Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9872 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9872 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 15/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24855/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, COMUNE DI TARANTO
-intimati-
avverso LA SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO DELLA PUGLIA n. 1451/2023 depositata il 15/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE ha ricevuto un avviso di accertamento, per complessivi € 1.357,00, emesso dalla RAGIONE_SOCIALE n qualità di
Concessionaria della Riscossione dei Tributi del Comune di Taranto, avente ad oggetto l’omesso versamento della TOSAR relativo all’anno 2010, per le fioriere situate nella pubblica via.
Impugnato il provvedimento in sede giurisdizionale, la CTP ha emesso la sentenza n. 1233/01/2017, depositata il 6 giugno 2017, con la quale ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Comune di Taranto e condannato la Soget al pagamento, in favore del Comune di Taranto, delle spese processuali che ha liquidato in € 300,00 oltre accessori; nonché respinto il ricorso e compensato le spese nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
La società contribuente si è opposta alla sentenza gravata ritenendo mancasse il presupposto impositivo per violazione e falsa applicazione degli articoli 38 e 39 del d.lgs. n. 507/1993 e deducendo la nullità dell’ avviso di accertamento per mancata indicazione del provvedimento di nomina del funzionario responsabile ed ai relativi difetti di legittimazione.
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo Grado della PugliaSezione Staccata di Taranto, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello, ritenendo che l’area antistante gli uffici della RAGIONE_SOCIALE, dove erano situate le fioriere, fosse da considerarsi di uso pubblico, costituendo un marciapiede destinato al pubblico passaggio e che la TOSAP si applichi anche alle occupazioni realizzate su aree private gravate da servitù di pubblico passaggio.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo.
Le intimate non hanno depositato controricorso.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata ed il difensore, munito di procura speciale, ha chiesto che la causa venisse decisa.
In data 10 marzo 2025, successivamente alla richiesta di decisione a seguito di PDA, è stata depositata istanza di rinunzia al ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo di ricorso la società ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’articolo 825 del c.c. e articolo 38 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 in relazione all’articolo 360 cpc n. 3 e n. 5, relativamente alla mancanza di prova e dei requisiti per l’applicazione della tassa TOSAP.
1.1. In particolare, la ricorrente sostiene che non sia stata fornita la prova che dimostri la sussistenza di una servitù di pubblico passaggio sull’area privata di sua proprietà, e che la ” dicatio ad patriam ” sarebbe stata validamente costituita, con conseguente insussistenza del presupposto di imposta. Nel dettaglio la Corte avrebbe ritenuto sussistente la ” dicatio ad patriam ” senza verificare la presenza dei requisiti necessari, quali la volontà del proprietario di mettere il bene a disposizione della collettività, l’uso continuativo da parte della collettività, e il protrarsi del possesso per il tempo previsto per l’usucapione, mentre la società aveva chiaramente espresso la volontà di delimitare il piazzale con delle fioriere, proprio per non assoggettarlo all’uso pubblico.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata , motivata in ragione della doppia conformità delle decisioni di merito e della sostanziale richiesta del ricorrente di rivalutare i fatti sottostanti, pretesa inammissibile in sede di legittimità.
Il difensore, munito di procura speciale, ha chiesto che la causa venisse decisa.
Con successiva nota del 10 marzo 2025, parte ricorrente ha comunicato di voler rinunciare al ricorso, per avvenuta transazione tra le parti. A tale nota è allegata la procura speciale della parte, ma alcun
atto transattivo, del quale non è nemmeno indicata la data. Non vi è in atti neanche la accettazione della rinuncia.
L’art. 390 c.p.c., nella sua versione novellata, dispone che della rinuncia si debba dare mera comunicazione alle parti controricorrenti, da parte della cancelleria. Non è invece prescritto tale adempimento per le parti intimate che non si siano costituite in giudizio.
Deve rilevarsi che la comunicazione di rinuncia, anche in assenza di partecipazione o accettazione da parte degli avversari, costituisce in ogni caso una evidente manifestazione di carenza sopravvenuta di interesse, sicché il ricorso deve in ogni caso essere dichiarato estinto (vedi art. 391, cod. proc. Civ.).
Si pone però, nel caso di specie, il problema del regime delle spese e di condanna ai sensi dell’art. 380. bis c.p.c., venendo in rilievo fattispecie in cui era stata proposta una definizione anticipata e per la quale il difensore ha richiesto la decisione.
6.1. Orbene, in favore della parte intimata nulla deve ritenersi dovuto per il giudizio di legittimità, atteso che non vi è stata attività difensiva, mancando la costituzione.
6.2. Quanto al pagamento di un importo pari al contributo unificato e al pagamento nei confronti della cassa delle ammende, a tenore della norma, lo stesso deve ritenersi dovuto nel caso in cui venga confermata (‘in conformità’) la proposta di definizione anticipata.
6.3. Il dato testuale della norma è infatti il seguente: ‘ Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380 bis 1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 ‘.
Tale disposizione ha un evidente e dichiarato (cfr. lavori preparatori della riforma) ruolo deflattivo del contenzioso, finalizzato a definire, ancor prima della fissazione della camera di consiglio,
contro
versie in cui sia evidente la inammissibilità o la manifesta infondatezza.
Deve ritenersi, invero, che l’effetto deflattivo operi in una duplice direzione: da un lato tende ad evitare la fissazione stessa della trattazione della controversia in camera di consiglio, consentendo così la fissazione di altre e diverse cause; dall’altro mira ad evitare una (evitabile) successiva argomentazione decisoria, eventualmente anche sui motivi di ricorso formulati, a seguito di deliberazione del collegio.
6.4. Analizzando tale ratio , deve ritenersi che, in ipotesi come la presente, l’effetto deflattivo, ancorché sia stata richiesta (e fissata) la trattazione della controversia, sia stato comunque in parte raggiunto, almeno, cioè, riguardo al secondo aspetto considerato. La intervenuta sopravvenuta rinuncia – che è significativamente successiva, in ogni caso, al suggerimento offerto con la prospettazione della PDA – ha determinato la definizione in rito, con estinzione del giudizio e senza determinare alcuna pronuncia sui motivi di ricorso.
Alla luce di quanto sopra, ritiene il collegio che l’effetto dissuasivo della condanna aggravata di cui all’art. 380. bis ultimo comma c.p.c. non debba avere luogo.
Del resto, analizzando il dato testuale della norma, la stessa prescrive le conseguenze aggravate nel caso in cui la indicazione della PDA trovi conferma, esito che certamente non ricorre nel caso di specie , in cui la decisione non è ‘in conformità’ con la proposta.
6.5. Si deve fare pertanto applicazione del seguente principio: ‘in caso di rinuncia al giudizio, formulata successivamente alla richiesta di discussione della proposta di definizione accelerata ai sensi art. 380 bis c.p.c., non trova applicazione l’art. 96 terzo e quarto comma c.p.c., come richiamato dall’art. 380 bis , terzo comma, c.p.c., atteso che la proposta, in ragione del venir meno dell’interesse alla pronuncia, non può trovare conferma e, dunque, non sussiste la prescritta conformità tra PDA e esito della decisione ‘.
Nel caso di specie, pertanto, non deve farsi luogo alla condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., essendo intervenuta una sopravvenuta carenza di interesse alla pronuncia.
Deve quindi essere dichiarata la estinzione del giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio. Così deciso in Roma, il 11/04/2025.