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Rinuncia al ricorso in Cassazione: effetti e costi

Un Ente Locale aveva impugnato in Cassazione una sentenza tributaria favorevole a un’associazione. Le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, presentando una rinuncia al ricorso congiunta. La Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, compensando le spese legali tra le parti e chiarendo che in caso di rinuncia non si applica il raddoppio del contributo unificato.

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Rinuncia al ricorso in Cassazione: Analisi di un’Ordinanza

La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale cruciale che consente alle parti di porre fine a una controversia legale anche quando questa è giunta al massimo grado di giudizio, la Corte di Cassazione. Questa scelta, spesso frutto di un accordo transattivo, comporta conseguenze precise sull’esito del processo e sulla gestione delle spese legali. Un’ordinanza recente della Suprema Corte offre un chiaro esempio pratico, illustrando come un contenzioso tributario tra un Ente Locale e un’associazione si sia concluso proprio attraverso questo istituto.

I Fatti del Caso: Dalla TARI alla Cassazione

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento per la Tassa sui Rifiuti (TARI) emesso da un Comune nei confronti di un’associazione locale per l’anno 2019, per un importo di oltre 55.000 euro. L’associazione aveva impugnato l’atto e la Commissione tributaria regionale competente le aveva dato ragione, accogliendo il suo appello.

Non soddisfatto della decisione, l’Ente Locale ha proposto ricorso per cassazione, portando la disputa di fronte alla Suprema Corte. L’associazione si è difesa presentando un controricorso. Il procedimento sembrava destinato a concludersi con una sentenza di merito, ma gli eventi hanno preso una piega diversa.

La Soluzione Stragiudiziale: L’Accordo e la Rinuncia al Ricorso

Prima che la Corte si pronunciasse, le parti hanno trovato una soluzione extragiudiziale. Hanno raggiunto un “accordo transattivo” per risolvere la controversia in modo definitivo. Conseguentemente a tale accordo, hanno depositato un atto congiunto di rinuncia al ricorso e al controricorso, chiedendo alla Corte di dichiarare l’estinzione del giudizio e la compensazione integrale delle spese di lite.

Questo passaggio è fondamentale: la volontà concorde delle parti di porre fine alla procedura ha spostato l’attenzione della Corte dalla questione di merito (la legittimità dell’avviso TARI) alla questione processuale (gli effetti della rinuncia).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, preso atto della volontà delle parti, ha applicato le norme del codice di procedura civile che disciplinano la rinuncia. Ha dichiarato il giudizio estinto e ha accolto la richiesta di compensare le spese legali, lasciando che ogni parte sostenesse i propri costi.

Un punto di particolare interesse riguarda il cosiddetto “doppio contributo unificato”, una sanzione pecuniaria prevista quando un ricorso viene respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile. La Corte ha specificato che tale sanzione non si applica nei casi di estinzione per rinuncia, data la sua natura eccezionale e sanzionatoria.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su una precisa base normativa e giurisprudenziale. In primo luogo, l’articolo 390 del codice di procedura civile stabilisce che il ricorrente può rinunciare al ricorso. Se la rinuncia è accettata dalle altre parti, il processo si estingue. In questo caso, essendo la rinuncia congiunta, l’accettazione era implicita.

In secondo luogo, l’articolo 391 del medesimo codice prevede che, in caso di rinuncia, la Corte dichiari l’estinzione del processo. La decisione sulla compensazione delle spese è stata presa in considerazione dell’accordo amichevole raggiunto, che prevedeva esplicitamente tale soluzione.

Infine, la Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato riguardo all’inapplicabilità del raddoppio del contributo unificato (art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002). La giurisprudenza citata conferma che questa misura, avendo carattere sanzionatorio, non può essere estesa per analogia a casi non espressamente previsti dalla legge, come appunto l’estinzione per rinuncia.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. Dimostra che la via della transazione è percorribile ed efficace anche nelle fasi più avanzate del contenzioso, inclusa quella di legittimità. La rinuncia al ricorso formalizza l’accordo, chiudendo definitivamente il processo e garantendo certezza alle parti. La decisione di compensare le spese, quando concordata, permette inoltre di evitare ulteriori esborsi economici. Infine, la chiara esclusione del raddoppio del contributo unificato in caso di rinuncia incentiva le soluzioni concordate, poiché rimuove il timore di una sanzione economica aggiuntiva, favorendo così una gestione più efficiente e deflattiva del contenzioso.

Cosa succede se le parti si accordano dopo aver presentato ricorso in Cassazione?
Se le parti raggiungono un accordo, possono depositare un atto di rinuncia congiunta al ricorso e al controricorso. In tal caso, la Corte di Cassazione dichiara estinto il processo, ponendo fine alla controversia senza una decisione nel merito.

In caso di rinuncia al ricorso, chi paga le spese legali?
Se la rinuncia è frutto di un accordo tra le parti, queste possono chiedere congiuntamente alla Corte di compensare le spese di giudizio. Ciò significa che ogni parte si fa carico dei costi del proprio avvocato, come avvenuto nel caso di specie.

Si deve pagare il ‘doppio contributo unificato’ in caso di estinzione del giudizio per rinuncia?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il raddoppio del contributo unificato, una misura di natura sanzionatoria, si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, e non quando il processo si estingue per rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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