Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16320 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16320 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale stesa in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO del Foro di Viterbo, che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE , in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore ;
-intimati –
avverso
la sentenza n. 6640, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 19.10.2016, e pubblicata il 4.11.2016; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; la Corte osserva:
Fatti di causa
Oggetto: Irpef 2009 – Diniego di rimborso – Dipendente pubblico -Reiterazione illegittima di contratti a termine -Risarcimento -Danno emergente -Esenzione da imposizione.
COGNOME NOME, con istanza presentata all’RAGIONE_SOCIALE, chiedeva il rimborso RAGIONE_SOCIALE ritenute effettuate dal RAGIONE_SOCIALE sulle somme a lei erogate per effetto di sentenza del Tribunale di Viterbo -sezione lavoro, con la quale era stata dichiarata l’illegittimità del comportamento di detto RAGIONE_SOCIALE, per avere stipulato con la ricorrente reiterati contratti di lavoro a tempo determinato in successione tra loro per la copertura di esigenze lavorative non transitorie, ed era stato disposto il risarcimento dei danni cagionati dalla precarietà RAGIONE_SOCIALE‘occupazione lavorativa, quantificato in considerazione RAGIONE_SOCIALE‘ultima retribuzione percepita. La contribuente sosteneva che si fosse in presenza del ristoro di un danno emergente, da non assoggettare ad imposizione, mentre l’Amministrazione finanziaria affermava la ricorrenza di un lucro cessante, conseguendone la sottoposizione RAGIONE_SOCIALE somme corrisposte ad imposizione.
Formatosi il silenziorifiuto da parte RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione finanziaria, la contribuente proponeva tempestivo ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo, la quale lo rigettava.
La contribuente spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. La CTR rigettava l’impugnativa, confermando la pronuncia dei primi giudici.
Avverso la sentenza del giudice RAGIONE_SOCIALE‘appello ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, affidandosi ad un motivo di impugnazione. L’RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE, hanno ricevuto la notificazione del ricorso il 3/5.5.2017, ma non hanno svolto difese nel giudizio di legittimità.
Ragioni RAGIONE_SOCIALEa decisione
Con il suo motivo di ricorso, introdotto ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente contesta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 6 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), in quanto la somma riconosciuta in suo favore dal Tribunale di Viterbo -sezione lavoro, aveva natura risarcitoria non reddituale, in conseguenza RAGIONE_SOCIALEa condizione di precarietà lavorativa subita dal RAGIONE_SOCIALE e, come tale, non doveva essere assoggettata a tassazione.
Invero costituisce principio consolidato quello secondo il quale tutte le indennità percepita dal lavoratore a titolo di risarcimento dei danni consistenti nella perdita di redditi, e quindi tutte le indennità aventi causa o che traggano, comunque, origine dal rapporto di lavoro, sono soggette a tassazione.
L’art. 6, comma 2, del Dpr n. 917 del 1986 prevede, infatti, che « i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi RAGIONE_SOCIALEa stessa categoria di quelli sostituiti o perduti ».
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, però, le somme percepite dal lavoratore/contribuente a titolo risarcitorio costituiscono reddito imponibile solo e nei limiti in cui abbiano la funzione di reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi e, pertanto, assicurino riparazione unicamente ad un lucro cessante , con esclusione , quindi, di ogni somma conseguita per il ristoro di un danno emergente (Cass. 9 maggio 2022, n. 14671; Cass. 21 febbraio 2019, n. 5108).
2.1. Nel caso di specie, l’impugnata CTR ha ritenuto che ‘in realtà il giudice del lavoro … riferendosi continuativamente al mancato guadagno … ha voluto risarcire il lucro cessante derivante dalla perdita RAGIONE_SOCIALEa retribuzione dovuta alla cessazione del contratto
a termine non rinnovato e non trasformato a tempo indeterminato e, quindi, RAGIONE_SOCIALEa stessa natura dei redditi di lavoro dipendente come tale assoggettato ad imposta secondo le regole stabilite nel T.U.I.R. … comma 2 RAGIONE_SOCIALE‘art. 6’ (sent. CTR, p. 2).
2.2. Oppone la contribuente che ‘le somme erogate dal RAGIONE_SOCIALE in virtù’ RAGIONE_SOCIALEa pronuncia giudiziale favorevole al lavoratore, ‘non sono andate a ripristinare una perdita di guadagno, bensì a ristorare, dal punto di vista patrimoniale, una condizione soggettiva deteriore, quale quella di impiegato illecitamente in modo precario’ (ric., p. VII).
