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Rinuncia al ricorso: chi paga le spese processuali?

In un caso di contenzioso tributario, l’Amministrazione Finanziaria ha presentato una rinuncia al ricorso in Cassazione. La Corte Suprema ha dichiarato l’estinzione del giudizio e, in assenza di accettazione della rinuncia da parte della società contribuente, ha condannato l’ente ricorrente al pagamento delle spese legali, applicando il principio di causalità.

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Rinuncia al ricorso: la Cassazione chiarisce la sorte delle spese processuali

La rinuncia al ricorso per Cassazione è un atto che determina l’estinzione del giudizio, ma quali sono le conseguenze sulle spese legali? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: chi rinuncia al ricorso è tenuto a pagare le spese della controparte, a meno che quest’ultima non accetti la rinuncia. Questo principio, basato sulla causalità, mira a tutelare la parte che ha dovuto sostenere costi per difendersi in un giudizio poi abbandonato.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da un contenzioso tributario. Una società aveva richiesto all’Amministrazione Finanziaria la disapplicazione della normativa sulle società non operative per un determinato anno d’imposta. L’Agenzia aveva respinto l’istanza e la società aveva impugnato con successo il provvedimento di diniego prima davanti alla Commissione Tributaria Provinciale e poi davanti alla Commissione Tributaria Regionale.

L’Amministrazione Finanziaria, non soddisfatta dell’esito, ha proposto ricorso per Cassazione. Tuttavia, durante il procedimento, la stessa Amministrazione ha deciso di fare un passo indietro, depositando un atto di rinuncia al ricorso.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema, preso atto della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Il punto cruciale della decisione, però, non è stato l’estinzione in sé, ma la regolamentazione delle spese processuali. L’atto di rinuncia non era stato notificato né accettato dalla società controricorrente. In assenza di accettazione, anche implicita, la Corte ha applicato il cosiddetto ‘principio di causalità’.

Di conseguenza, l’Amministrazione Finanziaria, in qualità di parte che ha rinunciato all’impugnazione, è stata condannata a rimborsare alla società le spese legali sostenute per difendersi nel giudizio di Cassazione. Inoltre, la Corte ha chiarito che in caso di rinuncia non si applica la norma che prevede il raddoppio del contributo unificato.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che, ai sensi del Codice di Procedura Civile, la rinuncia al ricorso è un atto recettizio che non necessita dell’accettazione della controparte per produrre l’effetto estintivo del giudizio. Tuttavia, gli adempimenti previsti dalla legge, come la notifica e l’accettazione, sono finalizzati a un obiettivo diverso: evitare la condanna alle spese.

Se la parte che subisce la rinuncia accetta, personalmente o tramite avvocato con mandato speciale, il giudice non si pronuncia sulle spese. Ma se, come nel caso di specie, l’accettazione manca, la sentenza che dichiara l’estinzione deve regolare le spese processuali. In questo scenario, interviene il principio di causalità: le spese gravano sulla parte che ha dato causa al processo e che, rinunciando, ha di fatto riconosciuto l’infondatezza o l’inopportunità della propria azione legale. Il rinunciante deve quindi rimborsare i costi sostenuti dalla controparte per difendersi.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito pratico: la decisione di rinunciare a un ricorso deve essere gestita con attenzione. Per evitare di essere condannati al pagamento delle spese legali, non è sufficiente depositare l’atto di rinuncia, ma è cruciale ottenere l’accettazione della controparte. In mancanza di un accordo esplicito, la parte che rinuncia si espone quasi certamente alla condanna al rimborso delle spese processuali, in applicazione del principio per cui chi ‘crea’ i costi di un giudizio poi abbandonato deve farsene carico.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso non accettata?
In assenza di accettazione da parte della controparte, le spese legali sono a carico della parte che ha presentato la rinuncia, in base al principio di causalità.

L’accettazione della controparte è necessaria per estinguere il giudizio dopo una rinuncia?
No, la rinuncia è un atto che di per sé produce l’estinzione del giudizio. L’accettazione è invece rilevante per evitare la condanna al pagamento delle spese processuali.

Si applica il raddoppio del contributo unificato se si rinuncia al ricorso?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la norma sul raddoppio del contributo unificato non trova applicazione nei casi di estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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