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Rinuncia al ricorso: no al doppio contributo unificato

Un Ente Locale, dopo aver impugnato una sentenza sfavorevole relativa a contributi consortili, ha presentato una rinuncia al ricorso in Cassazione. La Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, specificando che, in caso di rinuncia, non si applica la sanzione del raddoppio del contributo unificato, prevista solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. La decisione si fonda su un accordo conciliativo raggiunto tra le parti.

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Rinuncia al ricorso in Cassazione: una via d’uscita che evita sanzioni

La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale di grande importanza, che consente di porre fine a una controversia prima che si arrivi a una decisione finale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto fondamentale legato a questo istituto: la sua capacità di escludere l’applicazione del cosiddetto ‘raddoppio del contributo unificato’, una sanzione prevista per chi vede il proprio ricorso respinto. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I fatti di causa

La controversia nasce dalla richiesta di pagamento avanzata da una società di riscossione, in qualità di concessionaria di un consorzio di bonifica, nei confronti di un Ente Locale. L’oggetto della richiesta era il versamento di un ‘contributo di scarico’ per un importo di oltre 177.000 euro, relativo a un periodo di otto anni.

L’Ente Locale si opponeva alla richiesta, ma i suoi ricorsi venivano rigettati sia in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) sia in appello dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR). Di fronte alla doppia sconfitta, il Comune decideva di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La strategia processuale: la rinuncia al ricorso

Prima che la Corte potesse esaminare nel merito i motivi del ricorso, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo. L’Ente Locale ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, manifestando la volontà di non proseguire oltre nel giudizio. Tale atto è stato prontamente accettato dalle controparti (la società di riscossione e il consorzio), le quali hanno depositato un’istanza analoga.

Questa mossa processuale era il risultato di un accordo conciliativo raggiunto tra le parti, che ha permesso di risolvere la controversia in via stragiudiziale, rendendo superflua una pronuncia della Cassazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha preso atto della volontà concorde delle parti di porre fine al contenzioso. In primo luogo, ha riunito i due ricorsi identici che l’Ente Locale aveva erroneamente iscritto a ruolo. Successivamente, ha dichiarato l’estinzione del giudizio per avvenuta rinuncia.

Il punto cruciale dell’ordinanza risiede però nella precisazione relativa alle conseguenze fiscali di tale rinuncia. La legge (art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002) prevede che la parte il cui ricorso viene rigettato, dichiarato inammissibile o improcedibile, sia tenuta a versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato. Si tratta di una misura con finalità sanzionatorie e deflattive, volta a scoraggiare le impugnazioni infondate.

La Corte ha stabilito con chiarezza che questa norma non si applica nei casi di estinzione del processo per rinuncia al ricorso. La ragione è di natura strettamente interpretativa: la norma elenca casi tassativi (rigetto, inammissibilità, improcedibilità) e, avendo natura tributaria, non può essere interpretata in modo estensivo o analogico per includere anche l’ipotesi della rinuncia. La rinuncia, infatti, non è un esito negativo del giudizio imposto dalla Corte, ma una scelta volontaria della parte che pone fine alla lite.

Le conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione rafforza un principio di fondamentale importanza pratica. La rinuncia al ricorso, specialmente quando frutto di un accordo tra le parti, è una soluzione che non solo chiude il contenzioso ma evita anche conseguenze economiche negative per il ricorrente. Scegliere di rinunciare a un’impugnazione non equivale a una sconfitta nel merito e, pertanto, non può essere sanzionato con il raddoppio del contributo unificato. Questa pronuncia offre alle parti in causa maggiore serenità nel perseguire soluzioni conciliative, sapendo che la chiusura concordata del processo non comporterà oneri fiscali aggiuntivi.

Cosa succede se una parte presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
Se la rinuncia viene presentata ritualmente prima della decisione e, ove necessario, accettata dalle altre parti, la Corte dichiara l’estinzione del processo. Questo significa che il giudizio si chiude senza una pronuncia sul merito della questione.

In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo nei casi tassativi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. La rinuncia non rientra in queste categorie e quindi non comporta tale onere aggiuntivo.

Perché la rinuncia al ricorso non è equiparata a un rigetto ai fini del contributo unificato?
Perché la norma che prevede il raddoppio del contributo ha natura tributaria e sanzionatoria, e come tale non può essere interpretata in modo estensivo. La rinuncia è un atto volontario che pone fine alla lite, diverso da una decisione negativa della Corte che accerta l’infondatezza dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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