2.3. Invero il Tribunale di Viterbo ha riconosciuto il risarcimento del danno subito in favore di NOME COGNOME ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che prevede il divieto RAGIONE_SOCIALEa costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con la Pubblica Amministrazione, anche nel caso di violazione, da parte di quest’ultima, RAGIONE_SOCIALE norme riguardanti l’assunzione e l’impiego dei lavoratori, fermo restando per l’interessato il diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni imperative.
2.4. La questione controversa oggetto del presente giudizio è stata recentemente affrontata da questa Corte regolatrice con la sentenza Cass. sez. V, 7.3.2023, n. 6827, pronunciata in controversia assolutamente analoga, anch’essa concernente l’impugnazione di una pronuncia di secondo grado RAGIONE_SOCIALEa CTR del Lazio che aveva confermato la pronuncia adottata dalla CTP di Viterbo. Le valutazioni espresse dalla Corte di legittimità risultano condivisibili, e meritano pertanto di essere confermate e riprodotte.
Può innanzitutto osservarsi che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 5072 del 15 marzo 2016, hanno affermato il principio di diritto secondo cui: «in materia di pubblico impiego privatizzato, il danno risarcibile di cui al d.lgs. n. 165 del 2011, art. 36, comma 5, non deriva dalla mancata conversione del rapporto,
legittimamente esclusa sia secondo i parametri costituzionali che per quelli europei, bensì dalla prestazione in violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, ed è configurabile come perdita di chance di un’occupazione alternativa migliore, con onere RAGIONE_SOCIALEa prova a carico del lavoratore, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1223 cod. civ.».
Anche la giurisprudenza successiva, in analoga fattispecie, ha precisato che, nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato, in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una Pubblica Amministrazione, il dipendente che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego ha diritto – fermo restando il divieto di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in uno a tempo indeterminato, posto dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36, comma 5 – al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione, con esonero RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio, nella misura e nei limiti di cui alla legge 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5 (Cass. 15 febbraio 2019, n. 4657).
2.4.1. Attribuita, pertanto, all’importo corrisposto alla ricorrente, in virtù dei superiori principi, natura risarcitoria da perdita di chance (ovvero di risarcimento di danno comunitario) estranea ai rapporti di lavoro posti in essere nella legittima impossibilità di procedere alla loro conversione, deve essere confermato che gli importi riconosciuti dal giudice del lavoro quale risarcimento del danno ex art. 36, comma 5, D.lgs. n. 165/2001, non sono assoggettabili a tassazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 6, comma 1, del Dpr. n. 917 del 1986, in quanto le relative somme -quand’anche, come nel caso di specie, determinate facendosi riferimento ad un determinato numero di mensilità non corrisposte – hanno funzione esclusivamente risarcitoria, e non sono sostitutive RAGIONE_SOCIALEa retribuzione (Cass. 23 ottobre 2019, n. 27011; v. anche Cass. 12 ottobre 2018, n. 25471).
2.5. Il ricorso deve quindi essere accolto, la sentenza impugnata deve essere in conseguenza cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto questa Corte di legittimità, pronunciando ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., può decidere la causa nel merito, accogliendo l’originario ricorso proposto da NOME COGNOME, cui compete conseguire il rimborso richiesto.
Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti RAGIONE_SOCIALE spese di lite dei gradi di merito del giudizio, in considerazione RAGIONE_SOCIALE incertezze interpretative registratesi nel passato circa la natura del risarcimento dei danni per illegittima reiterazione di rapporti di lavoro a tempo determinato.
Le spese processuali del giudizio di legittimità seguono invece l’ordinario criterio RAGIONE_SOCIALEa soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione RAGIONE_SOCIALEa natura RAGIONE_SOCIALE questioni affrontate e del valore RAGIONE_SOCIALEa controversia.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M .
accoglie il ricorso proposto da COGNOME NOME , cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dalla contribuente.
Compensa tra le parti le spese di lite dei gradi di merito del processo, e condanna gli intimati al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALEa ricorrente RAGIONE_SOCIALE spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.400,00 per compensi, oltre 15% per le spese generali, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 23.5.2024.