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Ritenuta d’acconto: la rivalsa del sostituto

Una società paga un compenso lordo a un professionista senza operare la ritenuta d’acconto. La Corte di Cassazione stabilisce che la società, in qualità di sostituto d’imposta, ha diritto di rivalsa per recuperare la somma, anche se non ha ancora versato l’importo all’Erario, cassando la decisione del Tribunale che negava tale diritto.

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Ritenuta d’acconto non trattenuta: chi paga il conto?

La gestione della ritenuta d’acconto rappresenta un adempimento cruciale nei rapporti tra committenti e professionisti. Un errore in questo meccanismo può generare contenziosi complessi, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. La pronuncia chiarisce un punto fondamentale: cosa accade se un’azienda, in qualità di sostituto d’imposta, paga per errore il compenso lordo a un professionista senza applicare la ritenuta? E, soprattutto, può chiedere indietro quella somma anche se non l’ha ancora versata all’Erario? Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I fatti di causa

Una società e un professionista avevano concluso una transazione per chiudere un debito relativo a delle fatture non pagate. L’accordo prevedeva il pagamento di una somma ‘omnicomprensiva’ di circa 5.500 euro. La società effettuava il bonifico per l’intera cifra, ma solo in un secondo momento si accorgeva di aver commesso un errore: non aveva trattenuto la ritenuta d’acconto di oltre 1.100 euro, che per legge avrebbe dovuto versare direttamente all’Agenzia delle Entrate.

A seguito della scoperta, la società chiedeva al professionista la restituzione della somma erroneamente corrisposta. Di fronte al suo rifiuto, la società otteneva un decreto ingiuntivo. Il professionista si opponeva, dando il via a un percorso giudiziario che è arrivato fino in Cassazione.

Le decisioni dei giudici di merito

Inizialmente, il Giudice di Pace dava ragione alla società. Tuttavia, il Tribunale, in sede di appello, ribaltava la decisione. Secondo il giudice di secondo grado, la società non aveva diritto a chiedere la restituzione della somma (esercitare la rivalsa) perché non aveva dimostrato di aver effettivamente pagato la ritenuta all’Erario. In altre parole, secondo il Tribunale, solo dopo aver sanato la propria posizione con il fisco, la società avrebbe potuto rivalersi sul professionista. Per il Tribunale, senza questo pagamento, non c’era alcun danno per la società né un arricchimento ingiusto per il professionista.

La rivalsa sulla ritenuta d’acconto secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, cassando con rinvio la sentenza del Tribunale. I giudici supremi hanno fornito un’analisi dettagliata del meccanismo della sostituzione d’imposta, chiarendo la natura delle obbligazioni e i diritti delle parti coinvolte.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che l’obbligo del sostituto d’imposta (la società) di versare la ritenuta d’acconto è un’obbligazione autonoma nei confronti del fisco. La mancata effettuazione della ritenuta al momento del pagamento al professionista (il sostituito) non elimina questo obbligo (principio della perpetuatio obligationis). La società resta comunque tenuta a versare la somma all’Erario.

Contestualmente, il pagamento dell’intero importo lordo al professionista costituisce un pagamento indebito per la parte corrispondente alla ritenuta. Questo genera un arricchimento per il professionista, che riceve una somma maggiore di quella a cui avrebbe avuto diritto al netto delle imposte. Di conseguenza, sorge il diritto della società di agire in rivalsa per recuperare la somma pagata in eccesso.

Cruciale è il principio affermato dalla Corte: questo diritto di rivalsa non è condizionato dal preventivo pagamento della ritenuta all’Erario. L’errore nel pagamento al professionista è di per sé sufficiente a giustificare la richiesta di restituzione. La responsabilità solidale tra sostituto e sostituito nei confronti del fisco, come precisato dalle Sezioni Unite, scatta solo in caso di omesso versamento della ritenuta da parte del sostituto. Ma questa solidarietà regola il rapporto con l’Erario, non il rapporto interno tra le parti, che è invece governato dalle regole sull’indebito oggettivo.

Le conclusioni

La sentenza della Cassazione stabilisce un principio chiaro: il sostituto d’imposta che paga erroneamente il compenso lordo al sostituito, senza operare la ritenuta d’acconto, ha un immediato diritto di rivalsa per recuperare la somma corrispondente alla ritenuta. Tale diritto non dipende dalla prova di aver già versato l’importo all’Agenzia delle Entrate. Il caso è stato quindi rinviato al Tribunale, che dovrà riesaminare la questione attenendosi a questo principio di diritto.

Cosa succede se un’azienda paga un professionista senza trattenere la ritenuta d’acconto?
L’azienda commette un errore e paga al professionista una somma superiore al dovuto. Secondo la Cassazione, l’azienda ha il diritto immediato di chiedere la restituzione della somma corrispondente alla ritenuta (diritto di rivalsa), poiché il professionista si è indebitamente arricchito.

Il sostituto d’imposta deve prima pagare la ritenuta all’Erario per potersi rivalere sul professionista?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto di rivalsa del sostituto d’imposta sorge nel momento stesso in cui effettua il pagamento errato al professionista e non è subordinato alla prova di aver già versato la ritenuta all’Agenzia delle Entrate.

Quando il sostituto e il sostituito sono responsabili in solido verso il fisco?
La responsabilità solidale tra sostituto (l’azienda) e sostituito (il professionista) nei confronti dell’Erario sorge solo nel caso in cui il sostituto non effettui il versamento della ritenuta d’acconto. In questa situazione, l’Agenzia delle Entrate può richiedere il pagamento indifferentemente a entrambi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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