Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34586 Anno 2019
Civile Sent. Sez. 5 Num. 34586 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2019
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17283/2015 R.G. proposto da Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (C.F. P_IVA), in persona dei direttore pro tempore, Agenzia delle Entrate (C.F. 80224030587), in persona del direttore pro tempore, entrambe rappresentate e difese dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliate presso i suoi uffici, in Roma INDIRIZZO
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALEC.F. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, entrambe rappresentate e difese dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliate presso lo studio dei primi due, in Padova INDIRIZZO
avverso
la sentenza n. 117/2015 della Corte d’appello di Salerno, depositata il giorno 3 marzo 2015.
Sentita la relazione svolta all’udienza del 17 ottobre 2019 dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Udito l’avv. NOME COGNOME per le ricorrenti.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a seguito della sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva dichiarato l’incompetenza del Tribunale di Roma, riassunsero nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dall’Agenzia delle Entrate innanzi al Tribunale di Salerno, la domanda di ripetizione delle somme indebitamente versate al Ministero delle Finanze, quale imposta di consumo sulle banane fresche importate dall’estero, attraverso gli uffici doganali di Salerno tra il 1987 e il 1990.
Ottenuta in primo grado condanna di entrambe le convenute alla restituzione dell’indebito, con gli interessi dalla domanda, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avanzarono appello principale in relazione al tempo da cui dovevano decorrere gli interessi, mentre l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e l’Agenzia delle Entrate formularono appello incidentale; la corte d’appello di Salerno, con sentenza depositata il 3 marzo 2015, accolse l’appello principale, relativamente agli interessi dovuti, respingendo integralmente quello incidentale.
Avverso la detta sentenza, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso per cassazione affidato a undici motivi, cui resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo deducono l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e l’Agenzia delle Entrate la violazione dell’art. 2909 c.c. degli artt. 156 e 324 c.p.c., poiché il giudice di merito non ha rileva che si era formato il giudicato tra le parti in relazione alla domanda rimborso dei tributi doganali versati presso gli uffici doganali Salerno.
2. Con il secondo motivo si dolgono della violazione dell’art. 1 della legge 9 ottobre 1964 n. 986 e dell’art. 63, commi 2 e 3, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, poiché la Corte d’appello di Salerno ha erroneamente escluso che l’Agenzia delle Entrate fosse priva di legittimazione passiva sulla domanda di rimborso dell’imposta di consumo prevista per l’importazione delle banane.
3. Con il terzo motivo lamentano la violazione degli artt. 1731 e 2033 c.c., atteso che la corte d’appello ha ritenuto la legittimazion attiva della RAGIONE_SOCIALE ad avanzare la domanda di rimborso, nonostante l’imposta fosse stata versata soltanto dalla RAGIONE_SOCIALE
4. Con il quarto motivo eccepiscono la violazione dell’art. 29 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, considerato che non avendo comunicato la contribuente la domanda di rimborso all’Agenzia delle Entrate, la stessa era decaduta dal diritto ad ottenere il dett rimborso.
5. Con il quinto motivo rilevano la violazione dell’art. 132 c.p.c. difettando qualsivoglia motivazione sulle ragioni che inducevano a ritenere che RAGIONE_SOCIALE abbia trasferito tutti gli oneri fiscali sost in capo ai consumatori finali.
6. Con il sesto motivo contestano la violazione dell’art. 29 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 210 c.p.c., avendo il giudice di merito ritenuto che fosse stata
provata la traslazione dell’imposta nonostante l’onere della prova incombente sulle attrici non fosse stato assolto.
7. Con il settimo motivo lamentano la violazione dell’art. 1 della legge 9 ottobre 1964, n. 986, nonché della sentenza della Corte di Giustizia UE C-102/10, considerato che il giudice europeo ha ritenuto legittima l’imposta sull’importazione delle banane, soltanto a condizione che l’aumento del tributo non fosse stato superiore al tasso di inflazione; dunque, occorreva tenere conto dell’inflazione maturata a partire dall’ultimo aumento prima dell’entrata in vigore del blocco dell’aumento dell’imposta.
8. Con l’ottavo motivo deducono violazione dell’art. 29 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 e dell’art. 2697 c.c., poiché il giudice d merito ha ritenuto sufficiente la prova dell’importazione della merce per ottenere il rimborso dell’imposta versata, nonostante la presenza di ulteriori requisiti previsti alla luce della sentenza della Cort Giustizia UE C-102/09.
9. Con il nono motivo assumono la violazione dell’art. 342 c.p.c., poiché la richiesta di interessi al tasso superiore a quello legal formulata dalle contribuenti per la prima volta con la comparsa conclusionale nel giudizio di primo grado, risultava inammissibile in quanto nuova.
10. Con il decimo motivo denunciano la violazione dell’art. 2948 c.c., essendo decorsa la prescrizione quinquennale sui ratei degli interessi precedenti alla proposizione della relativa domanda, risalente alla comparsa conclusionale in primo grado.
11. Con l’undicesimo motivo rilevano la violazione dell’art. 2033 c.c., poiché gli interessi dovuti, se chi li riceve è in buona fe decorrono sempre dalla domanda e non, come ritenuto dal giudice di merito, dalla data del pagamento effettuato.
12. Preliminarmente, va rilevato che con atto depositato in cancelleria prima dell’udienza pubblica, entrambe le odierni ricorrenti
hanno dichiarato di rinunciare al ricorso; siffatta rinuncia, tuttav non risulta né notificata alle controricorrenti, né sottoposto al vi dei rispettivi difensori, i quali, peraltro, neppure sono compar all’udienza pubblica.
12.1. Orbene, com’è noto, la rinuncia al ricorso per cassazione, quale atto unilaterale recettizio, è inidonea a determinare l’estinzion del giudizio se non notificata alle controparti costituite o comunicat ai loro difensori con apposizione del visto; essa vale comunque a far venire meno l’interesse alla decisione, determinando l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso (Cass. 22/05/2019, n. 13923; Cass. 21/06/2016, n. 12743).
12.2. Non v’è luogo, invece, per pronunciare la cessazione della materia del contendere, come pure invocato dalle ricorrenti nel medesimo atto di rinuncia, perché detta statuizione presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano al giudice conformi conclusioni in tal senso (Cass. 09/06/2016, n. 11813); circostanza questa che, pacificamente, non si è verificata nel caso che ci occupa.
13. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Essendo la ricorrente una amministrazione dello Stato esonerata dal versamento del contributo unificato, va escluso per la predetta l’obbligo di versare l’ulteri importo pari a quello dovuto per il ricorso principale, ai sensi dell’a 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 17789).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagam delle spese processuali sostenute dalle controricorrenti, liqui complessivi euro 22.000,00, oltre spese generali al 15% ed acces di legge.
Così deciso in Roma, il giorno 17 ottobre 2019.