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Risarcimento danno pubblico impiego: quando è esente?

Una dipendente pubblica aveva ricevuto una somma a titolo di risarcimento per l’illegittima reiterazione di contratti a termine. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale somma è esente da imposizione fiscale. La motivazione risiede nel fatto che il risarcimento danno pubblico impiego, in questo contesto, non ristora un mancato guadagno (lucro cessante), bensì la ‘perdita di chance’ di ottenere un’occupazione migliore, configurandosi quindi come un danno emergente non tassabile.

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Risarcimento Danno Pubblico Impiego: Esenzione Fiscale per Perdita di Chance

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale sulla tassabilità delle somme percepite a titolo di risarcimento danno pubblico impiego a seguito dell’abuso di contratti a termine. La Suprema Corte ha stabilito che tali importi, non avendo natura reddituale ma risarcitoria per la perdita di chance, sono esenti da imposizione fiscale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di rimborso delle ritenute IRPEF effettuata da una dipendente pubblica. La lavoratrice aveva ottenuto in sede giudiziale un risarcimento dal Ministero per aver subito una reiterazione illegittima di contratti di lavoro a tempo determinato. Secondo la dipendente, la somma ricevuta non costituiva reddito, ma il ristoro di un danno emergente legato alla precarietà lavorativa, e pertanto non doveva essere tassata.

L’Amministrazione Finanziaria, al contrario, aveva qualificato tale somma come lucro cessante, ossia come sostitutiva di un reddito non percepito, assoggettandola a tassazione. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al fisco, confermando la natura imponibile del risarcimento.

La Questione Giuridica: Danno Emergente o Lucro Cessante?

Il nodo della controversia era stabilire la corretta natura giuridica del risarcimento. L’articolo 6 del TUIR (d.P.R. n. 917/1986) prevede che le indennità conseguite a titolo di risarcimento per la perdita di redditi (lucro cessante) costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti. Al contrario, le somme che reintegrano il patrimonio per una perdita subita (danno emergente) non sono tassabili.

La lavoratrice sosteneva che il danno non era la perdita di uno stipendio, ma la condizione di precarietà e la lesione della sua dignità professionale. Le somme, quindi, non sostituivano un reddito, ma compensavano un danno patrimoniale e non patrimoniale di altra natura.

La Tassabilità del risarcimento danno nel pubblico impiego

Il dibattito si è concentrato sull’interpretazione del danno derivante dalla violazione delle norme sull’assunzione nel pubblico impiego, disciplinato dall’art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001. A differenza del settore privato, nel pubblico impiego privatizzato vige il divieto di conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato. Il lavoratore ha quindi diritto solo al risarcimento del danno.

La Corte doveva decidere se questo risarcimento avesse funzione sostitutiva della retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito con un contratto stabile, oppure se avesse una funzione puramente compensativa di un danno diverso.

Risarcimento Danno Pubblico Impiego: le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della contribuente, ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito. Richiamando consolidata giurisprudenza, incluse le Sezioni Unite, ha affermato un principio di diritto cruciale.

Il danno risarcibile ai sensi dell’art. 36 del D.Lgs. 165/2001 non deriva dalla mancata conversione del rapporto di lavoro, ma dalla prestazione lavorativa resa in violazione di disposizioni imperative. Tale danno si configura come perdita di chance di un’occupazione alternativa migliore. In altre parole, il lavoratore non viene risarcito per lo stipendio che non ha preso, ma per aver perso la possibilità concreta di cercare e trovare un impiego più stabile e vantaggioso, essendo stato “bloccato” in una serie di contratti precari.

La Natura Esclusivamente Risarcitoria

Di conseguenza, la somma erogata ha una funzione esclusivamente risarcitoria e non sostitutiva della retribuzione. Anche quando l’importo viene quantificato facendo riferimento a un certo numero di mensilità, questo è solo un criterio di liquidazione del danno, che non ne muta la natura.

La Corte ha concluso che, poiché il risarcimento compensa un danno estraneo alla nozione di reddito (la perdita di un’opportunità), esso non può essere assoggettato a tassazione ai sensi dell’art. 6 del TUIR. Si tratta di un danno emergente e non di un lucro cessante.

Conclusioni

La sentenza impugnata è stata cassata e, decidendo nel merito, la Corte ha accolto l’originario ricorso della contribuente, riconoscendole il diritto al rimborso delle imposte versate. Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale favorevole ai lavoratori del settore pubblico che hanno subito l’abuso dei contratti a termine. Si stabilisce con chiarezza che il risarcimento danno pubblico impiego per questa specifica fattispecie ha natura compensativa per la perdita di chance e, come tale, è totalmente esente da tassazione.

La somma ricevuta come risarcimento per l’abuso di contratti a termine nel pubblico impiego è tassabile?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che questa somma non è soggetta a tassazione in quanto non ha natura di reddito.

Perché questo tipo di risarcimento non è considerato reddito imponibile?
Perché non sostituisce un mancato guadagno (lucro cessante), ma compensa la cosiddetta “perdita di chance”, ovvero la perdita della possibilità concreta per il lavoratore di trovare un’occupazione alternativa migliore e più stabile. Questa perdita è qualificata come danno emergente, non tassabile.

Qual è la natura giuridica del danno riconosciuto al dipendente pubblico in questi casi?
La Corte di Cassazione qualifica il danno come “perdita di chance” o “danno comunitario”. Si tratta di un danno con funzione puramente risarcitoria, estraneo ai rapporti di lavoro e non sostitutivo della retribuzione, derivante dalla prestazione lavorativa resa in violazione delle norme imperative sull’impiego pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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