Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19568 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19568 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 20782/2023, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale indica il proprio indirizzo di posta elettronica certificata
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1528/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, depositata il 17 maggio 2023
e
sul ricorso n.r.g. 24430/2023, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale indica il proprio indirizzo di posta elettronica certificata
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1529/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, depositata il 17 maggio 2023; udita la relazione delle cause svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito di verifica fiscale inerente all’anno d’imposta 2008, l’amministrazione finanziaria notificò a RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento a rettifica del reddito a fini Irap e Ires.
La pretesa erariale traeva origine dal rilievo del l’irregolare tenuta delle scritture contabili, che riportavano alcuni costi non di competenza e non sufficientemente documentati, ovvero privi dei requisiti di certezza e determinabilità.
Inoltre, la società risultava aver indicato tra le variazioni in diminuzione un importo a titolo di «conguaglio del ristorno ai soci per
il maggior prezzo pagato», composto , secondo l’Erario, da Irap di competenza per € 74.034,00, da Ires anticipata per € 41.710,00 e dall’utile di esercizio per € 1.080,00 ; la variazione in diminuzione di tali importi era avvenuta però per intero, e non nei limiti percentuali previsti per le cooperative non agricole, ciò che, dunque, aveva comportato un illegittimo risparmio d’imposta, giustificando l’emissione dell’atto impositivo a rettifica.
La società impugnò l’avviso innanzi alla C.T.P. di Bari, che rigettò il ricorso.
Il successivo appello della contribuente venne respinto dalla C.T.R. della Puglia con sentenza n. 1820 del 18 settembre 2014.
Tale decisione fu però cassata da questa Corte con sentenza n. 30972 del 2021, sul rilievo dell’omesso esame , da parte della C.T.R., di un fatto controverso e decisivo per il giudizio che non era stato interessato da identica decisione nei due gradi di merito.
Si trattava, in particolare, della procedura seguita dalla società per i ristorni, della quale in primo grado era stata ritenuta l’irregolarità perché i ristorni erano stati portati come variazioni in diminuzione e che in appello, invece, non era stata considerata.
Entrambi i giudici di merito, per diverse ragioni, avevano pertanto omesso di scrutinare la circostanza decisiva evidenziata dalla società, secondo cui gli importi indicati in diminuzione non comprendevano Irap e Ires, anche in considerazione del diverso ammontare di queste ultime rispetto alla voce indicata come ristorno.
I giudici del rinvio, circoscritto il thema decidendum al solo segmento di contenzioso interessato dalla pronunzia di questa Corte, ritennero che tale ultima avesse escluso che le somme portate in diminuzione a titolo di ristorni dalla società contribuente comprendessero le ridette imposte.
Su tale base, rilevarono che tali somme erano rappresentate dal legittimo riconoscimento di ristorni ai soci, secondo modalità già osservate dalla società negli anni precedenti senza rilievi erariali; pertanto, la riconducibilità dei relativi importi ai ristorni in favore dei soci, e non alla restituzione di imposte agli stessi, rendeva inapplicabili alla fattispecie le limitazioni alla deducibilità degli oneri fiscali, di cui all’art. 99 TUIR, che fungevano, invece, da presupposti dall’atto impositivo.
L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza di rinvio con ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE incorporante la società originaria contribuente, ha depositato controricorso e memoria in prossimità dell’udienza .
RAGIONE_SOCIALE venne poi notificato un secondo avviso di accertamento, con il quale l’amministrazione finanziaria rettificava la sua dichiarazione dei redditi per l’anno 2009 ; in tale dichiarazione, infatti, era stata esposta la perdita conseguente alla deduzione delle componenti negative di reddito operata dalla contribuente nell’anno di imposta precedente, oggetto del precedente avviso.
La società impugnò anche il secondo atto impositivo innanzi alla C.T.P. di Bari, che respinse il ricorso in conseguenza del rigetto dell’impugnazione proposta avverso il primo.
Interposto appello da parte della società, il relativo giudizio fu sospeso fino a definizione di quello sul primo avviso.
Nondimeno, lo stesso venne riassunto nonostante non ne fosse ancora intervenuta la definizione; di seguito, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia accolse il gravame della contribuente, essendo nel frattempo intervenuto l’ annullamento dell’atto presupposto.
Quest’ultima decisione è stata impugnata dall’Agenzia delle entrate con ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE incorporante la società originaria contribuente, ha depositato controricorso e memoria in prossimità dell’udienza.
Considerato che:
Con l’unico motivo del ricorso n.r.g. 20782/2023, l’Agenzia delle entrate, denunziando v iolazione dell’articolo 384, secondo comma, cod. proc. civ., assume che i giudici del rinvio non si sarebbero attenuti al principio di diritto enunciato da questa Corte con la sentenza n. 30972 del 2021.
Osserva, infatti, che nel cassare la prima sentenza d’appello in accoglimento dell’unico motivo di ricorso articolato dalla società, detta pronunzia aveva demandato l’accertamento della circostanza di fatto oggetto di mancato esame, vale a dire l’inclusione o meno, da parte della società, di Irap e Ires al novero delle somme portate in diminuzione dalla contribuente a titolo di ristorni.
La Corte di giustizia tributaria aveva invece erroneamente ritenuto come già accertato il fatto che tali somme non includessero le citate imposte.
A corredo della censura, la ricorrente osserva che, in ogni caso, l’esame di merito richiesto ai giudici del rinvio non poteva non coinvolgere anche le altre motivazioni della ripresa a tassazione operata dall’Ufficio, perché l’entità della variazione in diminuzione spiegava effetto anche sull’ ammontare dei ristorni deducibili.
