Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18956 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18956 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4617/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Milano n. 11904/2018, depositata il 27 novembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -In data 11 maggio 2015, la RAGIONE_SOCIALE depositava dinanzi al Giudice di Pace di Milano un ricorso monitorio con il quale chiedeva di ingiungere ad NOME COGNOME il pagamento della somma di euro 1.146,08, oltre interessi. Assumeva la ricorrente che con pec del 14 agosto 2014 il COGNOME aveva sollecitato, tramite il suo difensore, il pagamento di n. 3 fatture emesse nel 2013 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, per complessivi euro 6.991,09; che alla suddetta pec aveva fatto seguito una conciliazione tra le parti, le quali, in data 23 dicembre 2014, avevano sottoscritto una ”scrittura privata di transazione”; che la RAGIONE_SOCIALE aveva versato al COGNOME l’importo concordato di euro 5.504,21, omnicomprensivo, senza accorgersi che la somma convenuta dalle parti era stata pattuita al lordo RAGIONE_SOCIALE ritenute di acconto, pari a euro 1.146,88; che il COGNOME non aveva fornito riscontro alla successiva richiesta di restituzione RAGIONE_SOCIALE somme, né aveva versato l’ importo di euro 1.146.88 all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate. Sulla scorta di quanto dedotto, il Giudice di Pace di Milano ingiungeva al COGNOME il pagamento della somma di euro 1.146,88, oltre interessi.
Con atto di citazione ritualmente notificato, NOME COGNOME si opponeva al decreto ingiuntivo, contestando il dedotto ed eccependo il difetto di legittimazione della RAGIONE_SOCIALE In particolare, deduceva: a) di avere prestato la propria opera per la RAGIONE_SOCIALE negli anni 2012 e 2013 con fatturazione mensile; che alla cessazione del rapporto professionale residuavano a suo credito gli importi dovuti per i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2014 (pari ad euro 6.991,09); che una volta rivendicato il pagamento con l’aggiunta degli interessi legali e RAGIONE_SOCIALE spese per l’avvio della procedura, le parti erano giunte a una transazione che prevedeva l’attribuzione in suo favore dell’importo di euro 5.504,21, omnicomprensivo; che l’accordo omnicomprensivo era stato sottoscritto “in relazione alla situazione del momento”; che la
RAGIONE_SOCIALE aveva eseguito i pagamenti pattuiti, senza versare alcuna ritenuta d’ acconto. Tanto premesso, rilevata l’assoluta carenza di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE, chiedeva la revoca del decreto opposto.
Si costituiva parte opposta sostenendo di avere piena legittimazione attiva e chiedendo la conferma del decreto, nonché la condanna del COGNOME al risarcimento in suo favore del danno ex art. 96 cod. proc. civ., da liquidarsi in via equitativa.
Con sentenza n. 11260/16, depositata in data 1° dicembre 2016, il Giudice di Pace di Milano rigettava l’opposizione.
-Avverso detta pronuncia ha proposto appello il COGNOME. La RAGIONE_SOCIALE si costituiva chiedendo il rigetto del gravame. il Tribunale di Milano ha accolto integralmente l’appello.
-La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
NOME COGNOME si è costituito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
NOME COGNOME ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via a preliminare va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza.
Per soddisfare il requisito imposto dall’articolo 366, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. il ricorso per cassazione deve contenere la chiara esposizione dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le posizioni processuali RAGIONE_SOCIALE parti con l’indicazione degli atti con cui sono stati formulati causa petendi e petitum , nonché degli argomenti dei giudici dei singoli gradi (Cass., Sez. VI-3, 28 maggio 2018, n. 13312; Cass., Sez. I, 31 luglio 2017, n. 19018). Nel caso di specie, dalla narrativa del ricorso è possibile comprendere lo svolgimento del procedimento e le ragioni poste alla base RAGIONE_SOCIALE pretese fatte valere in giudizio.
