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Ristorni ai soci e limiti del giudice del rinvio

Una società cooperativa si è vista contestare dall’Agenzia delle Entrate la deducibilità dei ristorni ai soci, poiché ritenuti comprensivi di imposte non deducibili (Irap e Ires). La Corte di Cassazione, in una precedente pronuncia, aveva rinviato la causa al giudice di merito per l’accertamento di questo fatto decisivo. Il giudice del rinvio, tuttavia, ha erroneamente interpretato la pronuncia della Cassazione, ritenendo che il fatto fosse già stato accertato. Con la presente ordinanza, la Suprema Corte ha nuovamente cassato la decisione, ribadendo che il giudice del rinvio ha il dovere di procedere a una nuova valutazione dei fatti oggetto del rinvio, senza potersi sottrarre all’accertamento demandatogli.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Ristorni ai Soci: La Cassazione e i Poteri del Giudice del Rinvio

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sul corretto funzionamento del processo tributario, in particolare sul ruolo e sui limiti del giudice a cui la Corte di Cassazione rinvia una causa. La vicenda, che riguarda la deducibilità dei ristorni ai soci per una cooperativa, dimostra come un’errata interpretazione di una sentenza della Suprema Corte possa viziare l’intero giudizio successivo, rendendo necessaria una nuova cassazione. Analizziamo i dettagli di questa complessa questione procedurale e fiscale.

I Fatti del Caso: Una Controversia Fiscale sui Ristorni

La controversia ha origine da una verifica fiscale condotta su una società cooperativa di farmacisti per l’anno d’imposta 2008. L’amministrazione finanziaria aveva emesso un avviso di accertamento contestando alla società l’irregolare tenuta delle scritture contabili e, soprattutto, una variazione in diminuzione del reddito operata a titolo di “conguaglio del ristorno ai soci”.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, tale importo, portato in deduzione, includeva indebitamente non solo l’utile di esercizio ma anche le imposte Ires e Irap di competenza, violando le normative fiscali che pongono limiti alla deducibilità degli oneri. Di conseguenza, l’ufficio aveva rettificato il reddito della cooperativa. La questione si era poi estesa all’anno d’imposta successivo, il 2009, con un secondo avviso di accertamento relativo alla perdita fiscale derivante dalle deduzioni contestate nel 2008.

Il Percorso Giudiziario e l’Errore del Giudice del Rinvio

Il contenzioso ha attraversato tutti i gradi di giudizio. Inizialmente, le corti di merito avevano dato ragione all’Agenzia delle Entrate. La società contribuente, tuttavia, aveva presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’omesso esame di un fatto decisivo: la reale composizione delle somme portate in diminuzione. La cooperativa sosteneva, infatti, che tali somme non comprendessero affatto le imposte Ires e Irap.

La Suprema Corte, con una prima sentenza, aveva accolto questo motivo, cassando la decisione d’appello e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado. Il compito del giudice del rinvio era chiaro: accertare, nel merito, se i famosi ristorni ai soci includessero o meno le imposte contestate.

Qui si verifica l’errore cruciale. Il giudice del rinvio, invece di procedere a tale accertamento fattuale, ha erroneamente ritenuto che la Cassazione avesse già stabilito, come dato di fatto, che le imposte non fossero incluse. Su questa errata premessa, ha annullato l’avviso di accertamento, e di conseguenza anche quello relativo all’anno 2009.

La Decisione della Cassazione: i Doveri del Giudice del Rinvio in materia di Ristorni ai Soci

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato nuovamente la decisione, e la Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, le ha dato pienamente ragione. La Suprema Corte ha chiarito che la sua precedente sentenza non aveva affatto accertato un fatto, ma si era limitata a evidenziare che un fatto potenzialmente decisivo non era stato esaminato, demandandone la valutazione al giudice del rinvio.

Il giudice del rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Cassazione, ma conserva piena autonomia e dovere di procedere a una nuova valutazione dei fatti. Non può sottrarsi a questo compito interpretando in modo distorto la sentenza di rinvio. Omettendo di verificare la composizione dei ristorni ai soci, il giudice di secondo grado ha violato le precise istruzioni della Corte e il suo stesso ruolo processuale.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di un principio consolidato: il giudizio di rinvio non è una mera formalità. Quando la Suprema Corte cassa con rinvio per omesso esame di un fatto, sta incaricando il giudice di merito di compiere un’indagine che è mancata nei precedenti gradi. Il giudice del rinvio, quindi, “non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, [ma] conserva il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria”.

Nel caso specifico, la Corte di giustizia tributaria aveva affermato che dovesse “escludersi – come stabilito dal Supremo Collegio – che le somme portate in diminuzione […] includano anche le imposte Ires ed Irap”. Questa affermazione, secondo la Cassazione, è palesemente erronea, poiché la precedente sentenza si era limitata a ipotizzare tale circostanza come decisiva e meritevole di indagine, non a stabilirla come verità processuale. Sottraendosi a tale valutazione, il giudice del rinvio ha disatteso il vincolo derivante dalla pronuncia della Cassazione. Di conseguenza, anche la decisione sul secondo avviso di accertamento, basata unicamente sull’annullamento del primo, è stata travolta.

Le conclusioni

La pronuncia ribadisce con forza un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudice del rinvio deve attenersi scrupolosamente alle indicazioni della Corte di Cassazione, specialmente quando gli viene demandato un accertamento di fatto. Non può interpretare la sentenza di legittimità come una scorciatoia per evitare complesse valutazioni di merito. Per le parti in causa, questa vicenda insegna che l’esito di un rinvio dipende interamente dalla capacità di dimostrare, con prove concrete, i fatti controversi. La controversia sui ristorni ai soci della cooperativa non è ancora finita: torna nuovamente davanti alla Corte di giustizia tributaria, che questa volta dovrà finalmente entrare nel merito e decidere se, in quei ristorni, fossero o meno comprese le imposte.

Qual è il dovere principale del giudice del rinvio dopo una sentenza della Corte di Cassazione?
Il giudice del rinvio deve decidere nuovamente la causa attenendosi al principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione e, se richiesto, deve procedere a una nuova e completa valutazione dei fatti che la Corte ha indicato come decisivi e non esaminati in precedenza.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del giudice del rinvio in questo caso?
Perché il giudice del rinvio non ha eseguito l’accertamento di fatto che gli era stato demandato, ossia verificare se gli importi dedotti come “ristorni ai soci” includessero o meno le imposte Ires e Irap. Ha invece erroneamente presunto che la Cassazione avesse già risolto tale questione di fatto.

Quali sono le conseguenze dell’annullamento di un atto impositivo presupposto su un atto successivo?
L’annullamento di un atto impositivo (atto presupposto) determina di norma l’invalidità dell’atto successivo che si fonda su di esso. Tuttavia, se l’annullamento del primo atto è a sua volta viziato, come in questo caso, la Corte di Cassazione può annullare anche la decisione relativa all’atto successivo, ripristinando la necessità di una corretta valutazione del primo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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