Il primo motivo del ricorso n. 24430/2023 è rubricato «Violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, denunciata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per non avere il Giudice affatto motivato per quale ragione l’annullamento (peraltro non
ancora passato in giudicato) dell’avviso del 2011 comporterebbe, sostanzialmente in automatico, la caducazione anche dell’avviso del 2012».
Secondo l’Agenzia ricorrente, la sentenza impugnata avrebbe ravvisato una pregiudizialità della controversia sul precedente avviso rispetto al presente giudizio senza indicare le ragioni di tale convincimento, e ciò vieppiù a fronte di un consolidato orientamento giurisprudenziale che predica l’autonomia di ogni periodo d’imposta ai fini accertativi della pretesa tributaria.
Con il secondo motivo del medesimo ricorso, deducendo la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1-bis, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, l’Amministrazione sostiene che i giudici d’appello avrebbero deciso nonostante la sentenza sull’atto impositivo (asseritamente) presupposto non fosse ancora passata in giudicato e non si fosse, così verificato il presupposto in relazione al quale era stata disposta la sospensione del giudizio.
Infine, con il terzo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 41 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973, la ricorrente assume che i giudici d’appello non avrebbero approfondito le ragioni che avevano determinato l’annullamento dell’atto imposi tivo presupposto.
Preliminarmente, i due ricorsi vanno riuniti in quanto, come può desumersi dal contenuto degli atti impositivi impugnati, le questioni discusse dalle parti attengono alle medesime circostanze; in particolare, le ragioni di contestazione del secondo avviso di accertamento esposte dalla società contribuente coincidono con quanto oggetto di disputa fra le parti in relazione al primo avviso.
Ciò premesso, l’unico motivo del primo ricorso erariale è fondato.
6.1. L’Amministrazione assume che la sentenza della Corte di giustizia tributaria avrebbe erroneamente tratto, dalla pronunzia rescindente resa da questa Corte, la conclusione dell’intervenuto accertamento del fatto che le somme portate dalla società a diminuzione non comprendevano Irap e Ires, con ogni conseguenza in termini di operatività del meccanismo di deduzione oggetto di ulteriore contestazione erariale.
La lettura della sentenza di cassazione corrobora tale assunto.
Questa Corte, infatti, in sede di rinvio si è limitata ad ipotizzare tale circostanza, osservando che si trattava di questione decisiva mai appurata nei gradi di merito e idonea a spiegare effetto sulla legittimità della pretesa tributaria.
Si legge, in particolare, nella sentenza: « il fatto omesso (la circostanza che gli importi indicati tra gli importi in diminuzione non comprenderebbero le imposte IRES e IRAP, atteso anche il diverso importo di queste ultime rispetto alla voce indicata come ristorno dalla società contribuente) ha d eterminato l’esito della causa, che diversamente -ove fosse stato considerato -avrebbe condotto a una diversa decisione, apparendo decisivo valutare, nell’economia della motivazione assunta dal giudice di appello, la composizione della voce esposta al rigo RF della dichiarazione della società contribuente ».
6.2. In coerenza con tale statuizione, questa Corte ha dunque demandato al giudice del rinvio l’accertamento in fatto della circostanza; il che, beninteso, ne avrebbe potuto comportare una diversa valutazione anche nel contesto delle ulteriori emergenze di causa, in ossequio al principio, più volte affermato, secondo cui «il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati
dalla sentenza cassata e, se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, conserva il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento» (Cass. n. 3150/2024; in senso conforme, Cass. n. 448/2020).
La Corte di giustizia ha, invece, erroneamente affermato che « ai fini della decisione in parte qua, deve escludersi -come stabilito dal Supremo Collegio – che le somme portate in diminuzione a titolo di ristorni dalla società contribuente includano anche le imposte Ires ed Irap »; con ciò omettendo di procedere alla valutazione a lei demandata e, pertanto, sottraendosi al vincolo rappresentato dalla pronunzia di rinvio.
7. Ciò posto, e passando al secondo ricorso erariale, merita esame prioritario la terza censura, con la quale l’Amministrazione lamenta che la sentenza d’appello, nel recepire acriticamente la statuizione di annullamento dell’atto presupposto, non ha svolto a lcuna verifica sul contenuto di tale statuizione.
Il motivo inerisce, evidentemente, alle stesse considerazioni svolte dall’Amministrazione a sostegno della censura poc’anzi esaminata; per queste ragioni, esso è fondato e va accolto, poiché, come si è detto, il secondo atto impositivo trova fondamento esclusivamente nel rilievo dell’indebita variazione in diminuzione operata dalla contribuente nell’anno d’imposta precedente a quello cui si riferisce l’accertamento.
8. Pertanto, in accoglimento dell’unico motivo del primo ricorso e del terzo motivo del secondo ricorso, le sentenze impugnate vanno cassate con rinvio al giudice a quo ; quest’ultimo, in diversa composizione, procederà al riesame della vicenda inerente al primo avviso di accertamento, alla luce di quanto più sopra indicato, e verificando gli effetti di tale riesame sul secondo avviso.
In tale statuizione resta assorbito l’esame dei primi due motivi del ricorso n.r.g. 24430/2023.
Il giudice del rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi iscritti ai nn. di r.g. 20782/2023 e 24430/2023; accoglie il primo motivo del ricorso n.r.g. 20782/2023 e il terzo motivo del ricorso n.r.g. 24430/2023, assorbiti i restanti, cassa le sentenze impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema