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Rinuncia al ricorso e spese: la decisione della Corte

Una società ha presentato una rinuncia al ricorso per cassazione in una controversia tributaria. La controparte non ha accettato la rinuncia, chiedendo il rimborso delle spese legali. La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio, ma ha condannato la società rinunciante al pagamento delle spese. La Corte ha chiarito che, sebbene la rinuncia al ricorso sia efficace anche senza accettazione, la norma che esclude la condanna alle spese si applica solo in caso di accettazione della controparte.

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Rinuncia al Ricorso e Spese Legali: Chi Paga se la Controparte non Accetta?

La rinuncia al ricorso per Cassazione è un atto che può chiudere un contenzioso, ma quali sono le sue implicazioni economiche, specialmente per quanto riguarda le spese legali? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: se la controparte non accetta la rinuncia, il rinunciante è tenuto a pagare le spese del giudizio. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una controversia tributaria. Una società S.r.l. aveva impugnato un avviso di accertamento per omesso versamento della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), emesso da una società concessionaria per conto di un Comune del Sud Italia.

Dopo una serie di sentenze nei gradi di merito, la questione era giunta dinanzi alla Corte di Cassazione. Tuttavia, nel corso di questo nuovo giudizio, la società che aveva originariamente avviato la causa ha deciso di fare un passo indietro, depositando un atto di rinuncia al ricorso.

Le società controparti, però, non hanno accettato formalmente tale rinuncia. Al contrario, tramite il loro difensore, hanno chiesto che la società rinunciante fosse condannata a rimborsare le spese legali sostenute, con distrazione in favore del legale che si era dichiarato antistatario.

La Rinuncia al Ricorso e la Condanna alle Spese

Il punto centrale della questione era stabilire se, a fronte di una rinuncia al ricorso, il rinunciante dovesse comunque farsi carico delle spese legali, nonostante la controparte non avesse formalmente accettato la rinuncia.

La Corte di Cassazione ha risposto affermativamente. Ha dichiarato estinto il giudizio, come naturale conseguenza della rinuncia, ma ha contestualmente condannato la società ricorrente al pagamento delle spese di legittimità. La decisione si fonda su un’interpretazione consolidata delle norme processuali che governano questa specifica fase del giudizio.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la rinuncia al ricorso per Cassazione produce i suoi effetti processuali (l’estinzione del giudizio) anche senza l’accettazione delle altre parti. In altre parole, non è un “atto accettizio”. Questo lo distingue dalla rinuncia agli atti del giudizio prevista dall’art. 306 del codice di procedura civile, che per essere efficace richiede l’accettazione delle parti costituite che potrebbero avere interesse alla prosecuzione.

Tuttavia, la conseguenza più rilevante riguarda le spese. La Corte ha sottolineato che la norma che esclude la condanna alle spese in danno del rinunciante (art. 391, comma quarto, c.p.c.) si applica solo quando la rinuncia è seguita dall’accettazione della controparte. In assenza di tale accettazione, la regola generale torna ad applicarsi: la parte che rinuncia deve essere considerata soccombente dal punto di vista processuale e, pertanto, deve essere condannata al pagamento delle spese.

Il Collegio ha quindi liquidato le spese in favore del difensore delle società controricorrenti, come da richiesta, confermando che il mancato accordo sulla rinuncia lascia intatto il diritto della controparte a vedere ristorate le spese sostenute per difendersi in giudizio.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda porre fine a un giudizio in Cassazione: la rinuncia al ricorso è sempre una via percorribile per estinguere il processo, ma non è una garanzia di non dover pagare le spese legali. Se non si ottiene l’accettazione esplicita della controparte, il rischio di una condanna alle spese rimane concreto. Per le parti e i loro legali, è quindi fondamentale valutare attentamente questa eventualità e, se possibile, cercare un accordo con la controparte che includa anche la gestione delle spese processuali, al fine di evitare sorprese al momento della decisione finale della Corte.

La rinuncia al ricorso per cassazione è efficace anche se la controparte non la accetta?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che, a differenza di quanto previsto per i giudizi di merito, la rinuncia al ricorso per cassazione produce l’effetto di estinguere il processo anche in assenza di accettazione, poiché non è considerata un “atto accettizio”.

In caso di rinuncia al ricorso non accettata, chi paga le spese legali?
La parte che effettua la rinuncia al ricorso deve pagare le spese legali del giudizio se la controparte non ha accettato la rinuncia. La norma che esclude la condanna alle spese si applica solo nel caso in cui vi sia stata l’accettazione.

Viene applicata la sanzione del ‘doppio contributo unificato’ in caso di rinuncia al ricorso?
No, la Corte ha specificato che le condizioni per l’applicazione del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (previsto dall’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 115/2002) non sussistono in caso di estinzione del giudizio per rinuncia. Tale misura si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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