Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23354 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23354 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28761-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 129/2020 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 27/04/2020 R.G.N. 409/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Avviso di addebito rottamazione
R.G.N. 28761/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2025
CC
RILEVATO CHE
1.La Corte d’appello di Messina, in parziale accoglimento del gravame proposto da INPS avverso la sentenza di primo grado di accoglimento dell’opposizione proposta da Oteri NOME NOME ad avviso di addebito emesso per omissione contributiva nella gestione commercianti per l’anno 2011, derivante da un accertamento tributario impugnato presso la competente Commissione Tributaria, ed annullato per mancata astensione di INPS dalla iscrizione a ruolo del vantato credito contributivo in pendenza della predetta impugnazione ex art. 24 d.lgs. 46/99, ha dichiarato inammissibile l’appello formulat o da S.C.RAGIONE_SOCIALE s.p.a. per difetto di legittimazione passiva stante l’epoca dei crediti mandati in riscossione, non ceduti alla società di cartolarizzazione, ed ha confermato l’annullamento dell’avviso di addebito fondato su un’iscrizione a ruolo che l’INPS non poteva eseguire in pendenza di ricorso tributario, né era verificabile l’invocato accertamento del credito derivante dal superamento di limiti reddituali oggetto di accertamento tributario, per il quale, nel merito, ha anche dichiarato il proprio difetto di giurisdizione.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione l’INPS affidandosi a tre motivi, a cui il contribuente resiste con controricorso, illustrato da memorie difensive.
La causa è stata discussa e decisa all’adunanza camerale del 12/6/2025.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo di ricorso l’Istituto deduce, ai sensi dell’art. 360 co.1 n.4 c.p.c., la nullità della sentenza ex art. 132 co.2 n.4 c.p.c., per avere la Corte di merito dichiarato il difetto
di giurisdizione confermando contestualmente l’annullamento dell’avviso di addebito emesso in assenza di un provvedimento esecutivo del giudice tributario.
Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 30 d.l. 78/2010 conv. in L. 122/2010, e dell’art. 24 d.lgs. 46/99 per avere la Corte di merito dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del giudice tributario laddove le controversie in tema di legittimità degli avvisi di addebito sono affidate alla giurisdizione del giudice ordinario, come da Cass., Sez.Un. 19523/18, a nulla rilevando che le controversie previdenziali siano originate da un accertamento tributario.
Con il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c., la violazione delle medesime disposizioni normative del punto n.2, per avere la Corte di merito annullato l’avviso di addebito limitandosi a dichiararne l’illegittimità senza esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto e senza accertare la fondatezza della pretesa contributiva.
Nel controricorso il contribuente rileva sul primo motivo che non v’è contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili poiché la Corte d’appello non ha annullato l’avviso di addebito ma ha respinto l’appello ritenendo corretta l’interpretazione del primo giudice sull’art. 24, e non era potuta entrare nel me rito della pretesa contributiva in quanto avrebbe dovuto scrutinare la sostanza dell’accertamento tributario per il quale la Corte territoriale non aveva giurisdizione. Sul secondo motivo la Corte aveva ritenuto di non poter stabilire se la pretesa contributiva fosse legittima o meno, né l’INPS aveva dedotto alcun elemento differente ed ulteriore a fondamento della sua pretesa al di là
del mero richiamo al verbale di accertamento fiscale. Ed infine sul terzo motivo, ritiene che gravi sull’ente l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa riportata nell’avviso di addebito, ma nessun elemento era stato prodotto, neppure l’avviso di accertamento tributario.
Nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza il controricorrente riferisce di aver aderito alla definizione agevolata ex lege n.197/2022 (cd. rottamazione-quater) inerente lo stesso avviso di accertamento impugnato in sede ordinaria, precisando di avere anche cominciato e pagare le prime rate, come documentato. Conclude per la richiesta di cessata materia del contendere o per la dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse ad agire in capo ad INPS, in subordine per la inammissibilità, o improcedibilità o infondatezza del ricorso.
