex soci e liquidatore?
L’ordinanza non dà una risposta definitiva, ma identifica questo come un punto cruciale da analizzare in pubblica udienza. La Corte dovrà valutare se il principio della personalità della sanzione impedisca la sua trasmissibilità agli ex soci e all’ex liquidatore per violazioni imputabili alla società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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