2. -Con il primo motivo del ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione all’art. 64 , primo comma, d.P.R. 600/1973, e all’art. 35 d.P.R. 602/1973, per aver erroneamente ritenuto il giudice di secondo grado, nella parte motiva della sentenza, che: ” il pagamento della imposta del sostituto è debito solidale fra questi ed il sostituito, verso l’erario, per cui una rivalsa del debitore solidale può esservi, se non è stata operata la trattenuta sul pagamento, solo dimostrando di aver pagato il debito fiscale, maturato in capo al sostituito, cioè esibendo l’attestazione del pagamento dell’imposta “. Parte ricorrente evidenzia l’erroneità del ragionamento seguito poiché, nella sostituzione a titolo di acconto, il sostituto non è debitore sulla base degli stessi criteri generali della soggettività passiva dell’obbligazione, che si applicano nei confronti del sostituito. Il sostituto a titolo di acconto non è il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria, ma è tenuto al versamento della ritenuta per altri obblighi che hanno come fattispecie l’erogazione di somme al sostituito e che consistono nell’operare una ritenuta e nel versare una somma corrispondente. Di converso, il sostituito è obbligato nei confronti dell’Erario per l’intero suo reddito, comprese le ritenute, che per lui costituiscono un acconto da scomputare dall’imposta. La sostituzione a titolo di acconto, quindi, realizza una forma di riscossione anticipata. La norma tributaria, infatti, precisa che il sostituto d’imposta è il soggetto che la legge tributaria sostituisce completamente a colui che realizza il presupposto di imposta nei rapporti con l’amministrazione finanziaria. Più precisamente, ai sensi dell’art. 64, primo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, è sostituto d’imposta “chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento d’imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche e a titolo di acconto”. Il legislatore tributario, dunque, individua nel sostituto l’obbligato al versamento, cioè il soggetto tenuto ad adempiere all’obbligazione tributaria nei
confronti del fisco. La ritenuta, alla stregua degli artt. 23 e ss. del d.P.R. n. 600 del 1973, è una somma che il sostituto è obbligato a trattenere e a versare periodicamente all’amministrazione finanziaria a titolo di IRPEF, da calcolarsi sul reddito spettante al percipiente, quale controprestazione del servizio reso al sostituto (ad es. una prestazione di lavoro autonomo) e che può essere a titolo di acconto oppure a titolo d’imposta. Nel caso della ritenuta a titolo d’acconto, come nella fattispecie, essa costituisce un’anticipazione del tributo dovuto dal sostituito, il quale rimane obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi percepiti, ma per legge, ha il diritto di portare in detrazione l’ ammontare RAGIONE_SOCIALE ritenute subite. Da ciò risulterebbe evidente che l’asserita solidarietà non può essere desunta dal citato art. 64, né pare rinvenibile nell’art. 35, d.P.R. n. 602 del 1973. Infatti, l’importo versato da lla RAGIONE_SOCIALE al COGNOME, in forza della scrittura privata intercorsa tra le parti, era al lordo della ritenuta d’acconto. Quindi , non era stata operata la ritenuta. Il processo logico compiuto dal giudice di appello ha portato a ritenere che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe maturato il diritto di rivalsa nei confronti di COGNOME solo nel momento in cui la società avesse dimostrato di aver adempiuto al versamento della ritenuta, nonostante il COGNOME non avesse restituito le somme dovute. Non essendosi avverata questa condizione, il giudice ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE non avesse legittimazione attiva per procedere al recupero di tali somme.
Con il secondo motivo del ricorso si prospetta la violazione o falsa applicazione della norma di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. , in relazione all’art. 67 d.P.R. 600/1973, per aver erroneamente ritenuto, il giudice dell’appello, nella parte motiva, che: ” in altre parole, in caso di mancato pagamento, il sostituito è tenuto comunque al pagamento dell’imposta e perciò di nulla si arricchisce, poiché se non versasse all’erario, resta il debito a suo carico, solidale con il sostituto “. La ricorrente sottolinea in primis
come la sentenza qui impugnata sia nebulosa, in merito alla definizione di ‘imposta’ , riferendosi non a quella derivante dalla sostituzione a titolo di acconto, come nel caso di specie, ma erroneamente a quella inerente alla sostituzione a titolo di imposta, e così identificandola con la prima. È chiaro che il sostituito dovrà pagare le imposte, ma queste non hanno nulla a che vedere con la ritenuta d’acconto, il cui versamento spetta solo al sostituto. Tale principio è specificato nella risoluzione n. 68/E del 2009 dell’RAGIONE_SOCIALE, che ha precisato che lo scomputo RAGIONE_SOCIALE ritenute prescinde totalmente, oltre che dall’esibizione all’erario RAGIONE_SOCIALE certificazioni attestanti il prelievo tributario, anche dall’effettivo versamento RAGIONE_SOCIALE somme trattenute. La Commissione Tributaria Centrale (n. 1303 del 3 aprile 1995) ha affermato che ‘qualora il contribuente, per fatto omissivo del sostituto d’imposta, non è posto in grado di produrre la documentazione necessaria per provare di aver subito le ritenute d’acconto, le somme dovute non possono essere richieste anche allo stesso sostituito, stante il divieto di doppia imposizione posto dagli articoli 7 e 67 del Dpr 600/1973 ‘ . Con la risoluzione 68/E del 19 marzo 2009, l’RAGIONE_SOCIALE ha specificato che l’espressione ‘certificazioni richieste ai contribuenti’, utilizzata dall’articolo 36 -ter del Dpr 600/1973, non si riferisce alle sole certificazioni rilasciate dai sostituti di imposta. Infatti, ad essa dev’essere attribuita una portata più ampia, idonea a riconoscere anche la validità di certificazioni diverse. Il contribuente può fornire la dimostrazione RAGIONE_SOCIALE ritenute non certificate con l’esibizione congiunta della fattura e della relativa documentazione, proveniente da banche e da intermediari finanziari, idonea a comprovare l’importo del compenso percepito, al netto della ritenuta, così come risulta dalla fattura stessa. Ammettendo anche che il COGNOME non avesse utilizzato la certificazione rilasciata dalla RAGIONE_SOCIALE egli, in ogni caso, ha potuto scomputare le ritenute d’acconto dall’imposta lorda dovuta, in forza della certificazione
ricevuta. Ne consegue che COGNOME si è arricchito dell’importo di euro 1.146,88, pagatogli per errore dalla RAGIONE_SOCIALE, per ritenuta d’acconto, che avrebbe dovuto essere versata all’Erario. Da ciò l’evidente errore in cui sarebbe incorso il giudice dell’appello.