4. Il ricorso è inammissibile.
Dirimente per la soluzione della controversia è la rilevanza decisoria di quanto da ultimo rappresentato dal contribuente. Questi ha documentato di aver aderito alla definizione agevolata di cui all’art. 1 co . 236 L. n.197/2022, presa in carico dall’Agenzia delle Entrate -Riscossione come da comunicazione del 21/7/2023 (data di elaborazione della comunicazione della dichiarazione presentata il 30/6/2023) e di aver iniziato a pagare le rate previste nel piano di rateizzazione in scadenza al novembre 2027.
6 . L’istanza di definizione agevolata (cd. ‘rottamazione -quater’), di cui è stata prodotta in allegato alle memorie illustrative la comunicazione di accettazione da parte di Agenzia di Riscossione, ha avuto ad oggetto il titolo iscritto a ruolo
( l’avviso di addebito n. NUMERO_CARTA; e, successivamente alla presa in carico da Agenzia Entrate Riscossione, il contribuente ha avviato, come documentato, il pagamento dei ratei per le prime mensilità.
In presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata, implicante impegno a rinunciare al giudizio, questa Corte ha chiarito che il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, ovvero perché ricorre un caso di estinzione ex lege, qualora sia resistente o intimato, ferma in entrambi i casi la dichiarazione di cessazione della materia del contendere ove risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato (così Cass. n. 24083 del 2018).
A tale ultima soluzione (già affermata da questa Corte anche in relazione alla dichiarazione resa ex art. 1, d.l. n. 148/2017: così Cass. n. 11540 del 2019) non reputa il Collegio che si possa pervenire nel caso di specie, atteso che, pur prevedendo il primo periodo de l comma 236 dell’art. 1, l. n. 197/2022, il medesimo impegno a rinunciare ai giudizi pendenti aventi oggetto i carichi per i quali è intervenuta richiesta di definizione agevolata, il successivo periodo stabilisce che ‘l’estinzione del giud izio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati’; nel caso di specie, ciò non risulta, poiché dalla comunicazione dell’Agenzia delle entrate -riscossione allegata alla memoria si evince anzi che il debito verrà estinto solo in data 30.11.2027.
È stato di recente osservato (ord. n.32688/24) che ‘ Non risultando compatibile con il giudizio di cassazione la previsione di cui al medesimo primo periodo dell’art. 1, comma 236, l. n. 197/2022, secondo il quale ‘nelle more del pagamento delle somme dovute sono sospesi dal giudice’, deve piutt osto rilevarsi che l’avvenuta adesione alla definizione agevolata con l’impegno a rinunciare (anche) al presente giudizio determina sicuramente la sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione, ciò che comporta l’inammissibilità del ricorso per cassazione (così, in un caso analogo, Cass. S.U. n. 28182 del 2020 nonché Cass. n. 36849 del 2022 e, con specifico riferimento alla normativa in esame, Cass. nn. 15722 e 34822 del 2023).’ Nello stesso senso cfr. anche ord. 14581/2025.
In linea con il citato orientamento, consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per una sopravvenuta carenza di interesse a proseguire nel giudizio di legittimità, non potendo il ricorrente istituto dimostrare alcun interesse a soddisfare una pretesa che il contribuente ha riconosciuto, accettandone il carico ed effettuandone il pagamento rateale, avendo così prescelto una modalità definitoria alternativa in ambito amministrativo, che peraltro, in mancanza di opposizione o contestazione, giova al ricorrente ancorché non abbia esplicitamente accettato la rinuncia.
Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate in ragione della sopravvenienza normativa rispetto alla data di instaurazione del giudizio di legittimità e dell’esito definitorio maturato in corso di causa.
Essendo la disposizione di cui all’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, finalizzata ad evitare impugnazioni pretestuose o dilatorie, deve escludersi che il meccanismo
sanzionatorio ivi previsto sia applicabile alle ipotesi di inammissibilità sopravvenuta del gravame (cfr. fra le tante Cass. nn. 19464 del 2014, 13636 del 2015, 3542 del 2017 e, da ult., Cass. S.U. 28182 del 2020, cit.), onde non si ravvisano i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Compensa le spese processuali fra le parti.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 12 giugno 2025.
La Presidente, NOME COGNOME