Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 777 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 777 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5029/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 475/10/2015, depositata in data 28 gennaio 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 novembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME riceveva notifica di diversi avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate direzione provinciale di Roma 2 -accertava per gli anni dal 2001 al 2005, ex art. 38, quarto comma
Avv. Acc. IRPEF da 2001 a 2005
e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, maggiori redditi in forza del possesso di beni indice e del compimento di spese di incremento patrimoniale non giustificate e incompatibili con i redditi dichiarati. Dal registro risultavano infatti compravendite immobiliari negli anni 2001, 2002 e 2005 per centinaia di migliaia di euro, nonché l’acquisto di azioni per 72.000 nel 2006; infine il contribuente risultava proprietario di una Jeep Grand Cherokee acquistata nel 2003. Tali fatti non erano compatibili con i redditi dichiarati pari a € 5,00 per il 2001 e a poche centinaia di euro per gli anni successivi fino al 2005.
Avverso gli avvisi il contribuente proponeva distinti ricorsi dinanzi alla C.t.p. di Roma; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., previa riunione dei ricorsi, con sentenza n. 96/61/2010, li accoglieva.
Contro tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. del Lazio; si costituiva in giudizio anche il contribuente, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 475/10/2015, depositata in data 28 gennaio 2015, la C.t.r. adita accoglieva parzialmente il gravame dell’Ufficio, con riferimento alle annualità 2002, 2004 e 2005, e dichiarava la cessata materia del contendere relativamente all’intervenuta definizione agevolata per le annualità 2001 e 2003.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo e l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 28 novembre 2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, primo comma,
3, cod. proc. civ., nonché nullità del procedimento ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per inesatta interpretazione ed applicazione degli artt. 18, comma 2, lett. e), 19 e 24, commi 2 e 4, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché per violazione dell’art. 2909 cod. civ. e comunque del principio di unitarietà dell’avviso di accertamento desumibile dall’art. 38, secondo comma, e dall’art. 43, quarto comma, del d.P.R. n. 600/1973, ai sensi dell’art. 360, primo comma 1, n. 3, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando e l ‘error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha configurato come motivi aggiunti la sollecitazione da parte del contribuente al rilievo d’ufficio circa l’illegittimità degli avvisi impugnati in conseguenza dell’emissione di nuovi avvisi con riferimento alle medesime annualità; inoltre, la C.t.r. non ha fatto applicazione del principio di unitarietà dell’azione di rettifica nei confronti del contribuente, non riconoscendo la metodologia diversa con cui erano stati emessi i nuovi avvisi rispetto ai precedenti (metodo analitico rispetto al metodo sintetico).
Va premesso che, in data 27 novembre 2024, risulta depositato atto di rinuncia al ricorso sottoscritto dal contribuente NOME COGNOME e dal suo difensore Avvocato NOME COGNOME al quale, peraltro, risulta rilasciata una procura anche per rinunciare al giudizio.
2.1. Orbene, sebbene tale rinuncia non risulti formalmente comunicata all’Agenzia delle Entrate con la conseguenza che non può essere dichiarata l’estinzione del giudizio – essa, peraltro, provenendo dal ricorrente, rileva il sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente medesimo. Invero, l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione, in assenza dei requisiti di cui all’art. 390, ultimo comma, cod. proc. civ. (notifica alle parti costituite o comunicazione agli avvocati delle stesse per l’apposizione del visto), sebbene non idoneo a determinare l’estinzione del processo,
denota il definitivo venire meno di ogni interesse alla decisione e comporta, pertanto, l’inammissibilità del ricorso (Cass. 07/06/2018, n. 14782; Cass. Sez. U. 18/02/2010, n. 3876).
Non può darsi luogo alla richiesta di estinzione del giudizio per intervenuta definizione agevolata perché non risulta depositata all’uopo alcuna documentazione.
Si compensano le spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso.
Compensa le spese.
Così deciso in Roma il 28 novembre 2024.