2.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati nei termini di cui motivazione.
Tra le parti è intervenuta una transazione che prevedeva il pagamento dell’importo concordato di euro 5.504,21, da ritenersi ‘ omnicomprensivo ‘ . Tale importo doveva evidentemente intendersi comprensivo anche dell’obbligazione tributaria, trattandosi del pagamento di compensi professionali che sono assoggettati alla ritenuta d’ acconto (artt. 23 ss. d.P.R. n. 600 del 1973), dovuta sulle somme pagate a titolo di compenso per prestazioni di lavoro autonomo, applicabile anche quando il lavoratore autonomo non è diretto creditore dell’ente che procede al pagamento e versa la somma quale debitore del debitore, come nel caso in cui il pagamento sia eseguito, a seguito di esecuzione coattiva, dal debitore del debitore (parte soccombente) al difensore antistatario della parte vittoriosa (Cass., Sez. III, 26 maggio 2020, n. 9702; Cass., Sez. III, 19 settembre 2014, n. 19739; Cass., Sez. Un., 26 giugno 2009, n. 15031).
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che nel sistema della ritenuta d’acconto, diretto ad agevolare non solo la riscossione ma anche l’accertamento degli obblighi del percettore del reddito, la mancata effettuazione della ritenuta, da parte del sostituto, non elimina il suo obbligo di versare la somma corrispondente ( perpetuatio obligationis ), fermo il suo diritto di rivalersi, in relazione all’importo corrisposto, nei riguardi del sostituito (cd. rivalsa successiva) (Cass., Sez. V, 28 dicembre 2017, n. 31028; Cass., Sez. V, 9 dicembre 2002, n. 17515).
Il principio vale anche nell’ipotesi in cui, a parti invertite, sia stato il sostituto a versare la somma corrispondente chiesta
dall’Amministrazione al sostituito, posto che la definizione del sostituto di imposta come colui che, in forza di legge, è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, ai sensi dell’art. 64, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non toglie che anche il sostituito debba ritenersi obbligato solidale al pagamento dell’imposta allorquando il sostituto non abbia effettuato le ritenute, operando in tal caso il disposto di cui all’art. 35, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Cass., Sez. Un., 12 aprile 2019, n. 10378) e dunque il principio generale di cui all’art. 1292 cod. civ., a mente del quale l’adempimento da parte di uno dei coobbligati libera gli altri.
Come sostenuto dalle Sezioni unite di questa Corte, invero, occorre distinguere tra solidarietà e sostituzione, posto che soggetto passivo dell’imposta rimane comunque il sostituito e che il versamento della ritenuta d’acconto da parte del sostituto costituisce un’obbligazione autonoma rispetto all’imposta, che la legge pone soltanto a carico del sostituto a mezzo degli artt. 23 e ss. del d.P.R. n. 600 del 1973, come arguibile dal fatto che la solidarietà è prevista dall’art. 35 del d.P.R. n. 602 del 1973 soltanto quando il sostituto non abbia versato l’acconto, con ciò chiaramente escludendo che, fuori dell’ipotesi di inadempimento del sostituto, il sostituito possa in via solidale essere tenuto al pagamento dell’acconto d’imposta. Pertanto, il mancato adempimento dell’autonoma obbligazione posta a carico del sostituto, in uno con la mancata effettuazione a monte RAGIONE_SOCIALE relative ritenute, giustifica l’attribuzione al soggetto passivo dell’imposta, ossia al sostituito, dell’obbligo solidale di provvedere al suo pagamento, con conseguente esposizione dello stesso al potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria e a tutti i conseguenti oneri.
Il Tribunale dovrà dunque riesaminare la questione oggetto del contendere, riferita all’importo richiesto a titolo di ritenuta d’acconto, al fine di chiarire l’ adempimento dell’obbligazione tributaria anche alla luce dell’avviso emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
-Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Milano, in persona di diverso magistrato, anche per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Milano, in persona di diverso magistrato, anche per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione